Starfield Recensione | Lo Spazio di Bethesda manca di “Spazio”? In un certo senso sì, ma non è per forza un difetto. Il nuovo titolo della casa di sviluppo americana è anche la prima, vera nuova IP dopo 25 anni di The Elder Scrolls e Fallout. Come può dunque, vi chiederete, mancare di “spazio” un gioco nato dalla fucina che ha forgiato indimenticabili esperienze esplorative, in mappe gargantuesche disegnate a mano, non procedurali, dense di attività, punti di interesse, missioni e personaggi? E come può una eventuale mancanza come questa non essere un difetto? Abbiamo vagato in lungo e in largo per pianeti deserti e città brulicanti di vita, sparato e schivato, parlato con tutti e passato ore nei menù per darvi una risposta. Che, comunque, potrebbe non soddisfarvi. Noi stessi, nel pronunciarla, sentiamo che manca ancora qualcosa per renderla completa…

Starfield Recensione: lasciamo stare No Man Sky

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Tanto per cominciare, Starfield non è No Man Sky e il confronto tra i due diventa ingeneroso da qualunque lato lo guardiamo. I fulcri su cui i due giochi girano sono infatti distinti e diversissimi. L’Indie “rinato” grazie al duro lavoro del team di sviluppo e a numerosissimi DLC è basato sul fornire libertà totale di esplorazione procedurale. Il tutto in un sandbox dalle dimensioni non classificabili, senza una trama e privo di missioni, NPC di rilievo e possibilità di miglioramento del personaggio giocabile.

Si può volare raso terra sulla superficie di un pianeta e poi sfondare l’atmosfera per raggiungere il cosmo, attraverso il quale puntare il muso della navetta verso un pianeta che ci intriga? Sì, come si può poi atterrare su quel mondo ripetendo le stesse operazioni di prima al contrario, in totale assenza di limiti ludici. Poi, però, su quel territorio potenzialmente ostile ci si deve “inventare” attività e cercare punti di interesse, lasciando tutto in mano alla fantasia del giocatore. 

Starfield, di contro, senza dubbio limita molto le possibilità esplorative. Relega a cutscene atterraggi e partenze, impone il viaggio rapido per spostarsi tra galassie e persino fra pianeti. In breve, vincola le possibilità di movimento libero per consentite a una vera e propria trama di dipanarsi e incuriosire. Ci fa innamorare con e di NPC ai quali possiamo proporre vari tipi di attività (sì, anche “quelle”) e ai quali possiamo rispondere seguendo allineamenti morali a servizio del lato più ruolistico di Starfield.

Non siamo noi ad andare verso le attività o le missioni però, come accade nella maggior parte dei GDR. Invece, sono loro a trovarci quando meno ce lo aspettiamo. Per esempio mentre girovaghiamo a caso nei pressi di una struttura mineraria e ci imbattiamo in una struttura da visitare, che magari cela un forziere? Nuovi equip? Oggetti rari? Solo entrando lo scopriremo. Oppure, comprendiamo la possibilità di raggiungere una nave che vediamo atterrare in lontananza, durante una camminata spaziale. L’equipaggio, banditi forse, scende per addentrarsi in una grotta e raccogliere materiale, mentre noi attendiamo. Poi saliamo a bordo, eliminiamo due elementi rimasti di guardia et voilà! Abbiamo appena rubato un velivolo! 

Starfield è un gioco “punk”

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La struttura ludica, quindi, non dipende solo dalla narrazione. Tuttavia, il potenziale immaginifico di eventi come quello summenzionato è limitato, perché l’effetto sorpresa del “posso davvero farlo?” Si esaurisce dopo pochi “furti”. Anche i dungeon secondari soffrono lo stesso fato. Per quanto siano gemme di design costruite a mano dai dev, che galleggiano in un mare di terre evidentemente procedurali, non sono stati diversificati a sufficienza. Dopo il quarto laboratorio identico la voglia di entrare è poca. Lo si fa solo per la possibilità di scovare loot interessante. Oppure, per il desiderio di visitare le stesse stanze ancora una volta, ma sotto una “luce” diversa. Letteralmente: illuminate dal sistema di stelle peculiare del pianeta in cui ci troviamo. Infatti, anche se sfrutta un motore grafico che meriterebbe una sana pensione, Starfield è anni luce avanti rispetto a Fallout 4 e 76 in quasi ogni ambito “ambientale”.

