5 Ladies della musica: una playlist per abbattere il patriarcato

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Di Redazione Metropolitan

Come ogni anno, da tradizione, le nostre orecchie sono state letteralmente invase da quelle canzoni che fanno parte del patrimonio culturale natalizio. E’ difficile credere che qualcuno non le ami, eppure, per i più Grinch, solo per oggi, offriamo una micro playlist tutta al femminile.

La lotta al patriarcato non va in vacanza

Sappiamo tutti che quando arriva Natale, le radio impazziscono e vengono possedute da Mariah Carey&Co. ma per chi proprio non è fan di campanelli tintinnanti ed elfi di Babbo Natale, abbiamo trovato una valida alternativa.

Perché nonostante tutto, nonostante le frittelle di Nonna, nonostante il presepe e nonostante il pigiama brutto di ciniglia regalato da quella zia che non vediamo mai, l’obiettivo rimane sempre valido. Per prendere in prestito un titolo cinematografico, la lotta al patriarcato non va in vacanza.

Quindi, ecco il nostro regalo per voi; 5 musiciste per abbattere il patriarcato, anche a Natale.

5 musiciste per abbattere il patriarcato, anche a Natale

Impossibile negarle il vertice della nostra playlist, e quindi, ovviamente, la prima ad essere citata è l’indiscussa Regina del Soul, Aretha Franklin. Nata a Memphis nel 1942, figlia di un predicatore e di una cantante gospel, fu abbandonata dalla madre a sei anni. In seguito a questa frattura, con il resto della famiglia, si trasferì a Detroit, dove il padre divenne ministro di una comunità religiosa. Fu proprio in questo contesto che una giovane Aretha mosse i primi passi nel gospel. Raggiunse gli apici del successo nel 1967, e sebbene ebbe un periodo di declino durante gli anni ’70, a partire dagli anni ’80 conobbe la rinascita, anche e soprattutto grazie alla partecipazione al film “The Blues Brothers”. Aretha Franklin fu protagonista di numerosissimi riconoscimenti, solo per citarne alcuni: vinse ben 21 Grammy Awards, 8 dei quali nella stessa categoria, motivo per cui il premio venne soprannominato “The Aretha Award”; nel 1987, è stata la prima donna ad entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame; nel 2004, in una classifica stilata da Rolling Stones, rivista musicale, fu posta al 9° posto tra “I 100 artisti più grandi nella storia della musica“, per poi essere spostata al 5°posto, postazione più alta occupata da una donna, nel 2010. La canzone che, nel 1967, la consacrò “The Queen of Soul” fu la, ormai, famosissima “Respect“. Il brano, in realtà, era uscito due anni prima, cantato da Otis Redding, la cui versione raccontava di un uomo stanco al rientro dal lavoro che chiedeva una tregua, o meglio, rispetto per aver portato i soldi a casa, alla moglie. Franklin decise, in un’epoca del tutto misogina, di reinterpretarne il testo e ribaltarne i valori contenuti, modificando le parole e aggiungendo il coro “respect“: ciò lo rese un inno femminista, richiedente uguaglianza e diritti. Importantissimo sottolinearne il messaggio contenuto: “le voci di tutti meritano di essere ascoltate”.

Altra protagonista della nostra proposta musicale è Margherita Vicario, giovane cantautrice romana. Nonostante faccia parte di una famiglia di artisti, è, infatti, figlia del regista Francesco Vicario, ha studiato e lavorato duramente per ottenere ciò che oggi ha. Ha alle spalle diverse esperienze nel mondo della recitazione accanto a grandi nomi del cinema nazionale ed internazionale, quali, ad esempio, Woody Allen, Fausto Brizzi e Antonio Manzini. Parallelamente alla sua carriera da attrice, ha cominciato ad affermarsi come cantautrice: inizialmente, facendo da corista e percussionista nel gruppo Marcello e il mio Amico Tommaso, per poi proseguire scrivendo ed interpretando alcuni brani per le colonne sonore di serie televisive. Nel 2014, avviene il suo esordio musicale con l’EP “Esercizi Preparatori”, seguito poco tempo dopo dal primo album, “Minimal Musical”, candidato come “Miglior opera prima” al Premio Tenco. Nel 2019, si assiste alla pubblicazione di ben tre brani segnanti un nuovo percorso musicale: “Abaué (morte di un trap boy)”, “Mandela” e “Romeo”. A questo punto, Margherita Vicario ha già ottenuto la sua visibilità e il suo seguito. Ciò che la rende amata ed apprezzata, è il fatto che non abbia peli sulla lingua: Vicario non si tira mai indietro all’idea di dire la sua e prendere posizione. Lei stessa non si definisce un’attivista eppure sono molte le cause che ha difeso: nei suoi testi tratta spesso di femminismo, immigrazione ed integrazione. Nel 2021, ha pubblicato il brano “Orango Tango“, con cui ha sostenuto (anche) i diritti LGBTQ+.

