Don Pino Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio, il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta. Il parroco viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993. Oggi, dunque, ricordiamo un uomo che, attraverso il potere dell’educazione, cercò di combattere la mafia.
Don Puglisi e il suo impegno sociale
Dopo essere divenuto parroco nel 1960 di una parrocchia presso Settecannoli, dieci anni dopo padre Pino Puglisi è nominato parroco di Godrano, cittadina che in quegli anni era teatro di una faida tra famiglie mafiose per il dominio del territorio. Già da questo momento il parroco palermitano si rese portavoce di un messaggio di pace, divenendo anche educatore di giovani ragazzi provenienti da difficili condizioni sociali. Questi sono, infatti, centrali nella sua missione evangelica. Convinto sostenitore della forza dell’educazione contro la malavita, padre Puglisi si dedica a vari “campi scuola”, adottando un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.
A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame, Camminare insieme. Detto “U parrinu chi cavusi” – il prete con i pantaloni- per la sua abitudine di non indossare l’abito talare per le strade di Brancaccio, il parroco concentrò il suo impegno sociale proprio in questo quartiere palermitano dal 1990.
Centro Padre Nostro, un luogo in cui crescere liberi dalla mafia
In un quartiere come quello di Brancaccio, in cui, a poco tempo di distanza dalla strage di Capaci, tra i ragazzini si esaltava tanto il potere della mafia e la sua vittoria sulla giustizia, don Pino Puglisi cercò di intervenire attraverso l’educazione dei giovani. Nasceva, così, il Centro Padre Nostro, un luogo dove accogliere i bambini per toglierli dalla strada e strapparli alla criminalità. L’obiettivo del parroco palermitano era quello di avviare un deciso processo di alfabetizzazione e di insegnamento cristiano, con il quale nutrire i più piccoli: soltanto imparando a riflettere e a formare un proprio libero pensiero, si sarebbero allontanati dalla malavita siciliana.
Don Puglisi si impegnò anche come cittadino, per la riqualificazione del quartiere, promuovendo la creazione di un centro sanitario, la sistemazione delle fogne, la costruzione di una scuola media. E’ stato, inoltre, il primo a rifiutare le donazioni alla chiesa da privati: queste provenivano dalle famiglie mafiose locali.
Don Pino Puglisi e la denuncia contro la mafia
Durante ogni sua omelia, il parroco non esitava ad attaccare la mafia, senza tuttavia dimenticare il perdono: se infatti la mafia come struttura è peccato ed è da condannare, il mafioso come singolo è un peccatore, e per lui è necessario il perdono. Coraggio e determinazione erano due delle qualità di questo sacerdote che mai si arrese di fronte al pericolo di ricevere gravi ripercussioni per il suo operato sociale.
Nel frattempo però, la mafia si vedeva privata di giovani “braccia” che, sempre di più, erano attirate dall’autentica protezione di padre Puglisi, che aveva il più puro degli scopi: rendere liberi i giovani “condannati” a una vita da criminali. Il parroco era ormai un ostacolo da eliminare. Il 15 settembre 1993, giorno del suo compleanno, un uomo lo aspettava davanti al portone di casa. Al suo assassino, prima di morire, don Pino rivolse tre semplici parole: ”Me lo aspettavo”.
I ragazzi di Puglisi: il Centro Padre Nostro oggi
Ancora oggi l’impegno sociale di padre Puglisi è vivo e continua nel quartiere Brancaccio di Palermo. Sono tanti i giovani educatori volontari che portano avanti la sua lotta contro la mafia. Tra questi, Vincenzo Costanzo, giovane educatore dell’Azione Cattolica. Nel quartiere “dimenticato” Vincenzo si occupa del recupero scolastico.
Ogni pomeriggio aiutiamo bambini e adolescenti a non rinunciare ad avere un’istruzione. Qui l’abbandono scolastico è una piaga sociale. Ed è anche sull’ignoranza che fa breccia la violenza. Padre Puglisi lo aveva compreso con lungimiranza. Grazie a noi del Centro, comunque, anche diversi adulti hanno potuto prendere la licenza di terza media.
Benché siano state tante le iniziative che hanno permesso la crescita del quartiere, come la costruzione di scuole e biblioteche, c’è, dunque, ancora tanto da fare per combattere l’ignoranza. Seguendo le orme di don Pino Puglisi, sono molti i giovani professionisti che credono di poter davvero cambiare le cose facendo leva sull’istruzione. E ci riusciranno. Perché l’istruzione è la chiave del riscatto sociale.
Martina Pipitone
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