Bridgerton 3 e i tabù dei corpi: tra grassofobia e inclusività

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Di Carola Crippa

L’annuncio della terza stagione di Bridgerton ha lasciato i fan sorpresi. La prossima storyline che la serie seguirà, infatti, sarà quella di Penelope e Colin e non quella di Benedict (seguendo l’ordine dei libri di Julia Quinn). Sebbene questo cambiamento nella narrazione è positivo (la storia dei Polin si è già sviluppata nelle scorse stagioni, mentre Benedict è, finora, rimasto sullo sfondo), Bridgerton 3 rischia di incappare in un tipo di rappresentazione problematica e grassofobica. 

Cos’è la grassofobia? Come la affronteremo in Bridgerton 3?

Cos’è la grassofobia? Da definizione: il sentimento di paura e pregiudizio nei confronti delle persone grasse o il timore di ingrassare e non rientrare nei canoni di un corpo magro. Sebbene nel corso degli anni ci si sia aperti molto verso la body positivity, la nostra società è rimasta ancora fortemente grassofobica.

Il problema del recente sviluppo della body positivity come slogan è che ha, di fatto, marginalizzato chi ha un corpo “non conforme” e ha messo al suo centro donne bianche con corpi magri. Al massimo, come affermano le attiviste della pagina Instagram Belle di Faccia, la rappresentazione si è aperta a corpi leggermente curvy che però mantengono figure a clessidra e sono iperfemminilizzati. E quindi, un movimento nato negli anni ‘70 con l’intento di liberare le donne dalle gabbie estetiche imposte dalla società patriarcale, si è trasformato in un hashtag commercializzabile.

La grassofobia si manifesta nella vita di tutti i giorni come un vero e proprio tipo di discriminazione. In campo medico e sanitario, con una serie di pregiudizi sull’alimentazione, nei negozi di abbigliamento che non hanno taglie inclusive, nei sedili dei mezzi pubblici. La grassofobia è presente nella società odierna anche a causa della diet culture. Il termine indica il mettere al centro delle proprie vite l’apparenza fisica (e in generale l’avere e desiderare un corpo magro) a discapito della salute fisica e mentale. 

La grassofobia nei media e i suoi cliché nella rappresentazione

Nei media la grassofobia è stata a lungo considerata normale e largamente accettata. Soprattutto in passato, i corpi grassi non erano al centro della narrazione o, se presenti, assumevano tratti negativi. Soprattutto, il modo in cui le persone grasse vengono caratterizzate sullo schermo ricalca una serie di pregiudizi e stereotipi. Grasso equivale a brutto, infelice, ad una persona che pensa solo al cibo. Senza contare che, molto spesso, attori e attrici magri indossano imbottiture o costumi per simulare i corpi non conformi.

Nella rappresentazione dei corpi grassi si è spesso incappati in due tòpoi negativi: quello del personaggio che diventa comic relief o quello del villain

Nella rappresentazione femminile le ragazze grasse, in particolare nei teen drama, spesso sono considerate la “spalla” comica della protagonista (magra e con un corpo conforme). Oppure si ricorre nel classico schema narrativo del brutto anatroccolo che diventa cigno. La protagonista diventa desiderabile sessualmente solamente dopo aver perso peso. Un esempio su tutti è Monica di Friends. La donna ha un interessa amoroso solo dopo essere dimagrita e, nel corso della serie, è schernita con una serie di battute grassofobiche. 

Anche nella rappresentazione dei villain, spesso, si incorre in un tipo di rappresentazione grassofobica. Ursula della Sirenetta, Jubba The Hutt e, più recentemente il villain di Dune Vladimir Harkonnen… Implicitamente, infatti, i corpi grassi divengono sinonimo di peccato e comportamenti amorali perché si ricalcano gli stereotipi delle persone grasse come cattive ed ingorde. Semplicemente esistendo, un cattivo che ha un corpo grasso va ad evidenziare le virtù morali e di bontà del protagonista. Il problema principale, quindi, è che gli unici personaggi grassi sono negativi e che il resto dei personaggi (e degli attori castati) ha corpi conformi.

