Alessandro Antinelli, la gioia nel raccontare……

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Di Redazione Metropolitan

Oggi sulle pagine della nostra redazione di Metropolitan Volley, abbiamo il piacere di ospitare una figura del giornalismo sportivo che nel corso degli anni, ha bruciato molte tappe, fino a divenire una delle figure di spicco dell’intera redazione sportiva, e non solo, della RAI, grazie alle sue capacità di essere camaleontico e far arrivare allo spettatore le giuste emozioni sul tema trattato.

Abbiamo incontrato con immenso piacere, in una gradevole chiacchierata Alessandro Antinelli, che in una settimana intensa di lavoro, ha accettato il nostro invito per scambiarci due parole.

Alessandro Antinelli, i suoi inizi

Alessandro Antinelli nasce a Roma il 2 agosto del 1974 e, come avrà modo di riferirci in seguito, inizia la sua carriera giornalistica facendo la “gavetta”, per poi arrivare a commentare quegli eventi che uno che fa questa professione, sogna per tutta la vita. Professione portata avanti con tanta passione, umiltà, sacrifici, giornate fatte di levatacce, ci ha parlato del suo traghettare dalla radio alla Tv, fino ad occuparsi, come fa oggi, di tante cose e non solo sportive.

Ciao Alessandro, partiamo un po’ dall’inizio. Raccontaci come hai iniziato a svolgere questa professione e dove.

Ho iniziato a diciotto anni in una radio locale di Roma, come passione ho sempre voluto fare il giornalista, sono stato anche uno sportivo, ho giocato a pallavolo, ed ho iniziato in una piccola radio della città, ho fatto tante radio locali fino al mio passaggio nel 1996 a RDS, che era nazionale e ci sono rimasto quattro anni. Nel 2000 sono entrato in RAI. La mia è una storia di gavetta, tanta e lunga. Per riassumere, a diciotto anni, studiavo, giocavo a pallavolo e andavo in radio.

Hai parlato del tuo passato sportivo, sappiamo che hai giocato a pallavolo e il tuo ruolo era il centrale. In quali squadre hai giocato e fino a che serie hai giocato?

Si esatto, ero centrale e ho giocato fino in Serie C. Ho giocato fino ai trentadue anni, oscillando tra la Serie C e la Serie D, terminando in questa categoria, visto che lavoravo già in Rai e il tempo era sempre di meno per fare altro. Dopodiché ho iniziato a giocare a beach volley al coperto, tutta un’altra storia, grazie a dei grandi insegnanti avuti, e ora sono solamente un giocatore di beach: indoor sono stato un onesto centrale della regione Lazio.

Le mie società pallavolistiche sono state Fonte Meravigliosa, As Volley Roma, Apsia ed ho iniziato quando ero piccolo, con il Marconi Stella, tutte società della capitale.

Sensazioni sempre sognate

La tua passione per lo sport ti ha portato a sognare di raccontare un giorno sport in radio o tv?

Beh si, in realtà ho sempre voluto fare il giornalista. Sia in RDS che in Rai, ho fatto e faccio anche cose anche un po’ diverse, non solo sport, come documentari, storie sociali, programmi di approfondimento….. i lunghi viaggi che faccio, li uso anche per raccontare. Nasco telecronista, anzi, nasco cronista, inviato, cosa che sono tuttora, ma ho sempre avuto questa idea di raccontare. Lo sport è stato la valvola di sfogo più facile per farmi arrivare e affermare, un trampolino di lancio, è stato tutto abbastanza normale anche se complesso, con gli anni di gavetta difficili. Questa è stata la mia carriera, lo sport mi da gioia, una gioia enorme, raccontare i grandi eventi di sport mi provoca una gioia grande, perché se sei stato uno sportivo e giocato a certi livelli, certe dinamiche le capisci un po’ meglio.

Quanto ti manca parlare e commentare di volley con continuità?

Mi manca tantissimo, però quando fai parte di un’azienda, di una redazione, sei a disposizione della redazione stessa e dai il tuo contributo lì dove serve. E’ normale che manchi, per uno che è stato uno sportivo, che ha raccontato quattro Olimpiadi, diverse edizioni degli Europei, Mondiali, ecc… senza nulla togliere ai colleghi che lo fanno.

