Oggi ricorre l’anniversario delle morte dell’architetto veneto Andrea Palladio, nato a Padova nel 1508 e morto nel 1580 a Maser ma conosciuto in tutto il mondo. Ha iniziato a lavorare come apprendista scalpellino presso il laboratorio di Bartolomeo Cavazza a tredici anni, studiando l’arte classica e la cultura figurativa dei grandi maestri del passato.
Andrea Palladio divenne l’architetto più importante della Repubblica Veneta
In territorio veneto progettò ville, chiese e palazzi, questi ultimi prevalentemente a Vicenza dove si formò e visse. Pubblicò il trattato I quattro libri dell’architettura (1570) attraverso il quale i suoi modelli hanno avuto una profonda influenza sull’architettura occidentale. L’imitazione del suo stile diede infatti origine ad un movimento destinato a durare per tre secoli, il ‘’Palladianesimo’’, che si richiama ai principi dell’antichità classica, in particolar modo agli studi di Vitruvio.
Con il termine ‘’Palladianesimo’’ si intende uno stile architettonico ispirato alle opere del mastro veneto, tuttavia non si tratta di un’imitazione, semmai di un’ evoluzione a partire delle idee di Palladio. Un’evoluzione che trovò il suo terreno più fertile in America, Inghilterra e in Russia dove si sviluppò come stile autonomo nel XVI secolo continuando fino alla fine del XVIII secolo. L’esempio più celebre di questo legame stilistico tra i continenti è la White House di Washington progettata da James Hoban, che aveva studiato lo stile di Palladio in Irlanda.
Le ville palladiane
La reputazione di Andrea Palladio si fonda sulla sua abilità nel progettare soprattutto ville, che sono diventate la testimonianza principale del suo estro artistico. Concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza ed edificate intorno alla metà del Cinquecento, oltre ad essere centri di proprietà terriera, dovevano rappresentare un luogo di benessere, studio e riflessione. Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville toscane: non erano destinate unicamente allo svago dei proprietari, ma erano – anzitutto – dei complessi produttivi.
Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, comprendevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro agricolo. Palladio trovò ispirazione nei grandi complessi antichi simili a dimore di campagna, come il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli. Nel suo trattato I quattro libri dell’architettura mostra i suoi modelli: gli impianti di villa simmetrici. Tuttavia non seguiva sempre le regole. Era consapevole che qualora non fosse stato possibile esporre entrambe entrambe le ali a Sud, come nel caso di villa Barbaro a Maser, il complesso non sarebbe stato costruito simmetricamente. Un esempio è la villa Pojana, dove la grande barchessa con raffinati capitelli dorici è esposta a Sud ma non viene bilanciata da un elemento corrispondente dall’altro lato della facciata.
La Pietra Bianca di Venezia ricorre spesso nelle architetture di Andrea Palladio
La Pietra Bianca di Vicenza è la tipica pietra, chiara e tenera, utilizzata dall’architetto e cavata dalle montagne vicentine, dai colli Berici, da Valchiampo, dall’Altopiano di Asiago. Palladio l’ha studiata a lungo, diventandone un profondo conoscitore. L’ha utilizzata per i basamenti, le colonne, i capitelli, gli architravi, i fregi e le scalinate. La Basilica Palladiana di Vicenza ne è un ottimo esempio. La facilità di lavorazione e la grande quantità disponibile della pietra bianca gli hanno permesso di garantire un aspetto maestoso alle dimore seppur con notevole risparmio di denaro. Tra le sue abilità Palladio era un maestro nell’uso di materiali poveri come mattoni intonacati, stucco e legno per ottenere effetti monumentali.
Alessia Ceci
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