Intervista alla scrittrice Yolaine Destremau: l’autrice ha recentemente pubblicato La malaintesa, edito Barta Edizioni, un libro che descrive chiaramente le problematiche legate alla violenza di genere e come quest’ultima possa avanzare in modo subdolo e insidioso.
Intervista a Yolaine Destremau: la scrittura e i libri, fedeli compagni fin dall’infanzia
M.M.: Dalla pittura alla scrittura: com’è sorta la sua esigenza di dedicarsi interamente ai libri a tempo pieno?
Yolaine Destremau: Ho sempre voluto scrivere. I libri hanno accompagnato la mia infanzia. Leggevo sempre. Ma avevo paura di scrivere, non osavo buttarmi. Allora ho scelto questo compromesso, esprimermi con la carta e la matita. Il disegno e la scrittura sono molto simili. Verso i 30 anni, ho fatto il salto, ho terminato un manoscritto e l’ho fatto vedere a un editore, che l’ha pubblicato. Sono stata felice, ho provato una sensazione di completezza che non avevo conosciuto con il disegno: avevo trovato la mia strada, con le parole. Non c’era dubbio. Non ho più disegnato.
M.M.: Nel suo nuovo libro, ‘‘La malaintesa’’edito Barta , l’identità della donna manipolata è emblematica: Cécilia è una brillante professionista che nella sfera privata appare, tuttavia, fragile e sottomessa. Nel pensiero comune esiste ancora la falsa dicotomia per la quale una donna soddisfatta non può subire violenza e manipolazione senza riconoscerla?
Yolaine Destremau: La violenza esiste in tutti gli strati della società. Nelle famiglie borghesi – diciamo nelle più privilegiate – il segreto è ancora più diffuso, perché l’immagine sociale viene prima di ogni cosa. Nascondono il problema. O non lo accettano. O rifiutano di vederlo. Una persona come Cécilia, che è sempre stata protetta, senza problemi, non è armata per riconoscere la violenza.
L’importanza di ascoltare sé stessi e la figura di Abel
M.M.: In una relazione di coppia in cui la manipolazione è una costante, cosa spinge una donna a resistere nonostante la sofferenza? È possibile che, insito e sottostante a questo atteggiamento, ci sia un retaggio storico e culturale che relega la donna a eterno soggetto preposto al sacrificio e al silenzio?
Yolaine Destremau: Cécilia resiste, nonostante la sofferenza, perché vive con l’esempio dei genitori, la coppia perfetta, e non può capire che la vita non è sempre così facile. Il libro si chiama “La malaintesa” perché Cécilia non ascolta se stessa, anche se è molto intelligente. Ma non è una questione di intelligenza, ma di discernimento. E poi c’è sicuramente un retaggio storico e culturale. La società ha fatto progressi nell’ambito della liberazione delle donne, ma la nostra storia di sacrificio e silenzio è così lunga e arcaica, che non so se si risolverà mai…
M.M.: La figura di Abel incarna perfettamente quella del manipolatore: svilisce Cécilia insinuandosi in modo subdolo nella sua intima essenza. Qual è la genesi di questo personaggio?
Yolaine Destremau: Abel è stato probabilmente maltrattato, anche lui, durante la sua infanzia, per conoscere così bene il meccanismo della manipolazione. È vero che non parlo molto di Abel nel libro, perché volevo concentrarmi sul punto di vista di Cécilia. Di fatto, non volevo approfondire la genesi della sua indole per non dare l’impressione di giustificare le sue attitudini. Non sono una specialista, ma penso che la manipolazione si manifesti in diversi modi. Dopo la fase di seduzione Abel comincia il suo lavoro di distruzione con delle critiche a Cécilia, che non sembrano cattive all’inizio, ma si ripetono ancora e ancora, per annullare la persona di fronte.Ho visto che esistono trattamenti terapeutici per uomini che hanno tendenze violente, ma gli uomini sono spesso difficili da convincere, andare al terapeuta è ancora considerato come una debolezza. La donna maltrattata oggi, paradossalmente, deve ancora giustificarsi per le violenze che subisce quasi come se fossero una colpa.
Intervista a Yolaine Destremau: essenzialità di educazione e divulgazione sul tema dei femminicidi
M.M.: Quanto conta l’educazione e la divulgazione affinché possa arginarsi questa falsa credenza che colpevolizza, invece di aiutare, le donne?
Yolaine Destremau: L’educazione e la divulgazione sono senz’altro essenziali. In Spagna, dove c’era un picco di femminicidi (di fatto la cifra più alta d’Europa), il governo ha dedicato un «budget» molto importante all’educazione della polizia, dei servizi sociali, del personale medico, ecc. Il risultato è stato eccezionale, e in Spagna ora i casi di violenza e i femminicidi si sono dimezzati. È un esempio molto positivo.Poi c’è l’educazione a casa, nel nucleo familiare, dove il rispetto dovrebbe essere primordiale.
E la parola, le testimonianze, sono molto importanti. L’empatia, sapere ascoltare, anticipare, non giudicare mai, sono delle disposizioni da ricordare sempre.Scrivere questo libro è il mio modo di militare. Ho ricevuto molto lettere da donne che mi ringraziano di parlare di questo, che per loro è sempre stato impossibile. Hanno trovato una consolazione e un incoraggiamento nelle mie parole. Si sentono meno sole. E piano piano spero che il senso di colpa sparirà…
Influenze letterarie e progetti futuri
M.M.:Ci sono autori che hanno influenzato, nel tempo, il suo modo di scrivere?
Yolaine Destremau: Tutte le opere di Virginia Woolf e Colette, Carson Mac Cullers, James Salter, René Char, i primi libri di Duras…
M.M.: Curiosità: qual è una scrittrice femminista con cui prenderebbe un caffè se fosse ancora in vita?
Yolaine Destremau: Emily Dickinson, questa poetessa americana, che viveva una vita molto solitaria. Ha scritto più di 1.800 poesie ma solo 12 sono state pubblicate quando era viva, modificate dall’editore perché non erano conformi alla tradizione.
«I know nothing in the world that has as much power as a word. Sometimes I write one, and I look at it, until it begins to shine. » (« Niento conosco al mondo più potente delle parole. A volte ne scrivo una, e la osservo, e allora comincia a risplendere. »)
M.M.: Progetti letterari futuri: può accennarci se c’è già un nuovo romanzo a cui sta lavorando?
Yolaine Destremau: Sto lavorando a un altro romanzo: l’azione si svolge in Italia, con un tema più leggero. «La malaintesa» è stato un parto difficile, un viaggio nel cuore della parte più brutta dell’umanità. Ho portato questo romanzo dentro di me per anni, prima di cominciarlo. Sono felice di averlo finito, ora ha la sua vita, e io posso camminare libera nelle colline lucchesi, alla ricerca di nuove emozioni…
Stella Grillo
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