L’8 luglio 1978, dopo un estenuante scrutinio, Sandro Pertini viene eletto presidente della Repubblica. Sono gli anni di piombo e del terrorismo, della crisi economica e della crisi politica seguita al fallimento dell’esperienza della solidarietà nazionale successiva alla morte di Aldo Moro.
Chi è Sandro Pertini
Nato a San Giovanni di Stella, nel savonese, Sandro Pertini si avvicinò al movimento operaio ligure. Nel 1917 era iscritto a giurisprudenza, ma dovette interrompere gli studi per partire per la Prima Guerra Mondiale. Al suo ritorno si laurea in giurisprudenza a Modena e scienze sociali a Firenze. Sandro Pertini, in quel periodo militava nel Partito socialista, affascinato dalla figura di Filippo Turati, per lui un maestro.
Il regime fascista aveva ridotto al silenzio la stampa, i sindacati e i partiti di opposizione. Per la sua attività politica, era stato bollato come avversario del regime. Per un periodo trovò rifugio a Milano e successivamente restò in esilio in Francia, dove in quegli anni si stavano recando sempre più antifascisti. Quella vita in esilio non faceva per lui. Sandro aveva 30 anni e gli sembrava di stare sprecando il suo tempo, di vivere inutilmente.
Nel 1929 cercò di rientrare in Italia sotto falso nome, ma venne arrestato e incarcerato. Si trovò allora ad essere uno dei pochi prigionieri socialisti tra tanti comunisti. Nonostante questo, Pertini non mutò il suo pensiero politico: non diventò mai uno di loro e ne si trasformò in un anticomunista. Fu in quegli anni di prigionia che incontrò Antonio Gramsci, con cui ebbe modo di confrontarsi e discutere, fino a instaurare con lui un rapporto di amicizia.
Persino quando si ammalò di tubercolosi, Pertini non abbandonò la sua causa. Sua madre inoltrò una domanda di grazia, ma lui ci tenne a dichiarare di non aver nulla a che fare con la cosa e che si sentiva umiliato. Nel 1943, quando giunse la notizia che Pietro Badoglio era diventato capo di stato dopo le dimissioni di Mussolini, Pertini fu libero di uscire dal carcere dopo ben 14 anni di prigionia.
Il prezzo della libertà
“Cominciava un’altra triste e lunga storia“, raccontò Pertini a Enzo Biagi in un’intervista: la guerra di Resistenza per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti. Una guerra civile a cui Sandro partecipò con idee, carisma e mitra, sia nel direttivo che nelle piazze. Sandro Pertini guidava i partigiani d’Alta Italia, Firenze e Milano. Fino alla ritirata dei tedeschi in quel famoso 25 aprile del 1945, all’arresto di Mussolini due giorni dopo e alla sua fucilazione il 28 aprile. L’Italia era libera e Pertini aveva una medaglia d’oro al valore militare appuntata al petto. Il 28 Aprile 1945 cominciò una nuova fase della vita di Pertini. Una fase che si aprì con una svolta inaspettata: il matrimonio. Si sposò con una giovane giornalista partigiana, la ventiquattrenne Carla Voltolina, conosciuta a Milano durante l’organizzazione della liberazione della città. Lui aveva 50 anni. Politicamente per lui la Resistenza non era finita. “La libertà è un bene prezioso che bisogna difendere giorno per giorno“, diceva. Cosa che cercò di fare da segretario, da deputato e da membro dell’Assemblea costituente per il Partito Socialista Italiano. Sandro Pertini era anche un giornalista ed è stato direttore dell’Avanti!. Dalle colonne di questo giornale, criticava aspramente la spartizione di cariche e poltrone in parlamento e l’amnistia a “coloro che hanno incendiato villaggi con i tedeschi, che hanno violentato donne colpevoli solo di aver assistito dei partigiani“.
Sandro Pertini settimo Presidente della Repubblica Italiana
Pertini non le mandava a dire, lo sapevano tutti: colleghi ed avversari politici. La sua estrema correttezza fu premiata: dopo due legislature in veste di presidente della Camera, l’8 luglio 1978 fu eletto settimo presidente della Repubblica. Nello stesso anno Karol Wojtyla diventò pontefice con il nome di Giovanni Paolo II. Contro ogni pronostico, un ateo dichiarato e la massima carica della Chiesa diventarono amici: l’ennesima incoerenza della vita di Sandro Pertini, che aveva appeso il crocifisso al Quirinale.
Pertini ammirava Gesù, perché aveva sostenuto le sue idee a costo della vita. Il presidente e il papa furono dei veri amici, oltre le regole del protocollo: telefonate dirette, scherzosi scambi di battute, lettere, pranzi segreti, abbracci in pubblico e persino vacanze insieme in montagna. I due si diedero conforto reciproco nelle avversità di quel buio periodo: gli anni del terrorismo, della strage di Ustica, della stazione di Bologna, del terremoto in Irpinia, della P2, della morte del piccolo Alfredino di Vermicino e dell’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Lo spessore politico di Sandro Pertini
Niente compromessi, solo pragmatismo e rigore. “La politica se non è morale non m’interessa. Io, se non è morale, non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare“, sosteneva. Che non fosse un presidente come gli altri era evidente: affrontò attivamente 8 crisi di governo, impose 2 scioglimenti anticipati delle camere e per anni si rifiutò di ricevere al Quirinale i parlamentari della Loggia di Licio Gelli, compresi quelli che, con la benedizione dei loro partiti, avevano mantenuto i propri incarichi.
Gli anni passavano, ma Pertini rimaneva immutabile nel suo roccioso senso dell’onestà. “Le mani siano candide!“, intimò ai suoi collaboratori il giorno dell’insediamento al Colle, lui che, mai al centro di uno scandalo o di un sospetto, è stato uno dei pochissimi che non soltanto predicò ma razzolò bene. Uomo onesto, ma non privo di difetti: era testardo, senza peli sulla lingua, franco e ruvido nelle interviste e con chiunque lo circondasse. Ma era proprio questa spontaneità che piaceva alla gente.
Alessandro Carugini
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