Il gatto e le sue sette vite. L’animale più chiacchierato di sempre occupa un posto speciale nella storia dell’arte e nel giorno della Festa Nazionale del Gatto, non potevamo non dedicare un articolo alle opere più belle che hanno come protagonista proprio il felino più piccolo di tutti. Vediamo insieme, attraverso 10 opere, come è cambiato nel corso del tempo, il modo di percepire la sua presenza e il modo in cui l’uomo si è relazionato a lui.
Il gatto nell’arte antica
La Festa Nazionale del Gatto si celebra in Italia proprio oggi, 17 Febbraio. Ricorrenza nata nel 1990, è stata voluta per sensibilizzare la gente all’adozione di questi magnifici animali. Il gatto è forse l’animale più controverso. C’è chi lo ama e chi invece prova una vera e propria avversione per lui. Questo ruolo diviso a metà nel cuore dell’uomo, fonda le radici in tempi ben più lontani dei nostri. Il povero felino ha attraversato delle fasi, nel corso della storia, in cui veniva letteralmente odiato e fasi in cui veniva addirittura venerato come una divinità. La stessa cosa si riflette nella storia dell’arte.
La più antica testimonianza di una rappresentazione felina risale addirittura a 7000 anni fa. In una grotta in Libia sono state trovate delle incisioni rupestri che rappresentano una zuffa tra gatti. Queste raffigurazioni non rimarranno isolate e nel corso del tempo vedremo come il gatto, e le sue infinite personalità, troverà sempre spazio sulle tele degli artisti. Considerato un animale nobile, superbo ed indipendente, il gatto in antichità era considerato un animale sacro, portatore di ordine ed emissario del potere divino. Animale simbolo di nobiltà e ricchezza, nell’Antico Egitto è stato raffigurato con tutte le accezioni che erano riservate alle divinità. Nell’antica Grecia e nel periodo dell’impero Romano, il gatto perde la sua aurea divina ed acquisisce una dimensione più domestica. Considerato l’animale più utile da tenere in casa, viene ancora tenuto in grande considerazione ed è molto ricercato. Ma presto le cose cambieranno per il povero felino.
Da demonio a metafora di casa accogliente
Il Medioevo è il periodo più triste per il gatto. Demonizzato dalla Chiesa Cattolica, diventa l’animale del maligno. Associato alla figura femminile ed in particolare alla figura delle streghe, viene perseguitato e considerato il simbolo della pigrizia, della lussuria, dell’inganno e del tradimento. Per la sua capacità di vedere al buio, il gatto è associato a qualcosa di magico ed oscuro. Ecco che nelle raffigurazioni di questo periodo, in particolare nelle miniature, il gatto perde tutta l’eleganza e la grazia che aveva in passato e viene rappresentato in pose goffe, spesso con topi in bocca, con la bocca aperta e i denti affilati ben in vista.
Per fortuna, con la fine del Medioevo, finisce anche il periodo buio per il gatto. Dal Rinascimento in poi, anche la figura del gatto viene “illuminata”. Non è più visto come una minaccia e un portatore di cattive notizie, ma come un semplice animale da compagnia. Ecco che si conquista un posto in numerosissime tele degli artisti più famosi in tutto il mondo. Leonardo da Vinci gli dedica addirittura un vero e proprio studio e di lui dirà: “Il più piccolo dei felini è un capolavoro”.
La rinascita del Gatto
Raffigurato soprattutto in scene domestiche, è associato soprattutto agli ambienti femminili ed è dipinto in tutta la sua grazia ed eleganza. Da questo momento in poi il gatto diventa il simbolo della femminilità, della frivolezza e della libertà. Particolarmente degne di nota sono i dipinti tra ‘600 e ‘700. Raffigurati in contesti del tutto domestici, il gatto è il protagonista di splendide nature morte. Uno degli esempi più simpatici è “gatto con salmone” di Chardin. Così come altrettanto bello è “Lotta di gatti in dispensa” di Paul de Vos.
In questa carrellata di dipinti con gatto, non potevamo non citare Utagawa Kuniyoshi. Artista giapponese, vissuto tra fine ‘700 e inizi ‘800. Certamente diverse dalle rappresentazioni degli artisti europei dello stesso periodo, Kuniyoshi ne ha raffigurati ben 53, tutti nella stessa tela. “Gatti rappresentati come le 53 stazioni della Tōkaidō” è un vero e proprio tripudio di arte felina.
Il gatto e le sue infinite personalità
Nell’Ottocento finalmente il gatto diventa l’unico soggetto del quadro. Non più solo come animale sacro o simbolico, ma per la sua eleganza mista a tenerezza. Un esempio è il forse poco conosciuto “Gatto che dorme” di Pierre-Auguste Renoir. Il gatto dorme, appunto, acciambellato ed è l’unico protagonista della tela. Il nostro viaggio “felino” ci porta in Austria, dove incontriamo Carl Kahler, pittore noto soprattutto per i suoi dipinti di gatti. Nel 1891, Kahler dipinse su commissione il quadro dall’ironico titolo “Gli amanti di mia moglie” in cui erano raffigurati ben 42 gatti, che divenne famoso come stampa pubblicata.
Molto ironico è anche il titolo dell’opera di uno dei pubblicitari d’Inghilterra più famosi di inizi ‘900. “The Bachelor Party” di Louis Wain colui che “ha inventato uno stile da gatto, una società di gatti, un intero mondo di gatti.” L’artista divenne famoso proprio per i suoi ritratti di gatti antropomorfizzati immortalati mentre camminano eretti, fumano, bevono alcolici, giocano a golf o indossano abiti eleganti.
Il gatto nel XX secolo
Nel XX secolo, poi, i gatti non erano più solo protagonisti della pittura di genere. Gli artisti utilizzarono la loro immaginazione creativa per dotarli di caratteristiche umane e viceversa. Un esempio magistrale è il “Gatto che cattura un uccello” di Picasso, che testimonia la natura predatoria dell’animale: con i suoi artigli enormi e le zanne in vista, tiene in ostaggio un volatile che tenta disperatamente di divincolarsi, una metafora della minaccia fascista emergente a quei tempi. Anche Paul Klee, esponente di spicco dell’astrattismo, sceglie il gatto e un uccello come tema di un suo quadro famosissimo. Concludiamo il viaggio nel mondo del gatto nell’arte, proprio con il suo bellissimo “Gatto e Uccello”. Il dipinto mostra sentimenti di dolcezza, misticismo e nostalgia e sintetizza astrazione e figura, realtà e sogno infantile, in uno straordinario gioco cromatico.
Ilaria Festa
Seguici su:
Google News