Cultura

Yorick [reloaded] | Un Amleto dal sottosuolo

Un monologo dalle tinte horror “scavato” dal sottosuolo.

Uno scenario in cui Henry Spencer sarebbe a proprio agio, contaminato da ossequiosi colpi sonori degni di John Kramer, silenzi e oscurità degnamente calibrate per evocare trame anormali in cui si destreggerebbe un eccentrico Jack Torrance ma non è di Eraserhead che stiamo parlando, né di Saw – L’enigmista e tantomeno della brillante follia del protagonista di Shining; assistiamo a Yorick – un Amleto dal sottosuolo della compagnia Leviedelfool il cui protagonista (Simone Perinelli) si sotterra sotto alla reggia di Elsinor (metafora del Mondo) dissotterrando tutte assieme le dinamiche shakespeariane miscelate all’esaltazione della bella libertà della follia che quando fuoriesce sprizza verità e spontaneità da tutti i pori.

Yorick - foto di Manuela Giusto
Yorick – foto di Manuela Giusto

Il gioco (teatrale) è chiaro: un fool (Yorick) evoca nel calderone profondo di un sottosuolo cimiteriale gli spasmi della follia umana. Il contorno è la trama di Amleto messa a soqquadro dal rimbalzare continuo da spigolo a spigolo di un palcoscenico ricoperto di terriccio crepitante e campanacci sospesi che richiamano l’attenzione quando la situazione sfugge di mano o la verità è troppo forte. Poesia che si alterna al dark side of the Earth.

Yorick - foto di Manuela Giusto
Yorick – foto di Manuela Giusto

L’attore si trasforma minuto dopo minuto e scricchiola, in disequilibrio perenne, nelle continue avanzate verso i microfoni sospesi o attaccati al suolo che amplificano il coraggio di una confessione senza freni. Flussi di in-coscienza si snodano quadro dopo quadro, come se si fosse dentro un videogame di zombi ma senza gli zombi. Fluttuano le parole, slegate, i monologhi spremono l’Amleto in un riassunto sonoro ritmato con musiche punk rock che distruggono l’udito e accentuano il pathos durante le morti che si susseguono nella tragedia del Bardo e non solo.

La morte di Ofelia su tutte: oppure di un gallo oppure Polonio oppure una vita costretta a privarsi della libertà oppure Gertrude oppure il linguaggio, ovvero Amleto.

Yorick - foto Manuela Giusto
Yorick – foto Manuela Giusto

Ma il morto che parla è Yorick, confuso, astratto, disegnato bene in uno scenario di fondali cangianti e carrucole che scendono dalla graticcia e svelano ulteriori trame da quel sottoterra pieno di caos. Il guazzabuglio della mente riflette bene le decisioni registiche (sempre di Simone Perinelli) in un continuo girovagare sulla scena senza un ordine riconoscibile: come il pensiero (ma forse è azzardato) o come le idee.

Meno efficace la scelta di interrompere (o concludere) i quadri del monologo con alcuni (lunghissimi) bui sulla scena durante i quali si sentono i passi dell’attore mentre sistema gli oggetti scenici per il quadro successivo: interruzioni non necessarie. La lentezza dei cambi scena, per fortuna, si alterna alla rapidità di alcune funamboliche dimostrazioni di manualità clownesca o allegoriche salite verso la linea del suolo per sfiorare una vita o restarci attaccato con una cornetta apparsa dal nulla.

Simone Perinelli - dal sito ufficiale di Yorick
Simone Perinelli – dal sito ufficiale

Belli alcuni effetti di contesto che restituiscono lievi emozioni interiori: per esempio la polvere che scende illuminata da un riflettore e si adagia al suolo come una nevicata di morte.

Perinelli è bravo, è vero, per nulla affaticato seppur lo sforzo attoriale sia notevole. È credibile quando adopera una malata gentilezza per rivelare il vacuum gap della alienazione, è grottesco quando danza come un tarantolato attorno ad un gallo sgozzato, istrionico quando prova a recitare l’Eterno riposo ad una Ofelia che strilla ripetutamente (evocando Marion Crane in Psyco). Applausi. La risata dalla platea emerge, timida.

