In occasione dell’avvicinarsi dell’anniversario della drammatica strage di via D’Amelio abbiamo deciso di dedicare il nostro racconto ad uno degli elementi più misteriosi che caratterizzano la scena della drammatica morte del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta. Stiamo parlano della misteriosa agenda rossa del giudice che da quel giorno non fu mai ritrovata.
L’agenda rossa, l’inizio
Camminava con i suoi mocassini stretti già da mezz’ora ma non poteva fermarsi perché trasportava un carico più pesante della terra che calpestava. L’odore dolciastro dei corpi maciullati dall’esplosivo pensava di esserselo lasciato indietro e pure era stato costretto a tornarci, ad andare nel fumo di via d’Amelio. Confuso, già da qualche minuto, si domandava il perché, facessero tante storie per un’agenda rossa, una di quella con lo stemma dell’Arma, una di quelle che un amico carabiniere può regalare a chiunque. Aveva addirittura pensato di trovarne una identica per spacciarla per quella vera pur di non sporcarsi il suo completo nuovo. Fortuna che alla fine era arrivato un ufficiale dei carabinieri che qualcuno aveva pure fotografato distogliendo molto probabilmente l’attenzione da lui. Gli aveva consegnato la valigetta del giudice Borsellino senza colpo ferire. Ora veniva il difficile ossia resistere alla curiosità che premeva come un’incudine sulla testa. Aprire e vedere mentre tutti intorno a lui sembravano chiudere gli occhi. Strinse forte le mani perché dopo Capaci stava per cedere e aprire.
Il ritorno
300 metri più avanti si fermò ad un telefono pubblico. Inserì qualche gettone velocemente poi cercando di coprirsi il più possibile la bocca, “Ce l’ho“, disse”. “Bene”, rispose un agente dei Servizi, “vai fa quello che devi fare poi riporta tutto in dietro”. “Riportare tutto indietro?”, si chiese poco dopo mentre un fremito di paura gli tagliava le gambe in attesa dell’arrivo di una macchina. Dopo tutto quello che aveva fatto, dopo aver scatenato una guerra insieme a dei macellai sanguinari doveva pure tornare indietro con il rischio di farsi scoprire. Continuò a pensarci fino a quando un’auto nera accostò aprendo solo un vetro da cui un uomo sporse un braccio. Gli passò la valigetta ricevendone un’altra con le bruciature. Non domandò nulla come gli avevano insegnato. Ritornò verso via d’Amelio e il fumo tornò nuovamente a riempirgli le narici. Dopo qualche metro intravide morti coperti da cartoni di fortuna, poveri agnelli mandati a morire da uno Stato che non poteva o non voleva proteggerli.
La prima pagina
Erano le ore 17:30 e il caldo cominciava a stancarlo quando consegnò la valigetta ad un carabiniere chiedendogli, dopo essersi identificato, di metterla nell’auto di Paolo Borsellino. Nonostante tutto il suo corpo non si alleggerì e forse questa volta avrebbe dovuto portare un fardello pesante per molto tempo. 10 minuti prima la curiosità aveva vinto e aveva aperto quella maledetta agenda rossa leggendone la prima pagina. Se ne era reso conto solo ora dopo aver consegnato la valigetta perché quelle parole lette erano così dure che non potevano essere ascoltate. Eppure si scervellò su come chiamare i suoi superiori e chiedere conto di tutto questo sangue sparso in 57 giorni. Poi in fondo pensò perché chiedere quando la risposta sarebbe stata “non è vero, non è successo”, perché parlare se in fondo non ci sarebbe mai stata nessuna verità.