Si continua con una voce nostrana. Mama Marjas, nome d’arte di Maria Germinario, è una cantante pugliese. Ha iniziato a cantare grazie al gruppo dei genitori, con cui si esibiva nei matrimoni e nelle feste di paese. Il suo primissimo esordio avviene come Mc nel sound system Kianka Town, per poi intraprendere la carriera da solista. La sua musica si colora prevalentemente di reggae, ma spesso si avverte anche l’influenza di ritmi afro e caraibici. Il suo è un talento naturale e spontaneo, ben definito da un suo stile ma, al tempo stesso, molto versatile e capace di sperimentare. Mama Marjas, da sempre, collabora con molti artisti, notoriamente schierati politicamente anche da un punto di vista artistico e musicale. Innegabilmente, lo è anche Germinario: uno degli esempi più lampanti è proprio “Bless the Ladies“. La canzone, scritta alternando inglese e dialetto tarantino, è un grido contro la violenza sulle donne.

Abbandoniamo le sonorità calde e festose del reggae per approdare in un mondo più graffiante e graffiato, quello del punk. Provenienti dal movimento delle Riot Grrrl, le Bikini Kill. Il bello di questo gruppo (ma non era l’unico a farlo) è che la sua comunicazione non avveniva solamente attraverso le canzoni, ma anche tramite pubblicazione di riviste indipendenti, tipiche di quegli anni, chiamate fanzine. La band si è formata agli inizi degli anni ’90, ad Olympia, nello stato di Washington, ed è stata una gran portavoce per il femminismo: infatti, le loro canzoni, adottando i ritmi caotici ed arrabbiati del punk, hanno potuto sostenere la lotta ai diritti, parlare di lesbismo e protestare contro la violenza maschile. Una delle canzoni più conosciute è “Tell Me So“, del 1993: si tratta di una canzone catartica contro lo sguardo insistente degli uomini. Una vera e propria presa di posizione verso quelle molestie classificate nel faldone “Catcalling“. Le Bikini Kill si sciolsero nel 1998, per tornare in attività nel 2019.

Infine, concludiamo la playlist in grande stile con una performer che, ad oggi, impersona il nuovo volto del femminismo. Sto parlando di Lizzo, protagonista delle scene hip hop e soul attuali. Il suo nome di battesimo è Melissa Viviane Jefferson, originaria di Detroit, cresciuta ad Houston e, nel 2011, trasferita a Minneapolis. La sua genesi musicale è avvenuta cantando in diversi piccoli gruppi della realtà locale, tra cui Lizzo&the Larva Ink, duo elettro-pop, e The Chalice, gruppo a formazione femminile R&B/rap, per poi avviare, finalmente, nel 2013, il suo percorso da solista, inaugurato con la nascita del suo primo album, “Lizzobangers”. Ha ricevuto visibilità a livello internazionale solamente nel 2019, grazie al suo singolo “Juice”, anticipazione dell’album “Cuz I Love You”. E’ riuscita a guadagnarsi molti riconoscimenti: ai Grammy Awards del 2020 è risultata l’artista con più nomination. Era candidata, per l’appunto, in 8 categorie, tra cui “Canzone dell’anno”, “Registrazione dell’anno”, “Album dell’anno” e “Miglior artista esordiente”, ed è risultata vincitrice in quanto “Miglior album urban contemporaneo”, “Miglior interpretazione pop solista” e “Miglior interpretazione R&B tradizionale”. Lizzo non ha mai fatto mistero di aver avuto problemi con ciò che vedeva riflettendosi nello specchio; questo è un tema spesso ricorrente nei testi delle sue canzoni come ad esempio “Fitness“. Si è sempre fatta promotrice della diversità come pregio e ricchezza e dell’amore per sé stessi: il suo corpo di ballo, le Big Grrrls, è composto unicamente da ballerine plus size, evidenziando il valore dell’inclusività e dell’individualità. Nonostante ciò, si è dissociata da tempo dal concetto di body positive, in quanto, secondo lei, non basterebbe a normalizzare tutti i corpi: l’ideologia di Lizzo a tal proposito sostiene che, il cosiddetto “corpo positivo” sarebbe ormai mainstream e dunque, commercializzato. Questa commercializzazione avrebbe portato all’appropriazione indebita del termine da parte di persone non realmente rappresentative per lo scopo, infatti, nonostante il body positive sia stato fondato da donne di colore, viene manomesso e mal adoperato dalle ragazze bianche. Per questa ragione, la cantante preferisce riconoscersi nel concetto di body normative, obiettivo ritenuto più sano. Oltre a ciò, come già anticipato, l’artista tende ad occuparsi anche di altre tematiche, tra cui, il colore della pelle e la sessualità, sempre raccontate e rappresentate nelle sue canzoni (“My Skin“, “Boys“).

La nostra playlist è terminata e con ciò, colgo l’opportunità di augurarvi buone feste e di godervi del sano relax con le artiste selezionate per voi.

Valentina Galante