Il 31 Gennaio 1865 viene finalmente abolita la schiavitù negli Stati Uniti. “La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura”. Questo è il contenuto della prima sezione del XIII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America. Nel 1865 mette al bando la schiavitù nei 36 Stati allora rappresentati dal Congresso. Vediamo insieme la storia di questa importante vittoria per i diritti umani.
La Dichiarazione d’Indipendenza e la Guerra Civile
Il 31 Gennaio è abolita la schiavitù con il XIII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America. Viene garantito il rispetto del diritto alla libertà a tutti i cittadini del Paese. Ma come si arrivò a questo importante risultato? Senza ombra di dubbio è stato il completamento di una lunga battaglia di civiltà. Il suo principale rappresentante è Abraham Lincoln, 16° presidente degli Usa dal 1861 al 1865.
La schiavitù esisteva in tutte le tredici colonie americane originarie dell’America britannica. Ispirandosi al pensiero della Dichiarazione di Indipendenza, tra il 1777 e il 1804 ogni stato del Nord decide di optare per l’abolizione della schiavitù al proprio interno. Purtroppo però nessuno stato del Sud lo fece e la popolazione di schiavi del sud continuò a crescere, raggiungendo il picco di quasi quattro milioni nel 1861. Mentre il paese continuava ad espandersi, la questione della schiavitù nei suoi nuovi territori divenne la questione nazionale dominante. Inoltre le tensioni tra Nord e Sud continuarono a salire.
31 Gennaio 1865, svolta definitiva con Lincoln presidente
Una svolta importante si ha con l’elezione nel 1860 di Abraham Lincoln alla presidenza, fervente critico della schiavitù. Gli stati del Sud si separano così dall’Unione e formano gli Stati Confederati d’America. Inizia così la guerra civile americana. Usando i poteri presidenziali di guerra, Lincoln però emana il proclama di Emancipazione il 22 settembre 1862. Questo entra in vigore il 1 gennaio 1863 e proclamava la libertà degli schiavi nei dieci stati che combattevano per separarsi dall’Unione. Quel dicembre, Lincoln usa nuovamente i suoi poteri di guerra e pubblica un Proclama di Amnistia e Ricostruzione. Offriva agli stati del sud la possibilità di rientrare pacificamente nell’Unione se avessero abolito la schiavitù. Gli stati del sud, però, non accettarono prontamente l’accordo e lo stato di schiavitù rimase incerto.
Lincoln è rieletto nel 1865. Nel 1863 emana così il suo Proclama di Emancipazione. È concessa la libertà solo agli schiavi negli Stati ribelli della Confederazione, lasciando temporaneamente fuori i territori del nord sotto il controllo dell’Unione e quelli occupati. Un primo passo verso l’abolizione completa della schiavitù. Il Congresso degli Stati Uniti si riunisce nella serata del 31 gennaio 1865. Vota a maggioranza qualificata e con uno scarto di pochi voti il XIII emendamento alla Costituzione. Ecco come la schiavitù è abolita in tutto il territorio degli Stati Uniti.
Anche gli ultimi stati cedono
Prima della ratifica la schiavitù era legale solo in Delaware, Kentucky, Missouri, Maryland e New Jersey. All’entrata in vigore del XIII emendamento si contavano su tutto il territorio statunitense circa 40.000 schiavi, tutti concentrati in Kentucky. Furono gli ultimi ad andare incontro alla libertà. Protagonista indiscusso di questa rivoluzione politica, sociale, economica e morale fu, quindi, Abraham Lincoln. È grazie a lui, considerato uno dei più importanti e popolari presidenti degli Stati Uniti, che la barbara pratica disumana della schiavitù, viene definitivamente abolita per legge.
Ilaria Festa
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