“Black Box- Ritrova te stesso”, un incubo in cui è facile perdersi

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Di Redazione Metropolitan

Black Box – Ritrova te stesso è uno degli otto film prodotti dalla casa di produzione Blumhouse in esclusiva per Amazon Prime Video. L’antologia prende il nome di Welcome to the Blumhouse e verrà completata a gennaio. Black Box si classifica come horror fantascientifico, quindi niente sangue, nessuna morte violenta, solo una forte e crescente sensazione di disagio e inquietudine.

La Black Box che risveglia l’inconscio.

Le vicende ruotano intorno a un rivoluzionario esperimento scientifico a cui si sottopone volontariamente il protagonista per riacquistare la memoria. Nolan (Mamoudou Athie) soffre infatti di amnesia in seguito a un incidente in cui ha perso la vita la moglie Rachel. La sua rapidissima ripresa fisica dal coma è sorprendente, ma per potersi occupare della loro figlia, ha bisogno di ricordare chi è. Per questo si affida alla cura sperimentale della Dott.ssa Brooks (Phylicia Rashad).

Una scena di Black Box - Ph. credit: IMDb.com
Una scena di Black Box – Ph. credit: IMDb.com

La Dott.ssa Brooks ha realizzato una macchina che funziona come simulatore, per riportare i soggetti affetti da amnesia dentro i loro stessi ricordi sepolti, rivivendoli come in sogno. Nolan ben presto comprende che qualcosa dentro di lui lotta eccessivamente per non rivivere quelle immagini, trasformando questi pseudo sogni in incubi sempre più vividi.

Black Box nel black cinema

Emmanuel Osei-Kuffour debutta alla regia del lungometraggio proprio con Black Box, dopo una serie di corti. Essendo un’opera prima, dunque, il film da un lato spinge verso l’ignoto e la sperimentazione tipica degli esordi, dall’altro ha dei riferimenti precisi da seguire. Uno fra tutti non può che essere Scappa – Get Out. Anch’esso esordio alla regia (di Jordan Peele), richiamato sopratttutto nella scena dell’ipnosi di Nolan.

Una scena dell'incubo di Black Box - Ph. credit: IMDb.com
Una scena dell’incubo di Black Box – Ph. credit: IMDb.com

Insieme a molti altri prodotti già usciti (Get Out, Us, Lovecraft Country) o che verranno presentati prossimamente (Bad Hair, Candyman) fa parte di un filone molto specifico che è il black horror. Il black horror è letteralmente una branca del genere horror che trasfigura il razzismo sistemico e le caratteristiche della cultura afroamericana in elementi di terrore psicologico o violenza. È il modo forse più intelligente, sottile e cinematografico di raccontare i traumi sociali della cultura afroamericana, a patto di saper riconoscere le metafore e le allusioni.

Si tratta inoltre di un film in cui, significativamente, non compare nessun personaggio caucasico (nessun volto bianco). Tutti i ruoli, dal protagonista all’antagonista, fino ai secondari sono interpretati da attori afroamericani o comunque appartenenti a gruppi etnici non caucasici. È un forte segnale da parte della produzione e della regia, riguardo l’inclusività del casting e le politiche della rappresentazione. Riprendendo di nuovo a esempio Jordan Peele, semplicemente non c’è interesse a provinare un protagonista bianco se chi racconta la storia ha in mente un pubblico non generalista, un pubblico che gli somigli.

Una scena di Black Box - Ph. credit: IMDb.com
Una scena di Black Box – Ph. credit: IMDb.com

Scavando appena oltre la superficie della trama si nota quindi come Black Box abbia un sottotesto e un contesto estremamente specifici. È possibile godere della visione del film anche senza conoscerli minimamente. Senza dubbio, però, aggiungono un ulteriore strato di significato all’opera nel complesso.

Articolo di Valeria Verbaro

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