Trent’anni e non sentirli. L’11 aprile 1994 gli Oasis hanno fatto irruzione nella scena britannica con il singolo Supersonic e, da allora, come si suol dire, la musica è cambiata. La band, formatasi a Manchester e guidata dai leggendari Liam Gallagher e Noel Gallagher, è stata pioniera nel suo genere e ha segnato in modo indelebile gli anni Novanta, e non solo.
Una carriera costellata di successi, da Wonderwall a Don’t Look Back in Anger, da Live Forever a Stop Crying Your Heart Out, classici che tuttora reggono la prova del tempo. Quasi vent’anni di attività, e infinite polemiche, tra eccessi e rivalità con i colleghi. Memorabile l’antagonismo con i Blur e con il loro frontman, Damon Albarn. Uno scontro che ha infiammato il Regno Unito e che ha dato vita alla cosiddetta “Battle of Britpop”, paragonata addirittura alla competizione tra Beatles e Rolling Stones. E poi, ovviamente, i litigi tra i due fratelli. Un rapporto di amore-odio che ha inizialmente alimentato il clamore intorno alla rock band inglese, ma che, con il tempo, ha finito per logorare gli equilibri interni, fino allo scioglimento ufficiale, nel 2009. Una storia, quella degli Oasis, con un finale aperto e incerto -i fans non hanno mai smesso di chiedere una reunion- ma con un esordio esplosivo, dovuto proprio a quel brano, pubblicato esattamente tre decenni fa.
Oasis: la nascita di Supersonic
Traino del primo album del gruppo, Definitely Maybe, Supersonic ha visto la luce grazie a Tony Griffiths, leader di un altro complesso, The Real People. Gli Oasis si trovavano nello studio di registrazione Pink Museum di Liverpool, pronti a incidere altro, e Noel canticchiava una melodia tra sé e sé. Passando, il cantante gli fece notare quanto quel motivetto improvvisato fosse valido, e gli consigliò di lavorarci su. Fu preso in parola: Noel scrisse velocemente il testo e il pezzo venne registrato, con l’intervento dello stesso Griffiths, che si occupò delle seconde voci.
I Gallagher e gli altri membri non riuscivano a mettersi d’accordo su quale fosse la scelta migliore per il debutto. Il loro produttore, Alan McGee, era a favorevole a optare per Bring it On Down, ma quando sentì Supersonic cambiò idea. Ci mise un po’ a decollare (è diventata Disco d’Argento solo nel 2006), ma consentì ai ragazzacci di Manchester di farsi conoscere, dando effettivamente inizio a tutto. Oltreoceano, però, l’apprezzarono da subito; negli USA raggiunse l’undicesima posizione nella Billboard Modern Rock Tracks.
L’ambiguità del testo e altre curiosità
Il singolo uscì con tre lati B: una demo di Columbia, in seguito inclusa nel disco; Take Me Away, con Noel alla chitarra acustica e voce, e I Will Believe, registrato dal vivo nel 1993. È considerato “un po’ lungo”; di norma, una canzone rock ha una durata che oscilla tra i 3:40 minuti e i 4:30. Supersonic, invece, sfora di qualche secondo. La copertina, che consiste in due scatti di uno studio, uno con la presenza della band e uno senza, è opera di Michael Spencer Jones. Il fotografo si guadagnò la loro fiducia, tanto da essere richiamato anche per altri album, primo fra tutti, il celeberrimo (What’s the Story) Morning Glory?.
Alcuni passaggi del testo, tuttavia, destarono delle perplessità. I versi «I know a girl called Elsa, She’s into Alka Seltzer… She done it with a doctor on a helicopter» furono oggetto di discussione. In molti, infatti, credevano che Elsa fosse una ragazza reale e che, tra le righe, vi fosse un vago riferimento alla prostituzione adolescenziale. Non era, ovviamente, così: diversi brani degli Oasis, come confermato dai diretti interessati, non hanno un vero e proprio senso. Per dovere di cronaca, Elsa era un rottweiler con problemi di flatulenza.
Supersonic e l’omaggio ai Beatles
Evidente è, invece, l’intento di omaggiare i Fab Four, dei quali sono appassionati estimatori. La frase «Can I ride with you in your B.M.W? You can sail with me in my yellow submarine», è un chiaro riferimento alla hit del 1966. Anche il videoclip di Supersonic, in qualche modo, rimanda ai quattro di Liverpool. Esistono due versioni del filmato, una per la madrepatria e una per gli Stati Uniti. Nella prima, gli Oasis si trovano sul tetto di un magazzino in Euston Road, a Londra. Un’ambientazione che non può non far pensare al famoso concerto sui tetti della Apple Corps tenuto dai Beatles nel 1969, entrato nella storia per essere la loro ultima esibizione live.
D’altronde, negli anni, i Gallagher e soci non hanno mai nascosto la volontà di onorare i loro beniamini e la speranza di eguagliarli. Di certo, le sonorità, il mood e anche alcune tracce della loro discografia, hanno più di una somiglianza con il sound di Paul McCartney & Co. La stessa Supersonic è ritenuta simile a My Sweet Lord, pezzo di George Harrison del 1971. Ispirazione beatlesiana o no, una cosa è certa; da quel giorno di aprile del 1994, gli Oasis hanno dato vita a piccoli e grandi capolavori musicali, amati ancora oggi. Perché in fondo, nonostante il continuo battibecco tra Liam e Noel non prometta nulla di buono, tutti speriamo ancora nel loro ritorno.
Federica Checchia
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