Narciso, noto personaggio della mitologia greca, famoso per l’idolatria di sé stesso. La sua bellezza, successivamente, lo porta ad essere incredibilmente crudele verso ogni persona che gli manifesta amore. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, un mito che insegna l’importanza di mirare oltre il proprio essere.
Esistono varie versioni del mito in questione, tuttavia, sono due le più accreditate: quella di Ovidio raccolta all’interno delle Metamorfosi e la versione dello scrittore e geografo greco Pausania all’interno dell’opera Periegesi della Grecia. Nella versione di Ovidio, Narciso è figlio di Cefiso, – divinità fluviale – a sua volta figlio di Oceano e di Teti; e della Naiade Liriope, appartenente alle ninfe abitanti i corsi d’acqua dolce.
Narciso, il mito e il culto maniacale verso il proprio essere
Cefiso aveva sedotto la ninfa circondandola con i suoi corsi fluviali e le sue onde, intrappolata, rimase poi incinta e, in seguito, diede alla luce un bambino dalla straordinaria bellezza. Liriope preoccupata per il futuro di Narciso, si recò dall’indovino Tiresia in quale predisse che, il piccolo, avrebbe sicuramente raggiunto la tarda età se non avesse mai visto il suo volto. Giunto al suo sedicesimo anno il giovane era bramato da donne e uomini per la sua straordinaria bellezza.
Chiunque se ne innamorava a prima vista, ma tutti, erano respinti. Un giorno la ninfa Eco scorge Narciso mentre è a caccia di cervi fra i monti, innamorandosene perdutamente. Nonostante Eco fosse desiderosa di parlare al suo amato, era incapace di proferire parola: riusciva a ripetere solo le ultime parole udite dai suoi interlocutori. Tale punizione le fu inferta da Era: la ninfa, infatti, aveva osato distrarre la moglie di Zeus con dei lunghi racconti mentre, le altre ninfe amanti del dio dell’Olimpo, si nascondevano dalla sua ira.
Narciso, punizione divina di un vanesio
Dopo aver udito dei passi, il giovane si rivolse alla ninfa cercando di capire chi fosse. Purtroppo, Eco, costretta alla reiterazione delle parole del suo interlocutore per via della punizione di Era, ripeteva le stesse frasi di Narciso. Corse ad abbracciare il bel giovine, ma lo stesso, la allontanò in malo modo. Eco, con il cuore infranto, si rifugiò nelle valli solitarie struggendosi per quell’amore non corrisposto e finendo per rimanere senza voce. La dea Nemesi che ascoltava i lamenti di Eco, decise di punire il vanesio giovane dal cuore crudele.
Mentre vagava nel bosco si sporse a bere in un lago; ma, appena vide per la prima volta la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente di quell’icona, senza rendersi conto che colui che stava fissando fosse proprio lui. Solo dopo molto tempo capì che quell’immagine apparteneva a sé stesso: consapevole di non poter mai ottenere quell’amore, morì struggendosi fra il dolore e il desiderio. Si compiva, quindi, la profezia dell’indovino Tiresia. Quando le Naiadi e le Driadi, ninfe dei boschi, si accinsero a prelevare il corpo del giovane per deporlo, trovarono un fiore bellissimo a cui fu dato il nome Narciso.
Significato psicologico del mito
Si narra che Narciso, attraversando lo Stige per giungere nel regno dei morti, si sporse sulle acque del fiume infernale per ammirare, un’ultima volta, il suo volto riflesso. Nonostante la ”punizione”, il giovane persevera nel suo comportamento; ma la leggenda di Narciso ed Eco è la storia di due opposti. Il giovane è incapace di guardare oltre sé stesso, mentre la ninfa, è incapace di concentrarsi su di sé.
Due comportamenti, quindi, ugualmente dannosi e non equilibrati ma che sconfinano in un eccesso e in un difetto. Narciso è la vista, Eco la voce. Il giovane è chiuso nei suoi muri egotisti: è incapace di comunicare, è privo degli strumenti che prescindono la comunicazione universale. Eco è invece il messaggio comunicativo perenne, l’empatia, la voce, che non riesce ad arrestare un richiamo, seppur, inutile. Il termine narcisismo è entrato, ormai, nell’uso comune.
Il Narcisismo sano
In psicologia esiste sia un narcisismo sano, indicante un sano amor proprio verso sé stessi; e un narcisismo patologico: un insano egocentrismo causato dal un disturbo del senso del sé. Tale narcisismo patologico è una struttura della personalità che si origina nel mondo infantile, tramite quella che è definita ferita narcisistica, generata ed associata ad un senso di vergogna.
Tendenzialmente il futuro narcisista è un bambino la cui infanzia si caratterizza da una famiglia che ignora, umilia o reprime i suoi interessi. Da qui la brama di riconoscimento, lodi e l’assenza di empatia. Narciso ed Eco sono, quindi, due facce della stessa medaglia: il surplus d’amore per sé stesso, l’assenza di amore per sé stessi o per l’altro induce a forme estreme, narcisistiche, di visioni realistiche della realtà. E’ solo quando esiste un amore sano verso sé stessi che non si sconfina in alterazioni, in eccesso o in difetto, del reale.
Stella Grillo