”Canzone di Marzo”, Giovanni Pascoli: una poesia per il risveglio della natura

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Di Stella Grillo

Canzone di Marzo di Giovanni Pascoli, una poesia contenuta nella raccolta Canti di Castelvecchio. Nello spazio dedicato alla Letteratura per l’Infanzia, un componimento che annuncia il mese in cui ha luogo il risveglio della natura.

Canzone di Marzo, Giovanni Pascoli e la celebrazione del mondo della natura

Canzone di Marzo
Photo Credits: diariodicharlotte.com

I Canti di Castelvecchio sono una raccolta pascoliana datata 1903. Tale opera contiene richiami autobiografici ma, anche, celebrazioni degli ambienti pastorali e agresti. Canzone di Marzo è una delle poesie contenute nelle raccolta. L’epigrafe iniziale riprende la medesima dicitura contenuta in Myracae, altra nota raccolta di Giovanni Pascoli; ripresa dalla quarta bucolica di Virgilio essa recita: «Arbusta iuvant humilesque myricae» (“Piacciono gli arbusti e le umili tamerici“).

Il titolo dell’opera rimanda al mondo sospeso di Barga, comune in cui si trova la frazione di Castelvecchio che dà il titolo alla raccolta; qui, Giovanni Pascoli, ricostruisce quel nido perduto insieme alla sorella Maria. Le immagini serene della campagna e del susseguirsi delle stagioni, così come i ricordi familiari diventano un rifugio dal mondo esterno. Canzone di Marzo si colloca nel tema naturalistico del ciclo delle stagioni.

La poetica di Giovanni Pascoli è strettamente riservata al mondo naturale: la natura, la campagna, il mondo bucolico, simboleggiano il valore delle cose umili e semplici intese come un microcosmo arcadico su cui gettare le basi per la ricostruzione del proprio nido familiare. Tuttavia, se in Myracae Pascoli descriveva una sfumatura più intima e misteriosa, ne i Canti di Castelvecchio si predilige il fluire naturale delle stagioni e il loro alternarsi. In Canzone di Marzo si celebra la primavera: il simbolismo sta nell’eterno ritorno del mondo naturale che si rinnova nella rinascita contrapponendosi al tema pascoliano della morte.

Il tema naturalistico del ciclo stagionale contrapposto alla morte

La strofa iniziale si apre con una contrapposizione: una notte, probabilmente tempestosa, lascia spazio come per magia a una mattinata nitida e serena. Il cielo è terso e le gocce di pioggia del precedente temporale notturno, sono ora impigliate nei prati, negli steli, nelle scarpate quasi come fossero piccole perle. Qualche stilla – goccia – sembra quasi sorridere al tiepido sole mattutino. Il mondo animale si risveglia; i serpenti si destano al primo rimbombare di un tuono, le cicigne – piccole serpi – assaporano un primo assaggio d’estate dibattendosi fra il timo. Anche il regno degli animali acquatici si risveglia, muovendosi sul limo.

Le prime tre strofe di Canzone di Marzo sono, quindi, una descrizione del risveglio della natura al primo soffio di primavera. Nella terza strofa, il poeta si rivolge alle fanciulle: incredule che, la bella stagione, stia per sopraggiungere, immerse nei loro sogni di gioventù e incanto:

Che torbida notte di marzo!
Ma che mattinata tranquilla!
che cielo pulito! che sfarzo
di perle! Ogni stelo, una stilla
che ride: sorriso che brilla
su lunghe parole.

Le serpi si sono destate
col tuono che rimbombò primo.
Guizzavano, udendo l’estate,
le verdi cicigne tra il timo;
battevan la coda sul limo
le biscie acquaiole.

Ancor le fanciulle si sono
destate, ma per un momento:
pensarono serpi, a quel tuono;
sognarono l’incantamento.
In sogno gettavano al vento
le loro pezzuole.

