“Aprile” di Antonio Fontanesi, uno dei dipinti più conosciuti del pittore italiano ci regala un’interpretazione inedita del mese della Primavera. Per il primo appuntamento della Rubrica Arte di Aprile, ci immergiamo nell’atmosfera delicata e poetica del dipinto di uno degli artisti più significativi dell’800 italiano.
Antonio Fontanesi e le scene di paesaggio
Aprile, il mese della rinascita. Il mese che segna il risveglio definitivo della natura che si apre completamente alla Primavera piena. Il nome pare derivi dal greco “aphros” che significa “spuma”. La spuma dalla quale è nata la dea Venere. Ed infatti siamo abituati a pensare al quarto mese dell’anno come a qualcosa di colorato, di floreale, di allegro e luminoso. Aprile, però, è anche un mese ibrido perché, anche se la primavera inizia a diventare preponderante, il freddo dell’inverno è ancora dietro l’angolo. Ed è proprio questa atmosfera di rarefazione che il pittore reggiano ha immortalato in uno dei suoi capolavori assoluti: “Aprile” del 1873.
Antonio Fontanesi, nato a Reggio nell’Emilia il 23 febbraio 1818, è considerato dagli storici uno dei più significativi pittori dell’ottocento. Purtroppo però non è molto noto ed è tuttora poco considerato anche dalla critica. In realtà fu un pittore molto capace. Si è dedicato soprattutto alla pittura di paesaggi e con uno stile fluido e basato principalmente sul chiaroscuro, è stato molto abile nel rendere le variazioni atmosferiche riflesse sulla natura che dipingeva. La natura che il pittore osserva con minuzia di particolari, viene dipinta cercando in essa un significato più profondo ed universale. La natura diventa così per Fontanesi un pretesto per rispecchiare in qualche modo i sentimenti dell’animo umano. I suoi paesaggi sono immersi spesso in atmosfere rarefatte tanto da far risultare le scene malinconiche e romantiche insieme. E “Aprile” non fa eccezione.
“Aprile” il dipinto
“Aprile” è un olio su tela, oggi conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, è stato dipinto da Fontanesi nel 1873. Un dipinto che oggi viene considerato uno dei capolavori del pittore reggiano ma che all’epoca non venne ben accolto dalla critica. Nello stesso anno della realizzazione partecipò all’esposizione universale di Vienna. Il quadro rappresenta un paesaggio primaverile. Questo lo deduciamo solo dal titolo, dal momento che se ci dovessimo basare solo sulla rappresentazione, le sensazioni richiamano più ad un paesaggio invernale. Ma forse è proprio questo che il pittore voleva trasmettere. La malinconia di una stagione e di un mese che non ha ancora una sua propria identità definita. Aprile tende una mano all’allegria della primavera ma con l’altra è ancora legato alla tristezza dell’inverno.
L’atmosfera in cui è immersa la scena è di assoluta malinconia ed emerge tutta la fortissima sensibilità pittorica e quasi poetica dell’artista. Fontanesi rappresenta uno spazio infinito e lo fa grazie alla rappresentazione prospettica dei tronchi d’albero. Alberi che ancora sono spogli e scuri. A sinistra un albero spoglio punta i suoi rami verso l’alto. A destra invece una pecora pascola tranquilla vicino ad un albero già coperto di foglie. Altre pecore pascolano a sinistra vicino ad un albero lontano. Il terreno in sembra umido e riflette la luce pallida. Una nuvola affusolata diffonde un chiarore quasi argentato che mette in controluce la natura. Il cielo è lattiginoso. Ed è proprio l’illuminazione il vero protagonista del dipinto che riproduce la luce fredda primaverile.
Aprile, il mese più amato da Fontanesi
“Aprile” del 1873 è stata rimaneggiata più volte dal pittore, soprattutto dopo che il Ministro della Pubblica Istruzione lo acquisisce per il Museo Civico di Torino. Fontanesi scurisce la sua tavolozza preferendo tonalità scure con contrasti di luce drammatici. La costruzione del dipinto è così rivolta ancora di più verso una ricerca di una lettura intimista della scena. In realtà questo dipinto non è l’unico nel quale Fontanesi decide di immortalare l’atmosfera del mese di Aprile. Circa 10 anni prima, nel 1864, dipinge “Aprile. Sulle rive del lago del Bourget, in Savoia”. Anche in questo dipinto il pittore rende bene la natura ancora assopita ma che vuole esplodere, che caratterizza la primavera. Anche se in questo caso, i contrasti di luce ed ombre rendono l’atmosfera più limpida e serena. A dominare qui è il verde del prato che però comunque lascia spazio al celeste del mare e all’azzurro del cielo, regalandoci uno spazio senza orizzonte. Due modi completamente differenti di interpretare la natura primaverile ma che comunque riflettono entrambi il senso di malinconia velata che questa stagione ibrida ispira.
“Aprile è il più crudele di tutti i mesi. Genera lillà dalla terra morta, mescola memoria e desiderio, desta
radici sopite con pioggia di primavera”. Quali radici si afferrano, quali rami crescono su queste rovine di pietra? Figlio dell’uomo tu non lo puoi dire, né immaginare perché conosci soltanto un cumulo di frante immagini, là dove batte il sole. E l’albero morto non dà riparo e il canto del grillo non dà ristoro
e l’arida pietra non dà suono d’acqua”.T. S. Eliot
Ilaria Festa
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