Sono passati ormai 32 anni da quel 14 settembre 1991, quando un folle aggredì uno dei capolavori simboli dell’arte e della cultura italiana. Ma cosa è successo in quell’attentato al David di Michelangelo Buonarroti? Analizziamo i fatti di cosa è successo alla statua quel giorno nel nostro Metropolitan Today.
L’attentato al David a opera di Pietro Cannata
Il 14 settembre 1991 Pietro Cannata, in un raptus di follia, aggredisce l’opera sita nella Galleria dell’Accademia di Firenze sostenendo che fosse stata “La bella Nani” del Veronese a chiedergli di farlo. L’uomo dunque, armato di martello, colpisce il marmo della statua. Ma, seppur non abbia arrecato gravi danni (il restauro infatti si è concluso con successo), la morale e l’umore degli italiani era stato gravemente ferito. Si tratta infatti di una delle opere più famose al mondo.
Fortunatamente il restauro è stato facilitato dal fatto che tutti i frammenti delle zone danneggiate sono stati recuperati subito dopo l’aggressione. Era infatti stato danneggiato l’alluce e le prime due dita del piede sinistro. Per ricostruirla furono utilizzati sia i frammenti recuperati, che alcuni calchi che nel corso della storia erano stati prodotti. Ma l’allora direttore del museo affermò che “L’impatto morale rimane. La statua più famosa del mondo è stata danneggiata“.
La statua più famosa del mondo
Il David di Michelangelo è una scultura marmorea alta 520 cm, basamento di 108 cm incluso, conservata nella Galleria dell’Accademia a Firenze. La sua storia comincia il 16 agosto 1501, quando i consoli dell’Arte della Lana e gli Operai del Duomo di Firenze commissionano a Michelangelo, per un compenso totale di 400 ducati, una statua di re David. Questa doveva essere collocata in uno dei contrafforti esterni, posti nella zona absidale della cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Michelangelo inizia la sua opera il 13 settembre 1501, e termina la statua nell’aprile 1504. Per deciderne la collocazione fu convocata una commissione di esperti, tra cui Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Filippino Lippi, e Andrea della Robbia. La commissione stabilì di collocare il David, come desiderato da Michelangelo, in Piazza della Signoria. In particolare, sulla gradinata di Palazzo Vecchio, dove allora si trovava la “Giuditta” di Donatello. Il trasporto della grande opera dal cantiere del Duomo alla piazza durò circa quattro giorni. E soprattutto, ci vollero ben 40 uomini per trainare la statua, che era anche sorvegliata a vista, per essere protetta dalle sassate di qualche moralista (che non approvava la nudità del soggetto; sappiamo con certezza che 8 persone subirono l’arresto).
Il successo della statua del David di Michelangelo fu immediato tanto che Giorgio Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nell’edizione del 1550 scrisse:
e veramente che questa opera ha tolto il grido a tutte le statue moderne et antiche, o greche o latine che elle si fossero […] perché in essa sono contorni di gambe bellissime et appiccature e sveltezza di fianchi divine; né mai più s’è veduto un posamento sì dolce né grazia che tal cosa pareggi, né piedi, né mani, né testa che a ogni suo membro di bontà d’artificio e di parità, né di disegno s’accordi tanto. E certo chi vede questa non dee curarsi di vedere altra opera di scultura fatta nei nostri tempi o ne gli altri da qualsivoglia artefice
Giorgio Vasari, Vite de’ più eccellenti pittori
Un altro esempio di aggressione
L’attentato al David di Michelangelo non è l’unico esempio di terrorismo artistico. Anche un’altra opera d’arte fu aggredita da un folle. Ben 19 anni prima anche la Pietà, sempre di Michelangelo Buonarroti ma sita nella Basilica di San Pietro nella città del Vaticano, fu sfregiata. A farlo fu l’ungherese Lazlo Toth. Che colpì la Pietà con un martello, sfigurando il volto della Madonna e frantumandone il braccio sinistro. L’opera, pazientemente ricostruita, è ora protetta da un vetro di sicurezza.
Toth sosteneva infatti di dover compiere il gesto entro il compimento dei suoi 34 anni. “Cristo è risorto! Io sono Cristo!”: questo aveva gridato entrando nella basilica. L’azione è durata almeno un paio di minuti: un giovane vigile del fuoco, Marco Ottaggio, ventenne, riesce alla fine ad avere la meglio su Tóth. Il vigile del fuoco dieci giorni dopo verrà insignito da Paolo IV della croce di cavaliere dell’ordine pontificio di San Gregorio Magno, per il suo gesto di salvataggio.
Marianna Soru
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