Joker è uno dei cattivi della DC più apprezzati di sempre. Negli anni è stato interpretato da diversi attori. Fra questi ricordiamo il magistrale Heath Ledger ne “Il cavaliere oscuro”, ma anche Jack Nicholson in “Batman” e Jared Leto in “Suicide Squad”. Nel 2019 Todd Phillips ha deciso di dedicare un film al villain più famoso di sempre, dando vita al Joker di Joaquin Phoenix. Vincitore di ben due Oscar, come Miglior attore per Phoenix e per la Miglior Colonna Sonora, il film di Todd Phillips dipinge un Joker più vulnerabile e in cui lo spettatore si può rivedere. Phillips ci fa empatizzare per la prima volta con il cattivo della DC, facendoci conoscere il suo difficile vissuto. Il regista, infatti, ci fa comprendere quanto la società può essere crudele nell’emarginare chi è diverso. Racconta, inoltre, la pericolosa potenza dei media, che hanno il potere di portare tutto all’estremo.
È il 1981 a Gotham City. Arthur Miller è uno stand-up comedian fallito, che vive ai margini della società e lavora come clown mentre vive con la madre. L’uomo soffre di un problema chiamato disturbo pseudobulbare, che gli provoca improvvisi attacchi di risate, specialmente in momenti di grande tensione emotiva. Ogni giorno Arthur, considerato strano da tutti, subisce soprusi di vario genere senza dire nulla. Fin quando una sera si ribella. Infatti mentre torna in metro dal lavoro, ancora vestito da clown, tre yuppies lo prendono in giro fino ad arrivare a pestarlo. Questa volta lui reagisce: tira fuori una pistola e spara. Di qui inizia una escalation di crimini sempre più gravi dai quali non potrà più tornare indietro. Fino a che Arthur non raggiunge la pazzia e diventa il villain che tutti conosciamo: Joker.
I temi e la citazione a Taxi Driver
La novità di questo film sta nel fatto che Phillips realizza un vero e proprio prodotto d’autore basandosi su una storia fondamentalmente di fumetti. Non è, infatti, il classico film di supereroi, ma è una pellicola che indaga la psicologia del personaggio con una sensibilità e dei tempi da grande cinema. Una grande operazione di sceneggiatura e regia, che si ispira in tutto e per tutto a “Taxi driver” di Scorsese. La sceneggiatura ha il merito di proporre in modo universale dei temi, come la solitudine dell’essere umano, molto vicini a spettatori di qualunque tipo. Joker è un ultimo tanto quanto Travis, il protagonista di “Taxi Driver”, e proprio come lui inizia a perdere le staffe a causa del modo in cui viene trattato da tutti, fino a commettere crimini così gravi da non poter più tornare indietro. È la società ad averlo reso così.
Ma quella di Phillips e del co-sceneggiatore Scott Silver, non è solo un’operazione di sceneggiatura. Infatti il regista si ispira anche visivamente a “Taxi Driver”. Dall’iconica scena in cui Joker si guarda allo specchio, al gesto di puntarsi una pistola alla tempia mimato con le mani dal criminale mentre scherza con la vicina, fino all’ambientazione. Nel film di Scorsese, infatti, siamo nel ’75, mentre in quello di Phillips ci troviamo nell’81, in un’epoca e un luogo molto simile a quello in cui vive Travis.
E, infine, il punto di contatto maggiore fra le due opere la troviamo nella conclusione di entrambi i film, profondamente contemporanea: sia in “Joker” che in “Taxi Driver”, l’ultimo, il dimenticato dalla società, viene elevato ad eroe dai media. E se nel film di Scorsese questo finale viene evidenziato con grande ironia, nel film di Phillips la scena finale raggiunge la maggiore potenza drammatica di tutto il film. Proprio questo nel “Joker” del 2019 ha suscitato non poche polemiche.
Le polemiche e il Joker di Phoenix
Il perché delle polemiche suscitate dal finale di “Joker” non è difficile da comprendere. Infatti, se è vero che in passato quella di farci empatizzare con un personaggio non positivo (es. un criminale) è stata un’operazione già compiuta, qui il regista sembra superare una linea. Noi non empatizziamo solo con lui, ma arriviamo a giustificare tutti i suoi crimini, dando tutta la colpa alla società che lo ha trattato da relitto. E dunque lui diventa un eroe. Questa è una cosa molto rischiosa, perché porta allo spettatore un esempio sbagliato e supera un limite, che porta a vedere Joker come un personaggio “giusto” e da “imitare”. E se ci sembra ridicolo che qualcuno con un minimo di cervello possa pensarlo, basti pensare che dopo la proiezione del film sono stati in molti ad imitare il criminale, soprattutto fra i giovani, rischiando anche la vita.
Ad aiutare il regista a comunicare al meglio i suoi temi è una grande interpretazione di Phoenix. Il suo è un Joker molto umano. Questo perché oltre che un personaggio, è prima di tutto una persona, e si allontana dal folle supervillain da fumetto che viene sempre raccontato. Che sia chiaro, non mancano gli eccessi, come i suoi improvvisi attacchi, il classico trucco esagerato e una risata grottesca e stridula. Ma questi elementi sono ben dosati dall’attore, e danno al personaggio una potenza drammatica ancora superiore, senza mai cadere nel macchiettistico.
Joaquin Phoenix fa un lavoro magistrale nel mettersi nei panni del personaggio, al quale aggiunge qualcosa di più. Indelebile, infatti, la sua danza sulla scalinata, inserita proprio dall’attore. Proprio questo momento rappresenta il culmine della storia. Joker, nel silenzio della strada, inizia a danzare mostrandoci la sua vera essenza: ci porta nel suo mondo, nella sua follia.
Il successo di “Joker”
“Joker” ha avuto un larghissimo successo di pubblico e critica. Premiato agli Oscar, infatti, ha vinto anche il Leone d’oro al miglior film alla Mostra Internazionale di cinema di Venezia. La pellicola, definita da tutti un capolavoro, non racconta una storia nuova, e rappresenta un po’ quello che è diventato il cinema oggi: una rielaborazione di vecchie glorie, in questo caso “Taxi Driver”. Però, nel farlo, trova qualcosa di nuovo e di molto personale, che non lo fa diventare la solita scopiazzatura poco riuscita, ma un film dalla sua forte identità, che parla a persone di tutte le età e di tutte le classi sociali.
Paola Maria D’Agnone
Seguici su MMI e Metropolitan Cultura.