Dopo il grande annuncio dato ad Agosto a pochi giorni dall’ufficializzazione dei programmi della SS24, Marni termina ufficialmente il suo tour di show, che lo hanno visto presentare le ultime 3 collezioni in 3 capitali internazionali, lontane tra loro ma vicine nel concetto di sperimentazione. ‘’Dopo un lungo, lunghissimo viaggio si vuole tornare a casa’’, aveva, così, comunicato il gruppo di proprietà, specificando di non voler interrompere il viaggio ideale del brand, ma di voler ritornare in Italia. E così, per l’ultima tappa di questo percorso, Parigi, lo scorso 27 Settembre, è mutata in un libro favolostico, le cui pagine hanno preso vita divenendo abiti, tra le stampe multicolor di giacche e gonne e gli stucchi novecenteschi di una location d’eccezione.
Marni SS24: la femminilità ritrovata, l’invito al contatto e la location unica
Un gran finale che coincide con la conclusione di un viaggio alla scoperta di mete lontane e culture diverse, per poi scoprire che l’abito parla sempre la stessa lingua: quella dei desideri. Ancora una volta, Francesco Risso, direttore creativo di Marni, costruisce, tra mura di carta stampata, una fortezza per i desideri della donna, ricordandogli che l’immaginazione è il motore del futuro. Un’immaginazione che si dimostra reale, tangibile, materica e che chiede di essere indossata per essere vissuta, e che richiama al contatto. È forse proprio questo l’invito di Risso, ‘’toccare’’, trasmesso anche dalla prossimità, che quasi annulla la distanza, tra un ospite e l’altro e tra gli ospiti e le modelle. Così il pubblico, assiepato tra il salone interno ed il giardino, assiste ad una collezione fisica, che lo stesso Risso definisce come ‘’tridimensionale e che sa di futuro’’. Quel futuro che ora si incornicia nella storia, quella delle camere dell’appartamento parigino di Karl Lagerfeld, che sembra accogliere silenziosamente la collezione: per una volta il grande designer, scomparso ormai da anni, è spettatore nella propria abitazione di una narrazione ben lontana dalla sua, ma della quale condivide il soggetto: la donna.
Il valore dell’abito finito
La femminilità ‘’ritrovata’’, nascosta sotto stampe tridimensionali, forme ingombranti e strutture tessili innovative, è protagonista di uno story-telling che non si interrompe mai: è questa l’impresa del direttore creativo, quella di ideare abiti che non appartengano ad un tempo preciso, ma che si muovano tra il passato ed il presente come pagine di un libro che si sfoglia da solo. E se questo è possibile è solo grazie alla materia, a quel tessuto che riveste il corpo, che molto spesso si è abituati a non toccare, a guardare ma non a sentire:
‘’come gli abiti, li tocco e vengo toccato. Gli abiti: le gonne fluttuanti di cotone, i soprabiti, i top, i pattern. Sono sempre stati lì, ma solo ora li abbiamo ritrovati. E li ritroviamo di nuovo come una volta’’
dice Francesco Risso al termine dello show, riportando all’attenzione dell’industria il valore dell’abito finito, collaudato, e del quale ci si deve ogni volta stupire. Un messaggio all’apparenza comune, ma dal contenuto straordinario, che espresso in un periodo di digitalizzazione del reale dove tutto è programmato ed immediato, è un invito esplicito a sorprendere ed a prendersi cura del tempo.
Una collezione esperienziale
Abiti che acquisiscono una propria tridimensionalità in uno show che è un continuo di completi dalla stampa unica, micro gonne ampie con guardinfante, ensemble con macro skirt e giacche dal taglio rigido che sembrano adagiate, come accessori, sul corpo delle modelle. E poi ci sono i patch floreali che costruiscono un giardino immaginario dalle tinte rigogliose, con abiti in chiusura che rappresentano un complesso lavoro di valorizzazione del prèt-â-porter che diventa quasi un’opera. Maestria artigianale e sperimentazione, quella inconfondibile del brand, accompagnano la femminilità di Marni in una nuova fase più matura, ma in fondo si sa, dopo un viaggio si torna sempre diversi, figuriamoci dopo uno di due anni.
Luca Cioffi
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