Benvenuti nell’universo cinematografico di Movie Award. Prendiamo il nostro aereo ed attraversiamo l’Oceano per andare negli Stati Uniti. Questa puntata è dedicata ad un film corale che ha vinto pur non essendo favorito L’Oscar come miglior film. Parleremo di destini che si incrociano in una metropoli americana. La puntata di oggi è dedicata a “Crash” di Paul Haggis.
“Crash”, il grande gioco del destino
In una Los Angeles terrorizzata dopo i fatti dell’11 settembre un’auto della polizia viene tamponata con a bordo due detective che devono indagare su un omicidio. È l’inizio dell’intricatissimo “Crash” di Paul Haggis. Quella di questa è pellicola è infatti una struttura narrativa sperimentale che parte da un flashforward da cui partono le storie dei personaggi che il destino fa incrociare tra di loro su diversi piani narrativi. Un affresco imponente che ha fatto definire questo lungometraggio un vero melting pot. Un termine molto appropriato per definire l’identità culturale di un’enorme metropoli americana come Los Angeles in cui la pellicola è ambientata.
Un incredibile intreccio narrativo in cui emergono valori e pregiudizi come speranza, sacrificio, rabbia e razzismo. Temi che fanno si che i protagonisti del film arricchito da un cast eccezionale con attori come Don Cheadle, Sandra Bullock e Brendan Fraser trasmettano una moltitudine di emozioni. Sentimenti che aiutano il regista a far riflettere sulla vera questione posta da questo lungometraggio. Haggis infatti ci mostra la solitudine e l’indifferenza con cui ci nascondiamo dietro barriere fisiche e mentali per paura di provare sentimenti.
Hollywood ama i film edificanti
“Crash” di Paul Haggis si aggiudicò nel 2005 l”Oscar come miglior film contro ogni pronostico. La pellicola più quotata all’epoca per vincere questa statuetta era “I segreti di Brokeback Mountain” di Ang Lee grande trionfatrice a Venezia. Nonostante la pellicola del maestro taiwanese fosse d’impatto e coraggiosa dato il tema dell’omosessualità, l’Academy preferì premiare Paul Haggis. “Crash” venne evidentemente considerato una di quelle pellicole edificanti che tanto piacciono ad Hollywood.
La vittoria di Haggis è ancora più sorprendente se si pensa che oltre al film di Ang Lee nella cinquina dei possibili vincitori erano presenti “Good night and Good Luck” di George Clooney e “Munich” di Steven Spielberg. Lungometraggi considerati di peso tropo politico che aprivano ferite ancora aperte e perciò scartati dall’Academy.
Stefano Delle Cave