Canzone di Marzo: la dimensione del ricordo, la giovinezza e la natura consolatrice

Si percepisce in Canzone di Marzo, così come in tutta la poetica di Pascoli, la dimensione evocativa del ricordo della giovinezza, così come la malinconia nostalgica tipica del poeta con lo sguardo rivolto al passato. Con l’avanzare del tempo, le prospettive esistenziali di Pascoli condurranno il poeta ad assegnare un compito preciso alla poesia: esorcizzare e consolare il dolore individuale, nonché il pensiero di morte. L’amore per la campagna e per gli ambienti pastorali saranno una delle componenti principali della filosofia pascoliana. Nelle ultime tre strofe della poesia, fanno nuovamente capolino immagini rappresentati il risveglio della natura:

Nell’aride bresche anco l’api
si sono destate agli schiocchi.
La vite gemeva dai capi,
fremevano i gelsi nei nocchi.
Ai lampi sbattevano gli occhi
le prime viole
.

Han fatto, venendo dal mare,
le rondini tristo viaggio.
Ma ora, vedendo tremare
sopr’ogni acquitrino il suo raggio,
cinguettano in loro linguaggio,
ch’è ciò che ci vuole.

Sì, ciò che ci vuole. Le loro
casine, qualcuna si sfalda,
qualcuna è già rotta. Lavoro
ci vuole, ed argilla più salda;
perchè ci stia comoda e calda
la garrula prole.

L’immagine delle api ronzanti, i gelsi agitati, le prime viole che fluttuano alla luce fioca del lampo sono metafore che preannunciano il rigoglio della bella stagione; nella ultime strofe, Pascoli descrive l’arrivo delle rondini: il simbolo per eccellenza della primavera.

Perché Giovanni Pascoli è adatto al piccolo pubblico?

Nelle antologie di un tempo, si era soliti imbattersi in nomi quali Gianni Rodari, Ada Negri, Marino Moretti: allo stesso modo, era consuetudine trovare componimenti adatti ad ogni stagione o periodo dell’anno. Probabilmente, Canzone di Marzo di Giovanni Pascoli, appartiene a quel filone poetico che si potrebbe definire ”poesie dimenticate”; I Canti di Castelvecchio furono scritti fra Barga e Messina. Pascoli era un professore universitario: colto, benvoluto, distinto.

Ma quando era a Barga faceva il contadino nelle sue proprietà. L’amore per la campagna e l’estremo diletto per la cultura umanistica, specialmente quella greca e latina, sono il fulcro didattico più importante da tramandare a un ragazzo che ascolta: Giovanni Pascoli è l’umiltà, l’amore per la tradizione, le radici per una terra che sempre ha amato nonostante i premi e i riconoscimenti; è colui che non dimentica da dove proviene, è colui che manda anche un messaggio: la poesia, la letteratura tutta, è consolazione.

Le antiche atmosfere di un tempo: la fanciullezza compagna della poesia

Canzone di Marzo, così come molti altri componimenti contenuti sia ne I Canti di Castelvecchio che in Myracae, descrive quelle atmosfere genuine di un tempo; si era soliti, anni addietro, imparare poesie sui cicli stagionali. Vi era un’importanza fondamentale; emozionarsi di fronte alla natura, percepire la vitalità di essa, farsi trasportare dalle immagini che i versi veicolavano, acuendo la sensibilità del piccolo lettore.

Giovanni Pascoli è, probabilmente, il poeta ”per adulti” più vicino ai bambini; molte delle sue produzioni sono un viaggio autobiografico nella sua infanzia senza dimenticarsi che, la sua profondità d’animo, gli permise di riflettersi nella poetica del fanciullino:

“Per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole!”

Ogni bambino è un poeta perché guarda al mondo con meraviglia. In un cosmo sempre dinamico e che non si sofferma più, è bene che la didattica ritorni ai poeti di un tempo, alle lezioni umili e significative che furono.

Stella Grillo

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Foto in copertina: Photo Credits: scuolissima.com