Casey Martin e la sua vittoria usando il cart

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Di Redazione Metropolitan

Nel 1998 Casey Martin vince il Lakeland Classic sul Web.com Tour usando il golf cart per spostarsi tra le buche. Solitamente, durante i tornei professionistici, i golfisti percorrono l’intero campo con il loro caddy che trasporta i bastoni senza nemmeno un carrello a mano. Questo perché tutti i principali Tour ritengono che camminare sia parte integrante del gioco, quindi un’attività da svolgere senza ausili. Nel 2001, questa regola viene per la prima volta messa in discussione addirittura dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Chi è Casey Martin e perché ha potuto giocare con il cart

Casey Martin nasce a Eugene, in Oregon, nel 1972 con un difetto congenito alla gamba destra noto come sindrome di Klippel-Trenaunay-Weber. É una malattia congenita vascolare, caratterizzata da vene varicose e crescita asimmetrica degli arti in seguito a malformazione dei vasi sanguigni, in particolare malformazioni dei punti di collegamento tra arterie e vene dell’arto interessato. L’entità della discrepanza nella lunghezza tra gli arti può essere lieve fino a raggiungere, o superare, i 10 centimetri. Ancora oggi non esiste un trattamento risolutivo per questa patologia che condiziona inevitabilmente sia la carriera che la vita quotidiana di Martin, la sua condizione degenera con la crescita e gli rende estremamente doloroso camminare. Per camminare usa una calza di sostegno atta a limitare il gonfiore ma gradualmente le condizioni della sua gamba destra peggiorano. Questo non gli ha impedito di tentare la carriera nel golf, anche con discreti risultati.

La controversa vittoria al Lakeland Classic e la battaglia legale

Camminare per le lunghe distanze di un campo da golf diviene troppo doloroso per Martin, il quale nel 1997 inizia a guidare il cart durante le gare, una pratica non accettata nelle competizioni professionistiche (è consentito solo nel Senior Tour del PGA). Nel novembre 1997 Martin decide però di fare causa al PGA Tour: sostiene infatti che i campi da golf siano “strutture pubbliche” come definito dall’Americans with Disabilities Act del 1990 e che il PGA Tour debba obbedire a tutte le sue regole. Immediatamente il caso attira l’attenzione del pubblico. La situazione diventa bollente quando nel gennaio 1998, in attesa del processo, Martin vince il Lakeland Classic, usando appunto il golf cart. Dopo questo successo Martin diventa una celebrità, appare spesso in televisione e firma un generoso contratto di sponsorizzazione con la Nike. Il senatore Tom Harkin e l’ex senatore Robert Dole, che avevano sponsorizzato la legge sulla disabilità del 1990, invitano Martin addirittura al Congresso.

John Daly e il suo golf cart. Argomento molto controverso che lo ha portato allo scontro con l’R&A – Photo Credit: pgatour.com

Tante reazioni diverse: autorevoli e inaspettate

Molti giocatori di golf, fan e addetti ai lavori dicono la loro e non tutti a sono a favore di Martin, anzi. Sul fronte di chi è in disaccordo con l’utilizzo del cart, troviamo addirittura Jack Nicklaus e Arnold Palmer. In generale, gli americani sono rimasti equamente divisi sull’argomento.
Nel 2001 la storica sentenza: la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilisce che Martin può utilizzare il cart ai sensi dell’Americans with Disabilities Act. Nel 1998 e nel 2012, Martin usa il veicolo addirittura in un Major, lo US Open, per la prima volta nella storia. Le controversie però non sono finite. É il caso di John Daly, il quale ottiene l’autorizzazione da parte del PGA ad usare il cart durante il PGA Championship del 2019 a causa di un osteoartite al ginocchio destro che gli compromette la deambulazione. Ovviamente, si è appellato alla sentenza riguardante Casey Martin. Due mesi più tardi, però, lo stesso Daly si è visto negare l’autorizzazione ad usare il cart durante l’Open Championship, nel Regno Unito. La R&A, nonostante si dispiaccia delle condizioni del giocatore, oppone un netto rifiuto. John Daly non partecipa al torneo, ufficialmente per motivi di salute e aggiorna un capitolo che, probabilmente, non sarà l’ultimo della vicenda.

David Mario Arciero

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