Cinegreen è la rubrica ambientalista per quei cinefili che vedono il cinema a colori e la vita in verde
Quando l’ambiente diventa protagonista di un’opera non possiamo che pensare con piacere all’impegno dei suoi autori. Quello a cui però pensiamo meno è cosa in effetti tale opera dà all’ambiente (al di là quindi del messaggio, che di certo è già qualcosa).
E quello che dà è in effetti una grande quantità di emissioni di CO2.
Le produzioni cinematografiche, con il loro impiego massivo di tecnologia e persone, non sono di certo al primo posto delle attività più green. Dal 2011 è stato però introdotto in Italia, su esempio dei primi passi mossi a Hollywood, il Protocollo Edison Green Movie. La storica Edison insieme a Tempesta Film, società di produzione, ha quindi avviato un progetto (che ha preso però in seguito altre strade) volto a fornire una consulenza a quelle produzioni interessate a un greenwashing.
Il capitale umano o il primo green movie
Un film a “emissioni zero” e “altamente sostenibile” deve quindi attenzionare ogni singola fase della produzione. Andiamo perciò dall’uso di energia pulita per il trasporto fino all’attenzione al riciclo o all’eliminazione totale della plastica sul set. Il capitale umano (2013) di Paolo Virzì, oltre ad essere stato assai gradito dalla critica, si aggiudica anche il titolo di primo green movie del cinema italiano. Tagliando le emissioni di CO2 del 75%, la produzione verde ha poi potuto risparmiare ben 37.000 euro di budget!
Oggi sono più numerose le produzioni ecosostenibili, ma non tante quante si spera diventeranno nei prossimi anni. A sostenerle arriva poi Green Film, marchio di certificazione assegnato a quei film che rispettano alcuni o tutti i criteri di ecosostenibilità indicati dal progetto. Tra questi Il testimone invisibile, film del 2018 con Riccardo Scamarcio e Miriam Leone, e Menocchio, che speriamo possano fare insieme ad altri da apripista per un cinema più verde fin dalle radici.
Se ti va di approfondire:
“25 anni di Into the Wild, storia di uomini e natura”
“A Plastic Ocean, com’è cambiata la vita nei mari”
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Manuela Famà