65 – Fuga dalla Terra, la recensione: Adam Driver vs i dinosauri

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Di Lorenzo Mango

Quando ho letto la sinossi di 65 – Fuga dalla Terra ho subito capito a che tipo di film stavo per assistere: uno di quelli che li guardi, qualche saltino dalla sedia, ci pensi, pensi a cosa stavi pensando e non te lo ricordi più. Cosa stavo dicendo? Ah sì: 65 – Fuga dalla Terra non è necessariamente un brutto film, ma è nato vecchio, un po’ stanco e privo di “memorabilia”. Il primo che lo paragona a The Last of Us guarda…

65 – Fuga dalla Terra è un film senza contesto

Il problema non è nemmeno la voglia smodata del film di “fare tutto”. A partire dal genere: un mix di sci-fi, horror (segnatevi questa parola che ci torno), disaster e monster movie con i dinosauri, la fanta-storia e la storia-storia che si mescolano. Il presupposto narrativo di base non sarebbe neanche male, e nella mente degli spettatori più fantasiosi apre a molteplici scenari che, però, non si concretizzano mai.

Adam Driver interpreta un viaggiatore spaziale che naufraga tragicamente su un pianeta ostile: la terra, ma 65 milioni di anni fa. Tutti i suoi compagni di viaggio sono morti, tranne una bambina di 9 anni, che subito ricorda al nostro protagonista sua figlia. La missione di salvataggio ha inizio. Riusciranno i due ad attraversare l’ostile mondo giurassico e ripartire alla volta delle stelle su una scialuppa che si è salvata dallo schianto, atterrando su una montagna?

Il viaggiatore e la ragazza sono alieni umanoidi, anzi, proprio umani. Non è impossibile credere che l’evoluzione abbia creato già milioni di anni fa esseri identici a noi altrove. La scienza ha dimostrato che condizioni identiche a quelle della terra possono esistere su pianeti extraterrestri, e che la vita è “abitudinaria”. A problemi simili, risponde quasi sempre in modo simile. Quel che infastidisce, semmai, è la totale mancanza di contesto e “narrazione ambientale” o pregressa.

Com’è il pianeta di origine del protagonista? In cosa differisce dalla terra? Che animali lo abitano? Quali paesaggi lo colorano? Domande alle quali si poteva rispondere con brevi scorci paesaggistici e un po’ di furbizia registica, e che invece restano sospese. In questo modo, però, non si può mai davvero superare la barriera dell’incredulità e vedere Driver come un alieno. Non basta dirci che lo è, e poi mostrarlo intento a parlare con moglie e figlia sulla spiaggia, vestito in Jeans e cardigan. La vita è abitudinaria e ok, ma possibile che 65 milioni di anni fa e a miliardi di anni luce di distanza avessero già un Giorgio Armani preconfezionato?

La trama inizia, si sviluppa e finisce con ben poche emozioni dovute all’intreccio, anche se è evidente che gli sceneggiatori ci abbiano provato davvero un sacco. Senza riuscire, confezionando un prodotto che al massimo può essere di intrattenimento (ma in quel caso sarebbe un po’ lento per gli standard attuali). Inoltre, la mancanza di contesto avvolge pian piano tutto, compreso la terra pre-umanità. La telecamera è sempre chiusa sui personaggi, si apre davvero pochissimo ai dintorni. Quando lo fa, i paesaggi sono anonimi e persino poco “ancestrali”.

CGI e design dei Dinosauri “datati”

La responsabilità della mancata evocatività ricade sia sulle succitate scelte di inquadratura e scenografia, che su una CGI davvero poco credibile e datata. Non per far le pulci a tutto, ma sono decenni che la scienza ha rivelato che i dinosauri non erano affatto come quelli mostrati in Jurassic Park o nei libri di una volta. Qualche dettaglio più vicino alle recenti scoperte, le piume colorate che pare impreziosissero i T-Rex per esempio, avrebbe reso più autoriale il film, distinguendolo un minimo dal panorama di lungometraggi basati su “Oh no, sta arrivando il T-Rex!”.

Lo direte davvero, anche voi in sala. Come dicevo, nè la direzione artistica né la CGI stanno al passo coi tempi, e quel che è peggio è… i registi lo sapevano. Non per niente ogni apparizione dinosauresca è al buio o semibuio, sotto la pioggia, in una fittissima foresta. Il che sarebbe anche andato bene, se poi all’improvviso non si fosse sentito il desiderio di mostrare un attacco alla luce del sole, con tutti i limiti succitati alla credibilità del design e della resa dei mostroni preistorici.

Vi ricordate che avevo chiesto di segnarsi una parola? La parola era “horror”, ed è importante in primis perchè tra i produttori figura un certo Raimi. Sam, per gli amici. In secundis perchè vuoi per omaggiare il maestro, vuoi perchè era davvero quella l’intenzione dei registi Scott Beck, Bryan Woods, la maggior parte delle parti meglio riuscite del film sono semi-horror. Una tensione ben costruita accompagna questi momenti, che spaziano tra i generi dello spavento coinvolgendo a volte persino il body horror.

In effetti non dovrebbe sorprendere: sono il duo dietro la scrittura di “A Quiet Place”. Che però differisce di molto da 65 – Fuga dalla Terra in quanto i momenti con la trama drammatica e quelli spaventosi sono fusi con più efficacia e inquadrature più dinamiche.

Bravi Adam Driver e Ariana Greenblatt: belle prestazioni attoriali!

Salvano in parte la situazione le prestazioni attoriali di Driver e della “piccola” Ariana Greenblatt. In particolare quest’ultima riesce a entrare benissimo nella parte della giovane disorientata, reagendo in modo estremamente credibile a tutte le situazioni proposte. Driver in realtà ha un volto un po’ impagliato, ma diamine: sembra che si sia fatto davvero le ferite che lo affliggono nel corso del film. Dopo ogni colpo subito, infatti, la sofferenza che prova è palpabile in movimenti e comportamenti coerenti con i danni fisici. Forse, la mancata espressività del viso che ho percepito fa parte della psicologia del personaggio che interpreta. Avrebbe senso.

Va detto anche che ci sono solo loro sullo schermo per tutta la durata del film, o quasi. Reggere da soli il peso di tutto ciò che non funziona, essere sempre nella parte in modo convincente anche quando ti dicono “ok, adesso devi inorridire perché un Geyser Acido sta eruttando sotto a un T-Rex strambo” non è cosa da poco. Sono ben rappresentate anche le crescenti emozioni che li legano, mai forzate o affrettate. Si sviluppano gradualmente e con naturalezza.

Nel complesso, 65 – Fuga dalla Terra è un film che potrebbe non essere ricordato. Ciononostante, in nuce si percepisce qualche trovata interessante, una buona gestione della suspence e persino un incipit che fa venir voglia di saperne di più. Poi, dura abbastanza poco da non pentirsi di averlo scelto per la propria serata. “E’ ok” potremmo dire. Forse anche qualcosa in più, a seconda della vostra voglia di soprassedere sugli “orrori” per concentrarvi sull'”horror”.

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