Contagio Covid: è possibile attraverso una superficie?

È possibile il contagio Covid attraverso le superfici? Due pazienti raccontano le loro supposizioni ma sono tantissime le persone che si ammalano di Covid-19 e non sanno come sia successo.

Contagio Covid

Due pazienti hanno raccontato le loro supposizioni su come si siano potuti ammalare di Covid-19. Hanno detto di essere sempre stati attenti e aver usato tutte le precauzioni. Non hanno mai tenuto comportamenti rischiosi. Nonostante ciò hanno contratto anche loro il virus e sono stati ricoverati in ospedale. Hanno riflettuto a lungo su come abbiano potuto ammalarsi e l’unica risposta che si sono dati è legata alle superfici, magari non perfettamente disinfettate. Ma non ci sono evidenze scientificosanitarie che sia davvero così. Si tratta solo di supposizioni dei singoli pazienti.

Contagio con un telefono

Questi casi sono estremamente ricorrenti. Ad esempio, il comandante provinciale dei carabinieri di Bergamo, a suo avviso, si è ammalato passando il telefono a un conoscente che poi è risultato Covid positivo:

“Ho sempre indossato la mascherina, ho tenuto le persone alla giusta distanza, non sono stato per più di 15 minuti con la stessa persona in presenza, ho tenuto la finestra aperta per arieggiare l’ufficio. Ma ho fatto quel semplice gesto: ho passato ad un amico il mio telefono con una videochiamata. Io avevo la mascherina, lui stava fumando. Poi ho disinfettato le mani, ma il telefono no. Due giorni dopo, l’amico mi ha avvertito via sms che il suo tampone molecolare era positivo. Qualche giorno dopo sono comparsi i primi sintomi e anche il mio tampone è risultato positivo”.

Contagio in ospedale

Anche Luciano De Biase, cardiologo e responsabile dei 51 letti dedicati alla pandemia nell’ospedale Sant’Andrea, ha esposto ipotesi simili:

“Ho contratto il Covid-19. E da che ero medico, mi sono ritrovato paziente del mio stesso reparto. Sono finito in terapia intensiva e sono stato malissimo. Come mi sono ammalato? Ci ho pensato tanto e ancora non riesco a darmi una risposta. Al lavoro sono sempre stato protetto, attento e prudente: tuta, mascherina, visiera, guanti, copriscarpe. L’unica risposta plausibile che mi sono dato è che io abbia toccato qualcosa, come una maniglia, e poi inavvertitamente mi sia stropicciato gli occhi”.

Le superfici

Il contagio da Covid all’interno degli ospedali, che coinvolge sia pazienti sia operatori sanitari, purtroppo non è una rarità e sono spesso i focolai nati in ospedale che preoccupano.

“Moltissime persone ricoverate non hanno idea di dove si siano contagiate, sostenendo di essere state sempre molto attente, mantenendo alla lettera tutte le precauzioni”.

Ha dichiarato il virologo dell’Università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco. Tuttavia il contagio attraverso le superfici, pur non essendo escluso, è considerato molto raro. Il Coronavirus può resistere spesso inerte su maniglie e pulsanti. Nonostante diversi studi fatti nel corso dei mesi hanno trovato tracce di materiale genetico di Sars-CoV-2 praticamente ovunque, questo non implica che il Covid sia attivo e ancora in grado di infettare.

Infatti, le particelle virali non resistono per molto tempo fuori da un organismo e diventano via via meno pericoloseEmanuel Goldman, un microbiologo della Rutgers New Jersey Medical School di Newark, nel luglio scorso ha parlato dell’argomento su The Lancet Infectious Diseases.

Nel commento, Goldman sosteneva che le superfici presentavano un rischio relativamente basso di trasmissione del virus, mettendo in guardia da certi studi svolti in laboratorio, dove vengono create condizioni difficilmente ripetibili nel mondo reale, con esperimenti che tengono conto di enormi quantità di virus. Toccare una superficie appena contaminata, prima che il virus diventi inerte, per poi portarsi le mani sugli occhi o sul viso può comunque essere una via di contagio, ma gli scienziati la considerano molto rara.Basta comunque disinfettare a fondo le superfici per evitare il contagio

La mascheri a chirurgica non basta

Anche la rivista Nature, in un articolo, ha parlato del fatto che troppi sforzi si concentrano ancora sulla sanificazione delle superfici, senza tenere conto che il virus è a trasmissione aerea.

Infatti ci si può contagiare anche inalando piccole particelle di virus (aerosol), che galleggiano nell’aria a lungo prima di evaporare e non solo attraverso i droplets che per loro grandezza e peso cadono a terra entro i due metri di distanza. I luoghi pericolosi per il contagio sono gli ambienti chiusi, affollati, con scarsa ventilazione. Va sottolineato che in aspirazione le mascherine chirurgiche hanno una scarsa efficienza sull’aerosol.

Giorgio Buonanno, professore ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane, ha dichiarato:

“Per bloccare le goccioline di grandi dimensione l’aderenza perfetta non serve. Ma le goccioline piccole, invece, sfuggono dai bordi. La mascherina deve sigillare il viso. Può essere una buona idea provvedere alla capacità filtrante con una mascherina chirurgica o FFP2 e all’aderenza al volto con una mascherina di stoffa messa sopra. Se si riesce ad aggiungere un tessuto che in qualche modo fa aderire meglio le mascherine, si raggiunge una protezione che arriva anche al 90 per cento”.