Starfield è bellissimo e vario, dettagliato e pieno di scorci che non vorrete perdervi. Specialmente una volta superate le prime ore di insediamento, passate per lo più in sterili basi orbitanti, nel suo universo fantascientifico. Ma, a tal proposito, è più “scientifico” che “fanta(stico)” in realtà. Le tecnologie ipotetiche che il giocatore utilizza sono infatti alquanto realistiche e vicine a quelle che potremmo sfruttare già ora per vagare nello spazio profondo. Dalle tute alle navi ai quadri comando, i tubi per l’aria e i materiali con cui sono costruiti gli insediamenti umani. Inoltre, praticamente ogni soprammobile e oggetto in gioco è visionabile in 3D ed è modellato con un livello di precisione mostruoso.

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Viene quasi da dire che Bethesda ha inventato un nuovo tipo di “steampunk spaziale”. Il cui presupposto è “cosa succederebbe se avessimo oggi le conoscenze per muoverci tra galassie, ma potessimo adoperare solo tecnologie attuali?”. Va da sè che questa riflessione non sarebbe stata possibile se le texture non fossero state all’altezza di restituire un feeling tangibile di attualità. Come dire, quasi una patina di polvere che non troverebbe posto negli scintillii metallici di un mondo dotato di tecnologie più avanzate e fantasiose. L’attenzione riposta nel comunicare questo senso di realismo “futuristicamente datato” è evidente in particolar modo nella costruzione della propria nave spaziale.

Anche se, come vi abbiamo detto, potete rubarne di già pronte, o comprarle in caso abbiate scelto che il vostro personaggio è “un virtuoso”, fabbricare e progettare da sé le proprie basiè un’esperienza incredibile. Ci sono dozzine e dozzine di parti che non solo modificano le performance del mezzo nelle rarissime occasioni in cui ingaggiamo battaglia (in alcune orbite planetarie o durante missioni specifiche della campagna). Alcuni moduli sono vere e proprie stanze con funzioni uniche, per adattarsi alla nostra decisione di essere chi desideriamo.

Saremo mercanti? Servirà spazio per contenere le merci e trasportarle. Esploratori combattenti? Una weapon room è obbligatoria, così come altre facilities per fornire oggetti utili alla sopravvivenza a terra. L’aspetto più incredibile è però il fatto che volta montate sulla nave, le sale sono visitabili in modo coerente rispetto alla loro posizione sul progetto. Se, per dire, aggiungiamo una stiva sotto al ponte di comando, entrando nella navicella compariranno in quel punto una botola e una scala. È stato ripensando a questi dettagli che ci è parso infine chiaro: Starfield non è un gioco sullo spazio, ma sulla sua conquista e dominio.

Viaggi spaziali VS Passeggiate: chi vince?

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Stabilire la differenza sostanziale tra Starfield e No Man Sky non serviva solo a parlarvi del ritmo che caratterizza la campagna di quest’ultimo. In effetti, la nostra finalità era arrivare a questo paragrafo per affermare una verità controversa. Starfield è un videogioco basato sullo spazio infinito, ma che vive di “spazi” ben delineati e confini evidenti. Oltretutto, dà il suo meglio quando abbiamo i piedi ben saldi a terra, lasciando al cosmo il compito di cucire tra loro i lembi delle avventure terrestri. Se vi chiedessimo chi è il protagonista di No Man Sky, molti potrebbero rispondere “lo spazio”. E avrebbero ragione.

In mancanza di personaggi definiti, è proprio quello il soggetto principale attorno a cui ruota il gameplay e tutta l’esperienza. Invece, Bethesda in Starfield ha deciso di rendere centrale l’essere umano: piccolo, fragile, armato di tecnologie limitate e tanta forza di volontà. Le galassie di Starfield sono asservite al volere umano ed esplorarle doveva essere semplice come lo fu per Dovahkiin vagare nei boschi di Skyrim. Certo, si potrebbe obiettare che nell’RPG appena nominato il cosiddetto free roaming è molto più incentivato che in Starfield, dove invece è a malapena possibile e limitato a piccole zone-gioiello. 

Le città sono senza dubbio tra queste, tutte diverse, ora cyberpunk, ora quasi western. Aperte verso il cielo o scavate nella roccia del pavimento. Sono vive, vivissime e rappresentano la più divertente attrazione di tutto il gioco. Missioni secondarie, agguati, segreti e oggetti rari languono nei bassifondi come nelle vie più trafficate, da imparare a memoria perché la mappa non indica nessun punto notevole, shop o altro: si va in analogico. 

L’obiezione potrebbe far seguito alla relativa vuotezza di certi pianeti, o alla già menzionata ripetitività delle strutture opzionali che incontriamo. Questi sono senza dubbio i contraltari più evidenti alla scelta ponderata di Bethesda di fare dei “compromessi”. Di scambiare il free roaming puro che ha reso celebre Skyrim con un’esplorazione più metodica. Non “alla ricerca” di qualcosa” ma con uno scopo a monte. Con una missione, o con una richiesta di un NPC o per completare campagna principale.

