Fra le poesie più note di Giosuè Carducci, Pianto antico è un componimento scritto dal poeta toscano in seguito alla prematura morte del figlio, Dante. Nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’Infanzia, una poesia sul lutto e la perdita e la contrapposizione fra morte e rinascita della natura.

Pianto Antico, Giosuè Carducci: l’antico dolore universale che comporta la perdita di un figlio

Giosuè Carducci photo credits wikipedia
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Pianto antico è una poesia intima e autobiografica in cui, Giosuè Carducci, racconta il dolore di un padre a seguito dell’improvvisa morte del figlio. Dante Carducci muore a soli tre anni, nel novembre 1870, in seguito a un’epidemia di tifo. Giosuè Carducci scrive Pianto Antico nel Giugno 1871. Per diversi anni, non dà un titolo a questi dolorosi versi scegliendolo definitivamente nel 1879. La scelta definitiva di Pianto antico riprende un canto funebre del poeta greco Mosco, vissuto nel II secolo a.C. Il tema centrale della poesia è la perdita nella contrapposizione totalizzante fra il trapasso, mortalità umana e la natura che, ogni stagione, rinasce e rifiorisce in modo ciclico.

Il titolo Pianto antico sottende, anche, una metafora arcaica ma pur sempre rinnovata nella sua sofferenza; l’aggettivo antico accostato al termine pianto, non è casuale: indica il dolore universale che può provocare, a un genitore, la perdita di un figlio. Uno strazio struggente che si manifesta appunto con il pianto, in ogni tempo ed epoca. Giosuè Carducci canta e descrive, quindi, un dolore remoto e primitivo ma pur sempre nuovo nella sua manifestazione: nessuno si abitua al dolore, per nessun genitore è sopportabile la perdita di un figlio che, per leggi cronologiche, dovrebbe veder lui la morte di coloro che gli hanno donato la vita.

Contrapposizione fra il tema della morte e la rinascita ciclica della natura

Pianto antico appare nella raccolta di Giosuè Carducci Rime nuove; l’Ode si fonda su due contrasti ben delineati sia a livello contenutistico che strutturale. I versi, infatti, si strutturano in due blocchi; quattro strofe completamente in antitesi fra loro. Nelle prime due quartine appaiono elementi vitali: la luce, i colori vivaci, il giardino. Nelle ultime due strofe l’atmosfera cambia: sopraggiungono toni cupi e freddi, forieri di morte.

L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,

nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

Seppur la poesia sia particolarmente triste, si noti la sobrietà del dolore del poeta; l’uso delle immagini è sempre delicato, semplice e composto. Il poeta parte da scenari luminosi: la primavera, il piccolo Dante che gioca in giardino e si tende verso il rosso vermiglio del melograno, simbolo di vita e abbondanza. Nella seconda strofa, invece, sopraggiunge un’immagine di immobilità: il muto orto solitario e silenzioso, seppur inondato dalla luce di giugno che nutre le piante con il suo calore , è carico di malinconia. La scena anticipa la riflessione successiva di Carducci sul rapporto fra la vita e la morte sviluppata nelle ultime due strofe.

Nella terza strofa di Pianto Antico, il poeta introduce una similitudine: l’albero, simbolo di rigoglio, è ora allegoria del poeta-padre, non più simbolo vitale, ma tronco inaridito, avvizzito, straziato dal dolore.  Carducci si paragona a una pianta il cui unico fiore, simbolo di esistenza, è ormai morto: per questo motivo si sente arido e inutile. Il fiore è il piccolo Dante, mentre il poeta si rivede nel tronco ormai arido. La poesia è un crescendo di drammaticità: nell’ultima strofa si suggella il concetto di morte, concretizzandosi come conclusione estrema attraverso toni oscuri; la fredda e nera terra dove il piccolo è ormai sepolto, l’assenza di suoni, luce e calore sottolinea l’impossibilità della vita di raggiungerlo nuovamente, restituendogli la vitalità e l’allegria infantile. Un’immagine desolata e colma di tristezza in cui, Carducci, sottolinea la morte come condizione definitiva da cui, purtroppo, non si torna indietro.

Stella Grillo

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