Benvenute e benvenuti su CoffeeNSupes, la rubrica sui supereroi da leggere in pausa caffè!
Tazzina alla mano, vi accompagnerò in un viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta dei film sui supereroi più e meno conosciuti fino a spingerci nelle profondità della psicologia, filosofia e sociologia nascosta tra le righe degli affascinanti eroi e villain moderni.
In questo appuntamento parleremo degli Watchmen, della decostruzione del supereroe e della nuova e contemporanea concezione dell’eroe, o antieroe. Ma prima, rewind: nelle puntate precedenti abbiamo parlato della nascita dell’eroismo dalla Grecia antica ai giorni nostri e ci siamo affacciati sulla poetica di Alan Moore con V per Vendetta. Ora, zuccherate i caffè e allacciate i mantelli…
Nerds, assemble!
Watchmen: Un’America ucronistica
Nel 2009 la moda dei cinecomics si era ormai affermata. Passati gli esperimenti dei primi anni, la Marvel aveva iniziato a costruire con successo il suo Cinematic Universe e la DC Comics era degnamente rappresentata da Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan. Tre anni prima l’adattamento della graphic novel scritta da Alan Moore V per Vendetta aveva iniziato a gettare anche nel cinema degli interrogativi etici e morali sulla figura degli eroi. Ed ecco che, dopo non poche peripezie di produzione, ci viene presentato l’adattamento cinematografico diretto da Zack Snyder di Watchmen.
Tra il 1986 e il 1987 Alan Moore e Dave Gibbons si misero a lavoro per la DC Comics su una miniserie a fumetti ambientata in un 1985 ucronico, con un’America simile a quella che conosciamo, ma con delle modifiche ad alcuni eventi storici. Riprendendo il filone di La svastica sul sole di Philip K. Dick, famosa storia ambientata in un mondo in cui la Seconda Guerra Mondiale è stata vinta dalla Germania, Watchmen presenta un’America che ha vinto la guerra del Vietnam e si trova sull’orlo di una guerra nucleare contro l’Unione Sovietica.
La decostruzione del supereroe
Verso la seconda metà degli anni ’70 ebbe inizio il processo di decostruzione del supereroe. Se fino a quel momento gli eroi senza macchia come Superman, Capitan America o Spiderman avevano dettato legge, verso il nuovo decennio iniziarono ad essere creati personaggi come The Punisher, Daredevil e Wolverine. Seppur restando nel raggio d’azione del bene, questi nuovi supes non rispettavano il comportamento moralmente corretto e imparziale dei loro colleghi, e pertanto furono identificati come antieroi.
Quando fecero la loro apparizione gli Watchmen il processo iniziato con gli antieroi giunse all’apice. Si iniziò a parlare non più di supereroi ma di vigilanti mascherati fin troppo umani, fragili e predisposti al fallimento. Con loro venne decostruito il simbolo del giustiziere guidato dall’etica e dal bene, l’idea stessa del supereroe fu ribaltata e criticata. Protagonisti divennero la vera natura umana, che non risparmia neppure i vigilanti, e i fumosi concetti di moralità, di giustizia e perfino di umanità.
Quis custodiet ipsos custodes?
Alan Moore si ispirò alle Satire di Giovenale per gettare le basi della sua opera con una domanda che ancora oggi centra in pieno il bersaglio. Chi controlla i controllori? Come accertarsi che non superino i limiti moralmente accettati? Tutti sono umani, tutti sono inclini al fallimento e a perseguire i propri interessi, spesso ai danni altrui, nessuno è escluso.
Analizzando vizi e contraddizioni della società e dei suoi controllori, Watchmen si delinea simile ad un contemporaneo Satire dallo stile decisamente più cupo e cinico, scavando fin troppo a fondo nella psiche di quei vigilanti che non possono neppure essere più chiamati supereroi, perché di super e di eroico hanno ben poco. Si ribalta il concetto di villain e di eroe in una storia che quasi manca di lieto fine e in cui l’antagonista insegue il suo piano “malvagio” in nome del bene supremo, mentre chi potrebbe e dovrebbe fermarlo non ci riesce.
L’abisso dentro gli eroi
L’unico essere superiore che potrebbe realmente agire in modo imparziale, come Superman, è il Dottor Manhattan, uno fisico nucleare che in seguito ad un incidente in laboratorio diventa un essere con straordinarie capacità, tra cui la possibilità di vedere presente, passato e futuro. Una creatura quasi divina che tuttavia manca di un particolare umano fondamentale: l’empatia. Il Dottor Manhattan non ha comprensione per l’animo umano, per lui “un corpo umano vivo e un corpo umano morto contengono lo stesso numero di particelle. Strutturalmente non c’è differenza”. E come ci si può affidare ad un superuomo che dovrebbe proteggere la vita se lui stesso non ne vede il valore?
Ispirandosi questa volta al filosofo Nietzsche, Moore ci fornisce un’ulteriore citazione come chiave di lettura della sua opera. “Non combattere contro i mostri o diventerai tu stesso un mostro. E se guardi a lungo l’abisso, anche l’abisso guarderà dentro di te”. Ogni vigilante mascherato ha intrapreso questa via per un forte senso dell’onore e della giustizia. Ogni Watchman parte con i presupposti di un supereroe. Il problema è che nel mondo reale gli orrori scalfirebbero presto l’animo dei vigilanti, portandoli ad affogare il peso della responsabilità e delle azioni in vizi che a loro volta diluirebbero l’eroismo. Noi umani siamo fragili ed insicuri. Se da una parte gridiamo all’etica e alla giustizia, dall’altra abbiamo bisogno di illusioni per vivere la nostra quotidianità. E chi riesce a sostenere il peso di quella responsabilità verso il bene supremo raramente è un eroe senza macchia.
Continua a seguire la rubrica CoffeeNSupes per ripercorrere insieme tutti i film sui supereroi. Ti aspetto giovedì prossimo con un nuovo appuntamento!
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