Inizialmente previsto in uscita negli Stati Uniti per settembre 2022, Wonder: White Bird è stata una delle prime pellicole vittima dello sciopero degli attori e dei conseguenti rinvii. Uscita in Italia prevista per novembre, è stata poi spostata a gennaio 2024 per meglio adattarsi ai trimestri di distribuzione. il film è una ottima operazione di marketing e produzione. Nasce come spinoff di Wonder ma, all’atto pratico, il “wonderverse” è solamente una scusa, un contorno per poter meglio vendere la storia narrata in White Bird. Effettivamente, i rimandi a Wonder si consumano nei primi cinque minuti di film, attraverso la figura di Julian. è quindi quasi un pretesto quello del legame con il film di Owen Wilson per far narrare a Marc Forster una storia sulla gentilezza, sulla capacità di accettare gli altri e di saper gestire le differenze che rendono unici. E il regista tedesco lo fa tramite un film furbo, mai esageratamente sdolcinato ma sempre con un sottile velo commovente che colpisce chiunque. una pellicola riuscita nel suo insieme e perfetta per il periodo natalizio d’uscita.

Wonder: White Bird la recensione – salvarsi

Wonder: White Bird – Hellen Mirren e Bryce Gheisar in una scena del film

Dopo gli eventi di Wonders, Julian, il bullo del primo film, fatica ad integrarsi nella sua nuova realtà scolastica. Riceve la visita della nonna (interpretata da una sempre splendida Hellen Mirren, relegata ad un ruolo da quasi Cameo, più che una parte vera e propria). Nel tentativo di aiutarlo a superare la difficoltà nel fare amicizia, la nonna Sara inizia a raccontare la storia di come, da piccola, si salvò dalla deportazione in una Francia invasa dai tedeschi. Inizia così il vero fulcro narrativo del film, quello che racconta la storia della piccola Sara e del suo compagno di scuola Julian (nome che poi darà al figlio e poi sarà dato al nipote). Prima con il rastrellamento della piccola cittadina francese, poi la fuga di Sara e l’aiuto dello stesso Julian che la nasconde nella stalla di famiglia per più di un anno. È qui che il film assume la sua forza maggiore. Il racconto del rapporto che cresce tra i due è, probabilmente, la cosa più riuscita nella pellicola. Il passaggio tra compagni di scuola che non si guardano neanche, ad amici fino a qualcosa di più è raccontato con la delicatezza e la bravura che contraddistinguono i lavori recenti di Forster. Pensiamo, ad esempio, a Non così vicino, una pellicola con tanti difetti ma che seguo un po’ lo stesso motivo narrativo sull’accoglienza e la gentilezza. E proprio con gentilezza e calore il regista dirige la maggior parte del film che non è mai esageratamente sopra le righe, non si appoggia mai a slogan e frasi forzatamente d’amore ma anzi, rischiara una luce in un mondo buio come quello del nazifascismo.

Alcune sbavature

Le problematiche principali sorgono verso l’inizio del terzo atto, dove tutta quella delicatezza e sensibilità narrativa nel raccontare il rapporto tra due bambini che sfuggono dalla guerra attraverso la fantasia e l’amicizia, si sfoga in soluzioni narrative quanto mai azzardate. Lo sbocciare di questo amore tra i due da lento e semplice sembra velocizzarsi tutto un tratto fino al suo compimento in una scena un po’ troppo Kitsch ed esagerata. E la figura più debole del film è sicuramente quello che potremmo considerare l’antagonista (oltre il regime nazista in sé), ovvero il compagno di classe di Sarah e Julian che diventa soldato e bracca i due per tutto il tempo. La sua risoluzione è una forzatura bella e buona. E, per quanto nella più candida delle aspettative la si possa interpretare come una visione di una giovane sotto shock, rimane, comunque, una forzatura. Ma a parte questo, Wonder: White Bird è un film che sa emozionare il pubblico e sa come giocare con questo tipo di dramma adolescenziale. Furbescamente, innegabile, ma in modo gentile. Un buon film per il periodo natalizio e, tutto sommato, una pellicola che lascia qualcosa.

Alessandro Libianchi

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