Comprendiamo e per certi versi condividiamo, come dicevamo nell’introduzione, il dubbio che simili compromessi derivino anche da ragioni “commerciali”, come tempistiche da rispettare per la pubblicazione. O da limiti tecnici e tecnologici, a causa del motore grafico non riammodernato a dovere, o della necessità di rilasciare il gioco in stato giocabile pure su Xbox Series S. Questi ultimi vincoli sono, a nostro avviso, responsabili della maggior parte se non di tutte le criticità del gioco. Dall’IA non esattamente sveglissima, alle animazioni facciali che alle volte si prendono “una pausa”. Nulla di irreparabile, e soprattutto niente che intacchi il core ludico propriamente detto. 

Anche se non ve ne abbiamo parlato per non spoilerare niente, Starfield non ha solo una trama emozionante e profonda. Il gioco infatti sfrutta a dovere le potenzialità dell’intreccio per vestire un impianto da GDR sontuosissimo. Che inizia con un protagonista modificabile in tutto, dall’aspetto al background, financo alla moralità scelta dopo scelta, dopo ogni risposta multipla che ci fa pendere verso il buono, il cattivo, il caotico o il neutrale.

La psicologia a sua volta influenza persino gli alberi delle statistiche e le abilità attive e passive. Infine, zigzagando tra fazioni di esseri umani in lotta alle quali possiamo aderire, con cui possiamo combattere, che possiamo evitare del tutto facendo finta che non esistano, si spalanca un vero vaso di Pandora. Al suo interno c’è un gunplay soddisfacente ma semplice, in tempo reale, con tante armi dal feeling diversissimo. Ci sono personaggi secondari memorabili, equipaggiamenti dal design eccellente, mondi e creature aliene incredibili così come facilities umane molto più tangibili e realistiche. 

STARFIELD RECENSIONE

Testato su PC e Xbox Series X (disponibile in esclusiva anche su Xbox Game Pass)

Starfield non è il gioco “infinito” che tutti auspicavano, ma non è nemmeno “solo” un altro gioco Bethesda uguale a tutti i precedenti. Certo è che se non apprezzate Fallout o Skyrim, il loro modo di essere giochi di ruolo, Starfield non è abbastanza distante da quella formula per interessarvi. Non c’è tutto il cosmo a portata di nave, ma piuttosto pianeti che alternano città come quelle appena descritte a boschi dove scovare strutture interessanti, craftate a mano come da tradizione dei dungeon di Bethesda.

Rispondiamo ora alla domanda posta nel precedente paragrafo: tra Spazio e passeggiate, vincono le passeggiate. Vince il gameplay terrestre, che pur evidentemente semplificato in alcuni ambiti rispetto al passato glorioso della compagnia, si complica enormemente, in senso buono, in tutti gli altri aspetti della produzione. C’è meno “Spazio” con la S maiuscola in Starfield di quanto alcuni fan avrebbero voluto. Per colpa del marketing poco chiaro? A causa di aspettative e hype troppo elevati? Forse. Ma lo abbiamo detto e lo ripetiamo: non è per forza un difetto. 

La struttura impostata da Bethesda è invece, secondo noi, un trampolino di lancio eccellente dal quale si potranno (e dovranno, però) lanciare con facilità nuovi contenuti. DLC narrativi, certo, ma non solo. Nuove possibilità di interazione con i pianeti magari. Più missioni di combattimento spaziale forse. O ancora, un incremento di situazioni opzionali e slegate dalla storia principali a cui far fronte, tra strutture umane o aliene, in bilico tra mistico, tecnologico e iperrealistico. Non fraintendeteci però: anche così com’è ora, al netto dei problemi tecnici, che speriamo siano sanati con patch celeri, Starfield ci è piaciuto moltissimo. E quelli che per alcuni sono stati “tagli” a un gioco che alcuni immaginavano diverso e più concentrato sullo spazio, riteniamo siano per la maggior parte “potature necessarie”. Elementi distintivi di un’esperienza che mette l’uomo al centro, come il nucleo di un atomo. Per far girare intorno a lui tutto l’universo.

VOTO: 8.9

+Un gioco spaziale “punk”
+Scorci paesaggistici da capogiro
+Gunplay che funziona, ottima e profonda componente GDR
+Storia principale interessante, secondarie strutturate e ben distribuite
+Costruire e vivere nella propria navicella è bellissimo…

-…ma in effetti, nei limiti preimpostati, ci piacerebbe guidarla più spesso
-Le strutture opzionali da esplorare disegnate a mano sono poche e spesso simili
-C’è qualche bug di troppo e un’IA da rivedere

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