Bridgerton e la rappresentazione dei corpi

Dopo questa lunga premessa è lecito chiedersi se Bridgerton abbia avuto una rappresentazione inclusiva dei corpi. In parte sicuramente ci è riuscita, ma alcuni elementi rimangono ancora problematici.

Se nella saga di Julia Quinn il corpo di Penelope è oggetto di affermazioni grassofobiche, mentre nello show non viene mai schernito o stereotipato. Tuttavia, c’è un grosso problema di rappresentazione che, in parte, è sicuramente dovuto al materiale di partenza.

Innanzitutto, è l’unico corpo non magro presente nella serie. Nella Regency Era corpi come quelli di Penelope erano considerati la norma e belli, mentre in Bridgerton, Penelope è l’unico personaggio grasso. Nella prima stagione Penelope ricalca il classico cliché della migliore amica e spalla di Eloise. Il personaggio, nonostante sogni l’amore come le altre nobili, non risulta desiderabile al male gaze. Per Colin Bridgerton, di cui è innamorata, infatti, è una confidente, un’amica, ma nulla di più.

In particolare, il problema si pone nella seconda stagione. Perché Penelope viene friendzonata? È perché non ha un corpo ritenuto canonicamente desiderabile? C’è effettivamente la possibilità che Colin la veda effettivamente solo come un’amica più piccola. Tuttavia, se consideriamo il fatto che l’unico personaggio grasso della serie subisce la friendzone, il sospetto di una rappresentazione problematica rimane.

E la rivelazione che sia lei la fantomatica Lady Whistledown non fa altro che acuire queste criticità. Dobbiamo chiederci se Lady Whistledown è effettivamente un personaggio positivo. In parte sicuramente mette in risalto l’ipocrisia dei nobili. Tuttavia, dall’altro lato non si fa scrupoli nel mettere in difficoltà la sua migliore amica Eloise che rischia di scoprire la sua doppia identità. E ancora: a causa della sua gelosia cerca di eliminare dalla lista delle pretendenti di Colin la cugina Marina.

Da una serie che si è posta come innovativa dal punto di vista della rappresentazione, forse, ci si aspetta di più. Già in partenza il personaggio ci viene presentato seguendo entrambi i cliché negativi di spalla comica non desiderabile e di presunto villain

E nella terza stagione?

Il rischio della terza stagione è quello di aggiungere a questa rappresentazione ancora un po’ troppo poco inclusiva un ulteriore cliché. Nel libro di Julia Quinn, infatti, Penelope diventa desiderabile agli occhi di Colin solo dopo essere dimagrita. La ragazza, dopo aver perso dodici chili, viene finalmente notata da Colin, di ritorno da un viaggio all’estero. L’opera, quindi, si muove nella classica direzione da commedia romantica del makeover in cui la protagonista, all’improvviso, rifà il suo look e diventa oggetto di desiderio. L’autrice, inoltre, in tutta la saga insiste parecchio sulle vessazioni continue della madre nei confronti del corpo di Penelope. Il senso di disagio costante della ragazza viene rimarcato anche dalle altre debuttanti che la bullizzano perché non magra e ricca come loro.

La serie, però, fortunatamente, non sembra muoversi in questa direzione. Infatti, l’attrice protagonista Nicola Coughlan, dopo gli attacchi sui social per via del suo corpo, ha affermato di non voler perdere peso per interpretare il ruolo. Gli sceneggiatori, quindi, si starebbero muovendo in direzione opposta rispetto al libro di Julia Quinn. Per una serie che, tutto sommato, si è dimostrata inclusiva, infatti, ricalcare nuovamente il classico cliché del brutto anatroccolo che diventa cigno, sarebbe controproducente. Non ci resta che incrociare le dita e sperare che gli autori della terza stagione di Bridgerton riusciranno a non ricadere nei vecchi stereotipi grassofobici della rappresentazione dei corpi non conformi.

Carola Crippa