Accuse e controffensiva tra il Vaticano e la famiglia Orlandi: “Non stanno dicendo la verità”

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Di Alessia Spensierato

L’audio andato in onda su La7 dovrebbe far parte della memoria portata da Pietro Orlandi, fratello della ragazza, al promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi che a gennaio ha aperto un fascicolo sulla scomparsa e che ha accettato di ascoltare Orlandi martedì scorso. Sempre martedì, il familiare di Emanuela è andato ospite nella trasmissione di Floris ed ha pronunciato parole che hanno creato molte polemiche“Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case”, ha affermato Pietro.

Parole che hanno indignato molti fedeli e che hanno provocato la reazione del segretario storico di Giovanni Paolo II, il cardinale Stanisław Dziwisz che ha definito “accuse farneticanti e criminali” quelle ascoltate nello studio televisivo e si è augurato che “l’Italia saprà con il suo sistema giuridico vigilare sul diritto alla buona fama di chi non c’è più”.

Frasi che secondo l’avvocata che assiste Orlandi sono state anche depositate durante la deposizione in Vaticano dal Promotore di giustizia, al quale ha ribadito che non voleva accusare direttamente nessuno. «Ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbiamo condizionamenti – ha aggiunto Sgrò – Spiace che alcune persone abbiano estrapolato qualche frase, manipolando il quadro complessivo delle sue dichiarazioni». La replica di Sgrò arriva dopo le proteste del cardinale polacco Stanislaw Dziwisz, ex arcivescovo di Cracovia e segretario personale di papa Giovanni Paolo II che aveva definito le frasi di Pietro Orlandi: «Accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi esse stesse criminali». Sgrò risponde: «Spiace, altrettanto, che, tra coloro che lo accusano a mezzo stampa di ledere la memoria di chi non c’è più, vi sia anche chi, contattato negli anni dal signor Orlandi, si sia sempre sottratto a un confronto autentico e sincero con lui».

Il comunicato del cardinal Dziwisz , a cui è seguito un editoriale dello stesso tenore scritto dal direttore dei media vaticani Andrea Tornielli, ha suscitato la reazione dell’avvocato di Orlandi che in una nota ha parlato di frase estrapolata ed ha contrattaccato sostenendo che l’ex segretario di Giovanni Paolo II – di cui però non si fa il nome esplicitamente – sarebbe stato “contattato negli anni numerose volte dal signor Orlandi” e che si sarebbe “sempre sottratto a un confronto autentico e sincero”. Un giudizio che si contrappone a quello che invece Pietro e chi lo assiste hanno riservato all’iniziativa del promotore Diddi: la convocazione in Vaticano del fratello in un colloquio di otto ore è stata definita una svolta storica, rilevando come in passato l’uomo non sarebbe stato ascoltato così approfonditamente.

Sul caso Orlandi resta aperta in Vaticano l’indagine voluta da Francesco a dieci anni dalla sua elezione e aperta a gennaio dal promotore Alessandro Diddi. Quest’ultimo ha accettato di incontrare Pietro Orlandi che ha salutato come “giornata storica” quella del suo colloquio. Tuttavia è difficile far passare il messaggio di un Vaticano che per la prima volta accetta di collaborare per fare luce sulla vicenda: dal 1983, infatti, la linea ufficiale è sempre stata quella di rivendicare la collaborazione e la trasparenza nei confronti degli inquirenti italiani e della famiglia con cui durante tutti e tre gli ultimi pontificati si è cercato di aiutare le indagini. Accreditare questa tesi da parte vaticana significherebbe smentire quanto è stato fatto e detto in questi quaranta anni per respingere l’accusa di custodire segreti sulla vicenda e getterebbe discredito non solo sugli anni di Giovanni Paolo II, ma su tutti e tre gli ultimi pontificati.

Pietro Orlandi replica alle accuse

“Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché? Altro che strumentalizzare le parole, qui in questo titolo c’è il peggio del peggio”. Così Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la cittadina del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983 a 15 anni, commentando un articolo pubblicato su Vatican News dal titolo “Accuse a Wojtyla, Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi”.

“Ma come – scrive Pietro Orlandi in un lungo post su Facebook – sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi? Mi auguro solo sia un’incapacità nel riportare le notizie da parte del giornalista e non una dichiarazione del Promotore”.

“Oltretutto vorrei aggiungere che quando mi sono presentato l’11 aprile dal Promotore per essere ascoltato e verbalizzare ero insieme all’avv. Sgrò, lo stesso Promotore disse all’avv. Sgrò che avrebbe preferito che lei fosse rimasta fuori dalla stanza perché avevano intenzione di ascoltare me non alla presenza dell’avvocato – aggiunge Pietro Orlandi – che educatamente si congedò. Ma visto che nelle dichiarazioni fatte dalla Sgrò e riproposte in quest’articolo, cioè che aspettava da tempo una chiamata dal promotore Diddi per poter consegnare le famose chat whatsapp e poter fornire i nomi, ha preventivamente preparato insieme al sottoscritto una memoria con copie delle chat, i nomi e tutte le dichiarazioni che mi sarei apprestato a dire a voce. La Sgrò prima di uscire dalla stanza ha consegnato in doppia copia il memoriale, che è stato protocollato e letto a voce alta dallo stesso Diddi. Una copia al promotore e una all’avvocato”.