Julius Evola, pseudonimo di Giulio Cesare Andrea Evola, è stato una complessa figura del panorama artistico e letterario del ‘900 italiano. Fu prima di tutto un pittore e un letterato, scrisse anche poesie e testi, ma fu anche un filosofo nel periodo della sua vita in cui si dedicò all’esoterismo e all’occultismo. Nasceva oggi, nel 1898 il “barone” futur-dadaista della pittura italiana. Disprezzato della élite, non ha mai voluto sposarsi o trovarsi un lavoro “normale”. Era un ammiratore del Medioevo ma era fortemente anti-Cattolico. Disprezzava la carità e la compassione tanto da fare di freddezza e durezza i suoi principi cardine. Ripercorriamo insieme la sua breve ma significativa carriera artistica attraverso cinque suoi capolavori.

Evola, “outsider” della cultura del ‘900

Julius Evola è stato a lungo “bandito” dalla storia dell’arte italiana per le sue credenze politiche e per essersi schierato apertamente, durante la Grande Guerra, con gli Interventisti e con il partito fascista. Nonostante avesse però un rapporto conflittuale con i gerarchi, è vicino al movimento ed elabora una complicata e radicale idea di “razzismo spirituale”. Nato a Roma da una famiglia di origine siciliana, amava definirsi “barone” pur non essendolo realmente. Millantava una vecchia discendenza con un’antica famiglia aristocratica del Regno di Sicilia. A 19 anni partecipa alla Prima Guerra Mondiale ma il ritorno a Roma è segnato dagli strascichi traumatici di questa esperienza.

Inizia così un periodo di forte crisi esistenziale. È il periodo dell’abuso di allucinogeni, della frequentazione di ambienti particolari, del rasentare la pazzia e del tentativo di suicidio. La salvezza arriva dalla lettura di un testo Buddhista. Il pensiero orientale lo cattura e inizia così ad avvicinarsi al mondo della filosofia, elaborando una teoria sull’individualismo e sul distacco assoluto dell’io dal mondo. Nel 1934 scrive la sua opera letteraria più importante “Rivolta contro il mondo moderno”.

Dal Futurismo al Dadaismo verso l’Astrattismo

Tutto questo però, avviene dopo che Evola decide di abbandonare per sempre la pittura. La sua carriera artistica, infatti, è molto breve e la si può ricondurre tutta tra gli anni 1915-1922. Nonostante questo, Evola è una figura fondamentale per la Storia dell’Arte, essendo l’unico rappresentante italiano del Dadaismo e il primo in Italia a parlare di “arte astratta”. Nel 1921 espone anche, insieme ad altri artisti del momento rappresentanti dell’Avanguardia, alla Galleria “Die Sturm” a Berlino. La sua produzione artistica si può dividere in due fasi. La prima, quella detta “idealismo sensuale” ed è quella fase in cui Evola è ancora legato al futurismo. Che però ha sempre guardato e interpretato in maniera personale.

“Non tardai però a riconoscere che, a parte il lato rivoluzionario, l’orientamento del futurismo si accordava assai poco con le mie inclinazioni. In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso e esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell’istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo”.

Dopo questa breve parentesi futurista, Evola si avvicina al Dadaismo e per lui inizia la fase cosiddetta “astrattismo mistico”. Un Dadaismo però reinterpretato in chiave spirituale e ideale. I suoi lavori, di questo periodo, sono pregni di Immagini dense e costituivano una novità nel panorama italiano. Nonostante promettesse molto bene come pittore Julius Evola prende alla lettera uno dei principi del manifesto Dadaista: “la morte dell’arte”. E per lui l’arte muore davvero. Decide di abbandonare la pittura e non la praticherà mai più. 

Julius Evola, cinque dipinti

Mazzo di Fiori_web
Mazzo di Fiori_web

Mazzo di fiori. Si tratta dell’opera più nota della fase futurista di Evola, quella che meglio ne interpreta le qualità dinamiche ed esplosive, con riferimento alla poetica della “ricostruzione futurista dell’universo” proposta da Balla.

Fucina_fondazione-brescia-musei
Fucina_fondazione-brescia-musei

Fucina. Conservata ai Civici Musei d’Arte e Storia, a Brescia. Altro dipinto che risale al periodo futurista. Gli elementi meccanomorfi, ravvicinati e ingranditi, creano una situazione allucinata, probabilmente i  primi possibili riferimenti alle trasformazioni alchemiche. Un’etichetta sul retro testimonia che il quadro fu presente alla mostra di Ginevra del 1921.

ive-o-clock-tea_fondazione-brescia-musei
five-o-clock-tea_fondazione-brescia-musei

5 o clock. Si discosta dai caratteri propriamente futuristi di altri dipinti dello stesso autore. Ricco di forme sospese e sovrapposte, rimandi a origini simboliste, i motivi astratti, volgono verso una struttura ordinata di visione interiore, con l’accenno a sinistra a un occhio che osserva la fantasmagoria di colori e di precipitazioni verso un centro.

Astrazione_fondazionejuliusevola
Astrazione_fondazionejuliusevola

Astrazione. La vicenda di questo dipinto non è del tutto chiara. Il titolo con cui è apparso alle esposizioni più recenti non permette di identificare a quale delle opere esposte nel 1920 e 1921 corrisponda. Ne dovrebbero esistere tre versioni. Opera che ben corrisponde ai caratteri che Evola attribuisce all'”astrazione” quale condizione arbitraria e interiorizzante. Il dipinto, presenta evidenti riferimenti alchemici, nel passaggio da una zona inferiore più densa e oscura, e una superiore, illuminata ed eterea, dove i colori sfumano in velature che si dissolvono sul fondale chiaro.

Paesaggio Interiore_fondazionejuliusevola
Paesaggio Interiore_fondazionejuliusevola

Paesaggio interiore, apertura del diaframma. Opera tra le più compiute nella descrizione di una dimensione di trasformazione e di astrazione propria della serie dei “paesaggi interiori”. Uno dei lavori più caratteristici di Evola. Rappresenta mutazioni di elementi che tendono a vaporizzarsi. La scansione geometrica del fondo, le forme rigorose che vi appaiono e le lettere stilizzate “A” e “H” completano i rimandi a un equilibrio tra la fisicità e l’immaterialità.

Ilaria Festa