Nonostante sia una delle questioni di maggiore importanza del nostro secolo, la crisi climatica sembra essere sottorappresentata dai media e ancora di più lo sono le sue cause. Ad evidenziarlo è Greenpeace, la quale ha analizzato cinque delle testate nazionali più importanti: Avvenire, Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole24Ore e La Stampa.

Crisi Climatica – Photo Credits Teleambiente

La Crisi Climatica nell’informazione

Il report di Greenpeace, “Analisi dell’informazione sulla crisi climatica“, prende in considerazione il periodo che va dal primo gennaio al trenta aprile di quest’anno e ha posto in esame 260 pubblicazioni. È emerso che gli articoli che trattano la crisi climatica sono 528 ma solo in 117 è l’argomento centrale.

È trattata soprattutto come una questione economica e industriale (45,3%), in secondo luogo come un evento politico (25,2%), mentre viene trattata come una questione ambientale solo nel 18,4% dei casi. Ad essere preso ancora meno in considerazione è l’impatto sociale della crisi climatica, che raggiunge una percentuale di rappresentazione dell’11,4%.

Come vengono descritte le cause e le conseguenze

Dall’analisi sembra che le cause dell’emergenza ambientale siano assenti per il 77,5% delle volte e, nei pochi casi in cui vengono descritte, si parla in misura maggiore di combustili fossili in modo generale. Questi rappresentano 37 su 122 cause individuate dal report, seguiti dalle emissioni di anidride carbonica – trattate sempre in maniera non approfondita – che equivalgono a 28 su 122 cause.

Anche le conseguenze della crisi ambientale sono per la maggior parte del tempo assenti (70,7%) e vengono citate soprattutto quelle ambientali (70 su 142), dando poco spazio alle conseguenze di tipo economico, sociale e sanitario. Infine, negli articoli analizzati, vengono individuate come responsabili sette aziende, tutte operanti nel settore petrolifero ma quando viene affrontato il tema in modo esplicito si lascia spazio a cause diverse dai combustibili fossili, la cui rappresentazione scende al 30,3%.

Martina Cordella