Antinelli e il volley
Photo Credit: Lega Volley

Parliamo un po’ del campionato. Questo è un torneo davvero molto “anomalo”, quasi falsato, dal fatto che alcune formazioni, loro malgrado, a volte riprendono a giocare dopo settimane di inattività: quanto, secondo te, questo può incidere, andando avanti, sugli effettivi valori dei vari roster e la difficoltà ad esprimere il loro gioco?

Incide tantissimo. Dipende molto dalla rosa che si ha a disposizione. Basta pensare alla Lube, se si fa male o si ammala uno qualsiasi, hai la possibilità di sostituirlo con un altro elemento di livello. Oppure pensiamo all’emergenza che sta vivendo Trento: ti puoi permettere di giocare se hai la fortuna di avere un opposto come Nimir che in passato ha giocato palleggiatore e, in squadra un mezzo fenomeno, quale Michieletto, che ti risolve i guai. Credo che alla fine arriveranno quelle che hanno la panchina più lunga, è inevitabile e logico.

Il suo punto sul campionato

Il tuo pronostico, vede ancora la Lube la squadra da battere sia in campionato che Champions o hai delle tue outsider?

In Champions il discorso è un po’ diverso, soprattutto per la presenza delle squadre russe. In campionato è la squadra da battere, non c’è dubbio, hanno poi la fortuna di avere un allenatore così bravo, così bravo nella gestione dei momenti anche delicati, ed è come avere un altro fuoriclasse in campo. Uno come Fefè ti fa tanta tanta differenza. Prima ti parlavo di Trento, perché secondo me la squadra di Lorenzetti è davvero tanta roba e potrebbe dire la sua, ma allo stato attuale deve fare ancora molta strada, ecco perché ad oggi la Lube è ancora superiore.

Il percorso di Vibo fiora è stato bellissimo e importante, quanto ti ha stupito o prevedevi potesse avere una partenza così?

No affatto, per il lavoro che fanno a Vibo e i giocatori che scelgono, sia chi avevano lo scorso anno e chi hanno aggiunto quest’anno, sono così bravi a fare mercato, a scegliere i giocatori, che già lo scorso anno mi aspettavo un campionato come questo, per cui non sono sorpreso, la società la conosco bene e sono davvero bravi.

Alcuni giocatori se non hanno reso al massimo lo scorso anno, lo stanno facendo ora e qui entriamo in un altro tema: i giocatori bisogna anche saperli aspettare, non bocciare e giudicare in pochi mesi, specie quelli giovani, e questo a Vibo lo sanno fare. Sono stati bravi!!!

A parte i calabresi, c’è una squadra che ti ha sorpreso maggiormente o qualcuna che ti ha deluso, che invece mettevi tra le tue protagoniste? E tra i giocatori chi ti ha impressionato finora?

Impressionato torno a citare Michieletto e con piacere, lì vedo veramente, dopo un po’ di anni, un ragazzo di talento, un talento pallavolistico, uno che con la palla fa quello che vuole, sa fare tante cose e bene. Delusione……io mi aspetto sempre tanto da Modena, perché Modena è Modena, è il Dio della pallavolo, e i ragazzi che sono a Modena ora devono dare quel qualcosa in più e, anche se il PalaPanini è vuoto, lo devi a tutti quei stupendi tifosi che hanno una passione senza fine.

Antinelli in Rai
Photo Credit: A. Antinelli Facebook Official Account

Olimpiadi: le nazionali azzurre

Incrociando le dita, la prossima estate ci saranno le Olimpiadi. Come vedi le nazionali azzurre, quale ruolo possono recitare?

Le ragazze da medaglia. Da medaglia perché è arrivato il tempo che si prendano ciò che meritano a livello olimpico, perché poi, nei grandi tornei fanno anche bene, ma poi nell’Olimpiade non riescono mai ad arrivare a dama e, secondo me è arrivato quel momento. Perché se hai una nazionale giovane, compatta e con una giocatrice come la Egonu, tu devi prendere medaglia.

Per gli uomini è un altro discorso, perché lo è. Probabilmente sarà la stessa intelaiatura di quella di Rio e molto dipenderà dallo stato di forma nel dato momento di Ivan (Zaytsev) e di Osmany (Juantorena). Perché fermo restando Gianelli, che per me è un top giocatore mondiale, se Ivan e Osmany riusciranno a calibrarsi bene, e molto dipenderà anche da Blengini che farà del suo meglio per portarli in forma al torneo olimpico, puoi perdere, ma anche vincere contro chiunque. Oggi non so dirti come sta la nazionale italiana, ma se in quelle due settimane, quei due sono in forma, contro non ci vuole giocare nessuno.

