Per chi apprezza l’eclettico Jim Morrison, il primo marzo è sicuramente una data da ricordare. In questo giorno, nel 1969, il rocker fu infatti arrestato per atti osceni in luogo pubblico. D’altronde, che James Douglas Morrison fosse un provocatore nato, era risaputo da tutti. Sveglio e intelligentissimo sin da bambino, il giovane Jim ebbe un’adolescenza turbolenta, fatta di ribellione e trasgressioni, per poi approdare, nella primavera del 1964, alla Facoltà di Cinematografia all’Università della California di Los Angeles.
Qui, ben inserito in uno stile di vita bohémien, conobbe il tastierista Ray Manzarek, che, nel luglio del 1965, gli propose di formare un gruppo. Reclutati anche il chitarrista Robby Krieger e il batterista John Densmore, la band venne ufficialmente fondata. Il nome, The Doors, fu scelto da Morrison in omaggio a una poesia di William Blake. Poi, ebbe tutto ebbe inizio. Tra eccessi e successi discografici, I Doors divennero uno dei cardini del rock a stelle e strisce, incontrando il favore dei fans, nonostante le critiche feroci da parte dei detrattori. Nel settembre del 1968, i quattro partirono per un tour che toccò diverse città europee, prima di fare ritorno negli USA. La sera del 01/03/1969, Morrison e soci avevano in programma un concerto al Dinner Key Auditorium di Miami, ma qualcosa andò storto.
Jim Morrison: l’incidente di Miami
L’evento in Florida era stato problematico sin dal principio: Jim aveva perso due aerei perché si era trattenuto troppo a lungo al bar dell’aeroporto, ed era arrivato a destinazione in ritardo e visibilmente alterato da alcol e droghe. La sala era un vero e proprio carnaio; gli organizzatori avevano stipato quanta più gente possibile nell’Auditorium, e oltre dodicimila persone erano in attesa dei loro beniamini. Il malcontento, ovviamente, serpeggiava tra la folla. Una volta al completo, il gruppo salii sul palco, ma fu subito chiaro che il frontman non fosse del tutto in sé. Nonostante i suoi compagni avessero iniziato a suonare, il performer era distratto dal pubblico, a cui continuava a chiedere da bere.
La situazione degenerò velocemente. Morrison non smise mai d’interfacciarsi con l’orda di giovani accorsi ad ascoltarlo, ora insultandoli, ora incitandoli all’amore libero. Nel frattempo, istigò un poliziotto, togliendogli il cappello e lanciandolo e lo lanciò nella ressa. Poi, qualcuno si arrampicò sul palcoscenico con un agnello in braccio, e il cantautore scherzò sul fatto che fosse troppo piccolo per avere un rapporto con lui. Infine, chiese al presenti di denudarsi, e decise di fare altrettanto.
Il 1° marzo 1969, tra mito e realtà
Cosa accadde dopo, non è del tutto chiaro. C’è chi sostenne che qualcuno avesse lanciato dello champagne sull’artista, e che lui si fosse limitato a sfilarsi la camicia. Altre fonti, ben più numerose, assicurarono che Jim avesse tenuto fede alla sua volontà di mostrarsi nudo, esponendo effettivamente le sue parti intime a favore di pubblico. Altri ancora, addirittura, giurarono di averlo visto simulare gesti espliciti, servendosi dei propri genitali.
Tra fantasia e realtà, una cosa è certa. Morrison venne arrestato seduta stante e trascinato via dallo stage, per essere processato per direttissima. La causa si concluse con una condanna solo per reati minori, e l’imputato fu prosciolto dalle accuse di ubriachezza molesta e reato di oscenità. Tuttavia, lo scalpore destato dal cosiddetto “incidente di Miami” segnò il principio della parabola discendente del Re Lucertola, sempre più sprofondato in se stesso e nei suoi vizi. Un declino inarrestabile che incontrò una brusca fine a Parigi, il 3 luglio 1971, giorno della sua morte.
Genio e sregolatezza, talento ed esagerazione, musica e autodistruzione. Membro del tristemente noto “Club 27“, come Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse e altri. Jim Morrison visse la sua vita alla massima velocità e, con altrettanta foga, se ne andò, lasciando dietro di sé canzoni, poesie e notti entrate nella leggenda, come quella del 1° marzo 1969.
Federica Checchia
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