“Wonder”: non puoi nasconderti se sei nato per emergere

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Di Redazione Metropolitan

La quarantena non è ancora terminata e il miglior antidoto per superare questi giorni chiusi in casa è senza dubbio sedersi sul divano e vedere un bel film e, a proposito di bei film, non posso che consigliarvi “Wonder”, la pellicola del 2017 diretta da Stephen Chbosky. La storia, tratta dal romanzo di Raquel Jaramillo, ha come protagonista Auggie, un bambino a cui è stata diagnosticata la rara sindrome di Treacher Collins. Un cast d’eccezione, composto da attori straordinari come Julia Roberts e Owen Wilson, dà vita a una pellicola emozionante e profondamente suggestiva. 

Auggie, protagonista del film "Wonder", foto dal web
Wonder, foto dal web

Wonder, la trama

Auggie è un bambino di dieci anni con una rara malattia genetica, la sindrome di Treacher Collins. Il suo viso è infatti deforme e i 27 interventi chirurgici a cui è stato sottoposto hanno solo peggiorato la sua malformazione. Così, il bimbo passa le sue giornate chiuso in casa o indossando un casco che gli è stato regalato da Miranda, la migliore amica della sorella Olivia. Ora, però, è tempo per il piccolo Auggie di affrontare una nuova sfida: la prima media. Intimorito dal giudizio dei suoi coetanei, il bambino affronta il suo primo giorno di scuola tra le prese in giro del bullo Julian e la scoperta di un nuovo amico, Jack

La sorella di Auggie è Olivia, una giovane adolescente che cerca costantemente le attenzioni di una famiglia impegnata a prendersi cura del piccolo. A scuola Olivia si imbatte casualmente in Justin, un ragazzo curioso ed energico che sembra conoscerla fin dal primo momento. Questo nuovo incontro non basta però ad allietare il cuore di Olivia,  perennemente in cerca di risposte all’atteggiamento indifferente della sua ex migliore amica Miranda

Wonder, foto dal web

Wonder e quel raro 30%

Siamo abituati a film e serie televisive che mostrano allo spettatore una sola faccia della medaglia, solitamente quella negativa e drammatica. La diversità viene sempre presentata come un difetto continuamente soggetto a pregiudizi e finti stereotipi, che non fanno altro che alimentare quel disprezzo nei confronti di chi è innocente. Questa visione non è totalmente sbagliata, anzi. Nel 70% dei casi il cattivo prevale realmente sul buono, le famiglie non fanno altro che litigare e i giovani vivono ogni giorno battaglie continue contro loro stessi completamente da soli. Tutto questo è vero, ma non è sempre così. Quel 30% restante racchiude infatti genitori che si amano, buoni che vincono sui cattivi, ragazzi che seppur pieni di contraddizioni interiori, possono contare sul sostegno di chi li ama. 

il film parte da una struttura tradizionalista, trattando tematiche come il bullismo scolastico, la tristezza di un’adolescente che non si sente adeguata al contesto in cui vive e il dramma interiore che nasce dalla consapevolezza di essere diversi, ma poi la stravolge, mostrando quanto di positivo possa emergere da una situazione di per sé negativa. Ogni tematica affrontata dal regista viene trattata con spessore, profondità e assoluta cautela. Quando mai il bullo vince sull’innocente? Quando mai una famiglia, nonostante sia costantemente sottoposta a stress, non litiga mai? Wonder dà voce a quel 30%, dà voce a chi fa dell’unione la sua forza. 

Auggie, protagonista del film "Wonder", foto dal web
Auggie, foto dal web

Ognuno di noi possiede delle caratteristiche che lo distinguono dagli altri. All’inizio queste differenze ci creano problemi, divenendo motivo di sofferenza. A un certo punto, però, impariamo ad accettarle, capendo che sono proprio queste a renderci unici. Auggie ha solo 10 anni e passa le giornate nascondendo il suo volto dietro a un semplice casco, che nel suo caso diventa un luogo rifugio dal mondo esterno. Nel corso della storia, il piccolo capisce però che accettare se stesso sarebbe stato l’unico modo per farsi accettare dagli altri. 

La storia di Olivia

Wonder non pone l’accento solo sulla storia di Auggie, ma in contemporanea mostra debolezze e stati d’animo di nuovi personaggi, tutti accumunati però da un’unica costante: la richiesta implicita di accettazione da parte della famiglia e dei propri coetanei. Tra questi, un personaggio in particolare merita un’analisi più approfondita. 

Olivia, la sorella di Auggie, è una classica adolescente che tenta ogni giorno di definire se stessa. Il suo percorso non è facile, soprattutto perché le intere attenzioni dei genitori sono rivolte unicamente a Auggie. Come tutti gli adolescenti, si sente quindi sola e non compresa. L’unica figura a cui è legata è la nonna, che però è da poco venuta a mancare. La ragazza vuole molto bene al piccolo Auggie, ma ogni tanto sembra vergognarsi di lui. Quando conosce Justin, l’istinto la porta a mentire, dicendo di essere figlia unica. Il mettersi costantemente da parte per il bene altrui non è mai semplice. Ogni tanto i momenti di debolezza diventano magoni che non riusciamo più a mandare giù.

Olivia vive questa condizione con profonda tristezza, trovando nella recitazione l’unica valvola di sfogo per ogni sua sofferenza. Profondamente significativo è infatti il monologo che è chiamata a interpretare nello spettacolo di fine anno, durante il quale la madre capirà finalmente il disagio interiore della figlia. Da quel momento il percorso sarà tutto in salita. 

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