È già praticamente iniziata ieri la campagna elettorale più calda degli ultimi anni, e non soltanto per il calore record che il nostro Paese sta registrando. In uno dei più intricati puzzle a incastro, quello della politica italiana, da destra a sinistra l’aria è pesante, irrespirabile. Nonostante ciò, adesso puntano tutti alle elezioni di settembre (anticipate al 25 e non più disposte per il 2 ottobre, come si pensava nei giorni precedenti), chi come se fosse alla testa di un treno, vedi Giorgia Meloni di FdI, prima nei sondaggi e in prevista forte ascesa, e chi invece è costretto a ricucire tutti gli strappi del partito (sia quelli presenti che quelli passati) in cerca di una maggioranza che possa misurarsi con il trittico del cdx italiano, come Enrico Letta. L’incognita 5Stelle rimane, e si allunga l’ombra di un blocco centrista che al PD farebbe molto piacere, tra Azione e +Europa.

Una delle campagne più brevi, leaderistiche e “emergenziali” del Paese dall’avvento della Seconda Repubblica: tutte le scenografie politiche dei partiti, oggi

Il leader della Lega Matteo Salvini ieri al TG1 – Photo Credits Rai

Mario Draghi ha dato le dimissioni, come ha deciso il parlamento dopo un governo di larghissime intese che non poteva, dopo più di un anno d’esecutivo, far tacere le proprie ribollenti divergenze. Ma dopo l’analisi e la dietrologia intorno a quanto ci ha portato alla crisi, è necessario guardare allo scenario presente per capire la direzione della politica italiana nei prossimi mesi. C’è da dire che questa crisi di governo e la grave questione “fiducia” hanno aperto delle spaccature che coinvolgono primi, tra tutti, i 5Stelle. Il partito dell’ex premier Giuseppe Conte, onestamente, è quello che più ha sofferto in questi giorni resi tanto traumatici proprio dal loro veto sul Dl Aiuti. Già ferito dai 60 transfughi fuggiti dietro al ministro degli Esteri Luigi di Maio, fondatore de “Insieme per il Futuro”, Giuseppe Conte deve rinserrare le fila.

Il M5S deve puntare al 25 settembre, giorno del voto per la prossima legislatura, tentando di modellare un’identità politica che, nonostante abbia rifiutato di punto in bianco le sue alleanze passate, da Lega a PD, tende comunque verso Letta. “Passi una settimana, Letta ci ripenserà”: questo un virgolettato attribuito al leader pentastellato. Anche il segretario ha da compiere un lavoro di sartoria, rifiutando categoricamente – per ora – l’alleanza coi grillini e puntando invece a ricucire le fratture del partito, ricongiungendosi con Roberto Speranza di Articolo Uno, riallacciandosi a Liberi e Uguali, trovando un sostegno concreto anche con forze più centriste, come quelle del cosiddetto “blocco riformista” insieme ad Azione e a +Europa (rimarrebbe fuori soltanto Italia Viva, di cui non è chiaro, al momento, l’intento di coalizione). La carta da giocare in questa campagna per il csx è evidente: scommettere sulle riforme e sugli obiettivi raggiunti con Draghi.

La destra ha poco da ricucire, ma deve distinguersi: Fratelli d’Italia al posto di Lega come primo partito, gli addii di spicco di Forza Italia; la lotta per la leadership conservatrice è una lunga mediazione

La favorita nei sondaggi è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, partito con l’indice di gradimento più alto del paese. La Lega rimpiange amaramente la leadership perduta all’interno del trittico delle destre, e lo fa attraverso momenti malcelati di instabilità e discussione interna. Non sappiamo e non abbiamo indiscrezioni relativamente a quanto siano gravi le spaccature all’interno della Lega, o se il “fronte giorgettiano” sia un vero pericolo per il segretario Matteo Salvini, che comunque già dalla giornata di ieri ha assunto già la presenza politica della campagna elettorale partecipando, come la Meloni, alla prima comparsata TV della stagione. La campagna permanente della Lega deve tuttavia fare comunque i conti con la specifica complessità degli equilibri di potere del trittico. Fratelli d’Italia ha dalla sua la solida impalcatura politica dell’ultimo anno di opposizione, ergo un sostegno deciso dagli “scontenti di Draghi”.

Salvini e Berlusconi non possono vantare della stessa intransigenza, carta che durante la campagna elettorale ha il suo peso, e non da poco. Ma a risentire dell’operato messo in atto durante il governo Draghi è Forza Italia. Sintomo di un generale scontento, interno ed esterno al partito, sono da una parte l’addio di notabilissimi FI come Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione, Mara Carfagna ministro per il Sud e la coesione territoriale, e Mariastella Gelmini, ministro per gli affari regionali e le autonomie; dall’altra parte anche la valanga di critiche a Silvio Berlusconi sui social, accusato di aver rinnegato la natura liberale, moderata e atlantista del partito in favore di un allineamento ideale con gli altri partiti. Berlusconi ha commentato l’addio dei ministri, a lui politicamente legatissimi, con nonchalance. Appare, come sempre, sicuro di sé. Ma si vedrà come la destra potrà trovare un equilibrio di potere.

Alberto Alessi

Seguici su Google News