Cosa suggeriresti a tutti quei ragazzi che si avvicinano alla tua professione, come preparare al meglio la cronaca di un match, a seconda dello sport e quali dettagli curare al meglio?

In tanti mi chiedono come fare. Ho sempre risposto: siete disposti a fare sacrifici, a lavorare per anni dalle cinque di mattina fino all’ora di pranzo o viceversa, dalla sera alla mattina, a lavorare tutte le domeniche, le feste. La cura dei numeri è importante, l’ho sempre detto, non sono tutto ma ti aiutano a capire meglio. Se tu conosci il gioco, guardi tante partite, riesci a capire se una squadra sta giocando male, anche senza leggere i numeri, perché: non devi andare a vedere le varie percentuali di ricezione, attacco, quanti muri…. tu lo capisci, se parliamo di pallavolo, se parliamo di altri sport, vale la stessa cosa. Il tema è: farlo con passione, farlo da giovane, studi ok, giochi ok, ma devi iniziare a fare la gavetta, andare nei campi minori e fare quello detto all’inizio.

Io ho iniziato dal basso, dal calcio a 5, dalla pallanuoto, dalla serie A1 e A2 di pallavolo a Roma, non sono nato telecronista della finale Olimpica, dei campionati di calcio, della finale di Champions League, ci sono diventato!!!! Ti faccio un altro esempio. Se tu chiedi ai ragazzi degli anni ’90, la “Generazione di Fenomeni” per intenderci, voi siete i fenomeni? Ti risponderanno: “No, noi siamo la generazione degli operai, noi eravamo quelli che non contavano niente, che arrivavano tredicesimi, settimi, ottavi a tutti i tornei, ma che poi abbiamo lavorato come delle bestie in palestra e abbiamo vinto!!

Questo è il criterio del merito, come lo hanno fatto loro, lo deve fare un giornalista, poi c’è sempre quello che nasce fenomeno, ma la strada non è spianata per nessuno, dal talento si parte, ma con il lavoro si arriva.

Alessandro Antinelli profili
Photo Credit: A. Antinelli Facebook Official Account

La nostalgia e la cura della tecnica

Chiudiamo con una domanda secca. Con sincerità, al di là degli interpreti, preferisci la pallavolo moderna, con il rally point system o hai nostalgia del cambio palla, di quel tipo dei giocatori e gioco?

Per la cura della tecnica, e lo sottolineo centinaia di volte, si, ho nostalgia, perché quando si giocava con il pallone bianco, era impensabile che un centrale non sapesse palleggiare o fare un bagher. Oggi vedi centrali fortissimi in attacco, battuta o muro, ma non sanno fare un palleggio o un bagher. Prima non era accettabile. Per la cura della tecnica siamo indietro e mi piaceva di più quella pallavolo. Il cambio palla comportava che il più forte vinceva, senza se e senza ma.

Con il rally point le cose sono cambiate, giocando tutto su due/tre punti, sui dettagli, con set molto più corti, non è detto che il più forte vinca sempre, aggiunge imprevedibilità e televisivamente parlando, è un qualcosa in più. Ripeto, lo spartiacque grande, con il passato, è la tecnica. Se tu guardi le partite dei grandi eventi, i giocatori americani, possono perdere, però tecnicamente sono sempre ben curati a livello di scuola come lo erano quelli degli anni ’80, cosa che a noi sta mancando.

Dipende anche molto dal materiale umano a disposizione, che esca fuori il fenomeno, come è successo per Giani o Fomin, che facevano tre ruoli: oggi è impensabile che escano fuori giocatori di questo genere.

E’ stato davvero un piacere chiacchierare con Alessandro, umile e disponibile, parlare con leggerezza con una persona competente dello sport che amiamo. Ci auguriamo di sentirlo, quanto prima, raccontare nuovamente di volley attraverso le reti Rai, in modo che si alzi il livello delle telecronache, del linguaggio e di comprensione del gioco, perché il telespettatore che segue il proprio sport preferito ha il diritto di pretendere meglio che c’è.

A cura di Silvio Bagnara

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