“Volver” è il sedicesimo film scritto e diretto dal regista manchego Pedro Almodóvar, uscito nelle sale spagnole a marzo 2006. Presentato a Cannes nel maggio dello stesso anno, si aggiudicò subito veri premi, tra cui quello per la Miglior sceneggiatura e la Miglior interpretazione femminile alle sei attrici del cast, in una premiazione che fu assolutamente eccezionale.
La protagonista Raimunda, interpretata da una straordinaria Penelope Cruz, è una donna grintosa, madre dell’adolescente Paula (Yuhana Cobo) e moglie di Paco. I tre vivono insieme a Madrid, ma Raimunda è originaria della regione de La Mancha, dove torna di tanto in quanto con la sorella Sole (Lola Dueñas) principalmente per accudire la tomba dei genitori.
“Volver”: apologia della solidarietà femminile
É proprio con questa immagine tipica manchega che si apre il film. Le donne del paesotto stanno pulendo le tombe dei loro cari mentre il vento, elemento naturale altrettanto caratterizzante della regione, sta soffiando forte nel cimitero. La costellazione familiare completamente al femminile è già tutta qui: ci sono Raimunda, Paula e Sole che accudiscono la tomba in cui è sotterrata la madre Irene (Carmen Maura) insieme al padre.
A completare il nucleo arriva Agustina (Blanca Portillo), la vicina. Apprendiamo grazie a Pedro Almodóvar come nella cultura popolare spagnola la figura della vicina sia integrata nella famiglia, di come sia una componente che la estende. In “Volver”, Agustina incarna la vicina per eccellenza e, insieme con Raimunda e Sole, dà forma riconoscibile alla solidarietà tra donne.
“Volver”: La Mancha di Pedro Almodóvar
Oltre a quello del vicinato, in “Volver” ci sono ricorrenti omaggi del regista ai caratteri e ai luoghi della sua infanzia, alla comunità autonoma a sud di Madrid, La Mancha. A partire dalla tradizionale cura delle donne verso le tombe dei cari defunti, quindi il racconto del ruolo attivo che hanno le donne nella cultura manchega della morte, al vento. Anche le strade deserte raccontano La Mancha dell’infanzia del regista, così come la vita nel patio. In “Volver” Almodóvar tributa il patio manchego, molto meno sensuale di quello andaluso di influenza araba, e sicuramente più austero.
Penelope Cruz e la recitazione della maternità
Una grandissima Penelope Cruz interpreta Raimunda, nominata agli Oscar come miglior attrice protagonista, ai Golden Globe come Miglior attrice in un film drammatico. Vincitrice del Premio Goya e, come già detto, premiata a Cannes per la Miglior interpretazione femminile insieme alle altre attrici del cast. La Cruz interpreta, o meglio, si fonde totalmente con il personaggio di Raimunda e le dà vita e corpo. Il suo modo di recitare è estremamente fisico, naturale, disinvolto, palesemente ispirato alle dive del nostro cinema italiano neorealista. A vederla passeggiare tra le strade del barrio di Madrid, o tra le vie deserte di Almagro, accaldata e con uno sguardo profondamente mediterraneo, non può non farci tornare alla mente “La ciociara” di Sophia Loren, o Anna Magnani o, ancora, Claudia Cardinale. Leggendarie attrici dell’epoca d’oro del cinema italiano che hanno fornito un intenso archetipo della maternità di cui ancora il cinema degli anni Duemila fa tesoro.
La nonna fantasma
Pedro Almodóvar non ha mai nascosto la sua profonda passione per il surreale, il sogno, in una parola: la fiction. In “Volver” il soprannaturale diventa quotidiano nel fantasma – che poi si scoprià non esserlo – della madre di Sole e Raimunda, Irene. Nonostante rappresenti un elemento surreale, Almodóvar la fa calare perfettamente nella realtà quotidiana, tanto che le da un corpo reale, quello di Carmen Maura. Così, lei finisce per risultare allo spettatore completamente verosimile: Irene si integra perfettamente nella vita delle figlie, lo fa con naturalezza, ad esempio svolgendo il ruolo di aiutante nella parrucchieria della figlia.
Profondamente intenso il monologo-non monologo in cui Irene spiega a sua figlia Raimunda la ragione della sua morte e del suo ritorno alla vita. Una madre che parla a sua figlia, una figlia che ascolta le ragioni della madre. Carmen che parla. Penelope che ascolta. Perchè in questo film si parla molto, ma si ascolta anche tanto. E, per essere una commedia, si ride e si sorride, sì, ma si piange anche parecchio.
Giorgia Lanciotti
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