Yorick - foto Manuela Giusto
Yorick – foto Manuela Giusto

Le vostre parole da qui sotto le ho già sentite un milione di volte” dice Yorick, parlando a sé stesso, parlando a quelli che lo calpestano, parlando al fuori, parlando alla propria stessa mente affossata nella solitudine. Già, perché è quello che rimbomba più dei fortissimi colpi che provengono dalla casse audio: si è da soli nella morte, si è da soli nella follia, si è da soli nella vasca da bagno. E i solitari osservano, ascoltano, ripercorrono. Oppure sputano fuori tutto, come Yorick. Ma a chi? Ad un riflesso? Amleto parla ad un teschio e un teschio parla allo scheletro di un’Umanità distratta? Filosofia.

Yorick - foto di Manuela Giusto
Yorick – foto di Manuela Giusto

Il celeberrimo teschio arriva nel finale, un po’ telefonato quanto atteso; la scena muta ancora una volta forma e il veliero che appare (un attimo prima aveva condotto Amleto a discernere tra essere e non essere a colpi di pagaia da dentro una vasca da bagno verso l’Inghilterra fosca e lontana) si arena sulla sabbia della morte (come la nave pirata di Willie l’Orbo dei Goonies) in attesa che arrivi qualcun altro a disotterrarla o a disotterrare soltanto un teschio decrepito a cui parlare, da soli appunto, senza avere risposte. Il teschio è lo specchio in cui riflettere la paura, come si aveva paura del Jolly Roger, la bandiera dei pirati con teschio e tibie incrociate, da cui si poteva scappare o decidere di rimanere per cominciare una battaglia in mare. O la battaglia interiore, come decide di fare Amleto. Yorick è un pirata da cui non riusciamo a sfuggire, noi seduti in platea.

Isabella Rotolo e Simone Perinelli - Leviedelfool - dal sito ufficiale
Isabella Rotolo e Simone Perinelli – Leviedelfool – dal sito ufficiale

Il lavoro de Leviedeifool è davvero encomiabile, uno spettacolo pieno di visioni e idee, pieno di libertà e azione, pregno di rispetto per la forma più alta di anormalità; il direttore d’orchestra della efficace regia è Simone Perinelli, coadiuvato da Isabella Rotolo. Lo spettacolo è tessuto musicalmente dalle musiche originali di Massimiliano Setti, che lo virano un po’ troppo verso l’horror (gli espedienti musicali amplificano tonfi o scattano istantanee immagini agghiaccianti). Pecca (come anticipato prima) l’impasto tra le scene che, seppur appaiono in un non-tempo e in un non-luogo, lasciano troppo al buio (una scelta che designerebbe l’oblio?) a scapito dell’attore che (di servizio, almeno così appare in platea al Quarticciolo) rumoreggia strisciando sul palco gli oggetti che prepara prima che la luce ritorni.

Yorick - dal web
Yorick – dal web

L’immagine finale, seppur di grande impatto fotografico, rischia di essere “bruciata” dall’arzigogolato meccanismo di sostituzione del fondale e di un lento sistemarsi di vele calanti. La metodologia artistica di Perinelli è vicina a quella del suo collega (e anche Maestro) Roberto Latini ma la formula con cui si mescolano gli ingredienti drammaturgici sono differenti. Salvo queste lievi imprecisioni di costruzione la sostanza c’è, la riconoscibilità poetica del gruppo anche, la forza dell’attore (fool, clown, saltimbanco) idem. Reloaded!

E quindi applausi! Sono meritati.

Yorick - dal web
Yorick – dal web

YORICK [Reloaded] – un Amleto dal sottosuolo
uno spettacolo di LEVIEDELFOOL
in collaborazione con Teatro del Carretto
drammaturgia e regia Simone Perinelli con Simone Perinelli

aiuto regia e organizzazione Isabella Rotolo | musiche originali Massimiliano Setti e al violoncello Luca Tilli | disegno luci e scene Fabio Giommarelli | tecnico del suono Marco Gorini | costumi Labàrt Design di Laura Bartelloni | foto e grafica Manuela Giusto | Si ringrazia per la collaborazione artistica Roberta Nicolai

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