In questi giorni si è sollevata un’accesa polemica in merito all’affitto della Biblioteca Braidense per la cena aziendale di VeraLab, il brand dell’Estetista Cinica (al secolo Cristina Fogazzi). Nonostante l’indignazione dei milanesi (e non solo), tutto si è in realtà svolto secondo i piani. Questo perché, già dal 2016, è previsto che le aziende paghino un affitto che gli permette di realizzare eventi, cene e sfilate all’interno degli spazi braidensi, come in questo caso la Biblioteca. Ma come nasce e come diventa uno spazio pubblico?

La storia della Biblioteca Braidense di Brera

La biblioteca nasce quando la Congregazione di Stato per la Lombardia acquista il fondo del Conte Carlo Pertusati, donata poi all’Arciduca Ferdinando (il figlio di Maria Teresa d’Austria). E proprio nel 1770 la stessa Maria Teresa si rende conto della mancanza a Milano di una biblioteca di uso comune, che vuole coltivare il proprio ingegno e acquisire nuove cognizioni. All’epoca era già attiva l’Ambrosiana ma, stando a Maria Teresa, era “non sufficiente” in quanto “ricca di manoscritti ma non di “libri stampati”. Così, il fondo Pertusati diventa di destinazione pubblica. Nel 1773 si scioglie la Compagna di Gesù per volere di Clemente XIV.

Così, lo Stato acquista il Palazzo del Collegio gesuitico di Brera, costruito sul convento degli Umiliati, e posiziona li la biblioteca, che apre ufficialmente al pubblico nel 1786. Due anni dopo arriva anche la raccolta del medico Albrecht con Haller di Berna, che inaugura la sezione scientifica, insieme alle raccolte del cardinale Angelo Maria Durini. Ovviamente, la soppressione degli Ordini religiosi porta ulteriori fondi di libri antichi, e i duplicati della Biblioteca Imperiale di Vienna. Dopo un primo inserimento nel 1793 degli editti pubblici, nel 1848 la disposizione di raccolta degli avvisi del Governo diventa legge sul diritto di stampa. La Braidense diventa già dal 1880 “Nazionale”. Ed era all’epoca una grande biblioteca di carattere generale. Arrivano col tempo anche altri fondi come il Gabinetto Numismatico, la collezione bodoniana Mortara, la raccolta di cultura ebraica, la miscellanea Viesseux e la libreria Correnti.

In tempi moderni

Nel 1889 venne arriva la raccolta drammatica Corniani Algarotti. Nel 1885 poi acquisisce anche il celebre fondo manzoniano tramite donazione. Inoltre, le racconte del Novecento contribuiscono a completare una delle Biblioteche più famose e complete. Si tratta poi sia di un istituto di conservazione e tutela dei fondi antichi, sia di un servizio dedito ad un pubblico di cultori della ricerca storica e letteraria e al tempo stesso specchio della grande produzione letteraria milanese. Solo dal 2015 è confluita nel sistema museale della Pinacoteca di Brera. Ad oggi dunque fa parte del complesso che conta l’Accademia e la Pinacoteca. Le politiche di gestione sono sicuramente magistrali, soprattutto per quanto riguarda valorizzazione.

Dal 2016, anno di grandi cambiamenti per la Pinacoteca e la Biblioteca, la politica di gestione ha previsto l’apertura a privati: sfilate, eventi e cene sono diventati un appuntamento quasi consueto. Questo perché, contrariamente a quanto si pensi, la manutenzione, la tutela e la valorizzazione di un museo non sono nè gratuite, ne sostenibili completamente da parte dello Stato. Il dibattito è aperto da sempre: è giusto aprire ai privati? E se si, in che misura? A chi si chiede se sia giusto fare una cena per soldi, una riflessione: se pure Brera, uno tra i musei più famosi al mondo, ha bisogno di 80mila euro, come possiamo pensare di mantenere la cultura un affare pubblico senza renderlo un mero deposito aperto al pubblico passivamente?

Marianna Soru

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