Afghanistan: la terra dove le donne non hanno diritti

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Di Francesca Mazzini

In vista dell’8 marzo, ricorrenza in cui l’Occidente celebra la Giornata internazionale dei diritti della donna, con Brave vogliamo ricordare che paesi come l’Afghanistan e l’Iran non si avvalgono nemmeno di questo simbolo, anzi fanno della discriminazione femminile un baluardo del proprio sistema politico. Dopo la caduta di Kabul il 15 agosto 2021, i Talebani hanno reso l’Afghanistan – giorno dopo giorno – una terra dove le donne non hanno diritti. 

La condizione femminile in Afghanistan dopo la caduta di Kabul

Da quando i Talebani sono tornati al potere, si è verificata una vera e propria escalation di restrizioni imposte alle donne. Dall’estate 2021 hanno preso il via provvedimenti e innumerevoli violenze rivolte a limitare – o meglio annientarei diritti e le libertà delle donne afghane

Ma partiamo con ordine. Il colpo di stato dei talebani ha fin dal principio impedito alle donne di lasciare il paese, permettendo loro di muoversi solo in presenza di un accompagnatore maschio. La prima mossa da compiere era quindi quella di restringere la libertà di movimento, per costringere le donne a restare bloccate in Afghanistan. 

La messa in ginocchio dei diritti delle donne si ufficializza a livello “legale” nel settembre 2021, con l’abolizione del Ministero degli affari femminili – sostituito con il Ministero della promozione della virtù e prevenzione del vizio – tramite cui hanno preso progressivamente il via le limitazioni del diritto allo studio e al lavoro

Le ragazze sopra i 12 anni non possono più frequentare la scuola, alle donne è vietato lavorare nel campo umanitario. Viene istituito un severissimo codice di abbigliamento obbligatorio, a causa del quale le denunce sul costume e la morale subiscono un incremento fortissimo. 

Alle donne è proibito frequentare l’università, Kabul e le altre principali città diventano teatri di protesta. Aumentano i bagni di sangue tra le folle in rivolta, le vittime della polizia – che sembra aver dimenticato il rispetto per i diritti umani fondamentali – sono quasi sempre giovani donne.  Anche molti uomini si uniscono alla lotta, in vista della degenerazione della situazione, che sembra addirittura peggiore della rivolta del 1979. Le forze dell’ordine compiono violenze disgustose: minacce, pestaggi, torture, esecuzioni extra giudiziali e sparizioni sono gli strumenti con cui agiscono all’ordine del giorno.

I divieti imposti dal regime dei talebani

Dal 2022 le condizioni di prigionia imposte alle donne si rafforzano a tal punto da diventare il simbolo del regime. I talebani sembrano voler cancellare i volti delle donne dal paese, arrivando a vietare la presenza femminile nei programmi di intrattenimento televisivo e imponendo il velo alle poche presentatrici rimaste. 

Con il passare del tempo la situazione continua a degenerare, i divieti diventano talmente tanti da perdere il conto e arrivano a ricoprire qualsiasi ambito della vita quotidiana. Dall’inizio del 2023 giornali e notiziari riportano che le donne in Afghanistan non possono accedere a bagni pubblici, parchi, palestre, studi medici; continuano a non poter volare, non possono frequentare l’università e non possono lavorare per ong locali e internazionali. 

Il regime dei talebani ha fatto sì che l’Afghanistan sia diventato una terra in cui le donne non hanno diritti. Lo spazio vitale di bambine, ragazze e donne è sempre più ristretto, ogni giorno di più. Il messaggio che arriva nel resto del mondo è che l’Afghanistan non è un paese per donne. Ma le donne restano il cuore pulsante, perché dall’inizio della fine hanno continuato a lottare, con proteste e manifestazioni di ogni tipo: nelle piazze, per le strade, nelle scuole, nelle università, sui social. Ogni mezzo diventa un campo di battaglia per non cedere più nemmeno un centimetro di libertà agli oppressori che le vorrebbero invece arrese e in ginocchio. 

La forza della rivoluzione arriva in Occidente e le parole di Parisa Nazari

Questa forza merita di essere al centro dell’attenzione dei media e non solo. L’Occidente non può dimenticare o voltarsi dall’altra parte. Per celebrare la resistenza delle donne e denunciare gli abusi in Afghanistan e in Iran in questi giorni in Italia si è svolto il convegno I diritti negati delle donne, promosso dalla vice presidente della Camera Anna Ascani. 

Al convegno è stata invitata la mediatrice interculturale e attivista per i diritti umani Parisa Nazari, che ha raccontato la propria esperienza di vita e ricordato ciò che accade quotidianamente in quei paesi. Ed è proprio con le parole di Parisa Nazari che vogliamo chiudere la nostra riflessione: «Oggi in Iran e in Afghanistan ogni volta che una di noi esce di casa sa che può essere arrestata per il velo o semplicemente per come è vestita, il velo è uno strumento di potere. La donna deve essere modesta e praticamente invisibile. Ma oggi finalmente il mondo si è accorto della nostra forza ma la vera rivoluzione è che ci siano gli uomini accanto a noi. La società civile del mondo libero capisca che non può rimanere indifferente. Non si può stringere la mano ai regimi che sono sporchi di sangue».

Francesca Mazzini

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