Dori Ghezzi, vivere in “emmenalgia”

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Di Ginevra Alibrio

Dori Ghezzi, nata in Brianza il 30 marzo 1946, è una commistione di grinta, dolcezza, emancipazione e «voce melodiosa d’un usignolo» (come De André amava ribadire). Un modello di “bellezza femminile” forte e indipendente, che trasmette pieno ottimismo nei confronti del futuro. La Ghezzi parla sempre della sua storia come composta di “vite diverse”, dunque andremo a scoprirle.

«Sarà perché non sono mai stata bambina che oggi chiedo e desidero quella fanciullezza che non ho avuto»

– Dori Ghezzi nell’intervista di Diego Dalla Palma per il programma Uniche

Dori Ghezzi, cantante senza volerlo

Dori Ghezzi da giovane. Photo Credits: Radio Capital
Dori Ghezzi da giovane. Photo Credits: Radio Capital

Quando Dori Ghezzi (non notate la schiacciante somiglianza estetica con Brigitte Bardot?) racconta la sua carriera, sottolinea sempre che probabilmente il vero motivo per cui la vita l’ha portata a fare la cantante sia stato «dover incontrare Fabrizio». Dai suoi racconti emerge infatti che il canto non fu una vera e propria scelta, bensì un “consiglio”. Proviamo allora a immaginare una Dori bambina seduta accanto allo zio Piero, il primo in assoluto a credere in lei, mentre accompagna cantando le sue note alla chitarra. Ispirata dallo zio e con la volontà di non deluderlo, nel 1966 Dori si presenta a un concorso canoro sulle note di Io che non vivo (senza te) di Pino Donaggio, vince e ottiene un provino radiofonico alla Rai.

«Zio Piero segnò il mio destino, ho sempre immaginato lui, che fu prigioniero in Albania, come il protagonista del brano, guarda caso di Fabrizio De André, “La guerra di Piero”, che in realtà Fabrizio aveva dedicato allo zio Francesco»

– Dori Ghezzi nell’intervista di Donato Milione

L’esordio: Balla insieme a Casatchok!

È il compositore Alberto Testa a presentarla alla casa discografica Durium, da cui il primo contratto. E Dori si ritrova a intraprendere la professione di cantante quasi senza volerlo: «Amo la musica al punto tale che non potrei sopravvivere senza» afferma la Ghezzi in varie interviste, ammettendo però di soffrire fortemente la popolarità e tutto l’aspetto promozionale affiancato al mestiere creativo musicale. Notiamo in questo una totale affinità con De André, non solo nella difficoltà del calcare il palcoscenico, ma soprattutto nell’umiltà con cui Dori ha sempre valutato le proprie capacità. Amare e avere fiducia incondizionata nel proprio pubblico ma soffrire l’esibizione dal vivo: si saranno ritrovati anche per questo?

Al secondo posto al Festival delle rose di Roma con Vivere per vivere (colonna sonora dell’omonimo film) nel ’67, il vero successo che tutti ricordiamo è Casatchok, rivisitazione del brano Katjuša del russo Matvei Blanter. Mentre tutti imitano il balletto di Casatchok, Dori partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo nel 1970 con Occhi a mandorla. Se osservate bene, inoltre, potrete riconoscere Dori Ghezzi nel film Forza G di Duccio Tessari (1972) nei panni di una giovane francese!

Dori Ghezzi e Wess, “un corpo e un’anima” dall’Italia a Stoccolma

La svolta è il sodalizio con Wess. Dopo il singolo in 45 giri Voglio stare con te del 1972, i due escono vittoriosi da Canzonissima con l’iconico brano Un corpo e un’anima. Dopo Sanremo, rappresentano l’Italia all’Eurofestival 1975 a Stoccolma con il brano Era, in un lungo tour di portata internazionale. Una sfida per Dori, che sottolinea di aver dovuto cantare un’ottava sopra rispetto ai suoi standard: «Se posso definirmi una professionista lo devo a lui; da lui ho imparato il mestiere, lui era l’artista, io la corista».

Parallelamente, Dori Ghezzi continua la carriera da solista: risalgono a questo periodo brani come Povero ragazzo, Ed ora son sola, Adamo ed Eva, Non ci contavo più (versione italiana di Ben di Michael Jackson). Riprende nel 1983 e seguono negli anni successivi quattro album e tre partecipazioni al Festival di Sanremo: tra i brani più importanti Margherita non lo sa, E non si finisce mai, Il cuore delle donne. La sua carriera si ferma nel 1990 per via di un problema alle corde vocali. Piccola eccezione sarà la complicità di Dori nell’affiancare il marito nel brano Khorakanè.

«Credo piuttosto che sia doveroso partire da noi stesse, perché anche la nostra indipendenza rende meno insicuro l’uomo che finalmente, “progetta” insieme con noi»

– Dori Ghezzi in un’intervista su 1channel.it

L’amore con Faber: «Ma se ti svegli, e hai ancora paura, ridammi la mano»

Tutto inizia con uno scambio di sguardi nel 1969, al premio Caravella d’Oro. Cinque anni dopo, la notte di Capodanno, c’è una moneta da 50 lire per terra e Dori la raccoglie, mentre l’amico Cristiano Malgioglio le indica la casa di Fabrizio De André. Pochi mesi dopo, l’incontro in sala di registrazione e lo scambio dei numeri di telefono. Sembra un film, ma è l’inizio di una storia d’amore di assoluta complicità durata ben 25 anni. Due anime che non possono fare a meno l’una dell’altra. Amore, devozione e collaborazione: «casa e bottega», ha affermato ironicamente De André. Dori Ghezzi non parla mai di “appartenere”, ma piuttosto di «scelta nata esclusivamente dal proprio desiderio» per un rapporto basato sulla fiducia e l’assoluta libertà individuale.

Grazie a te, ho una barca da scrivere
Ho un treno da perdere
E un invito all’Hotel Supramonte
Dove ho visto la neve
Sul tuo corpo, così dolce di fame
Così dolce di sete

– Fabrizio De André, Hotel Supramonte (1981)

Insieme si trasferiscono nella tenuta sarda dell’Agnata, vicino Tempio Pausania e lì nasce la piccola “Luvi”, Luisa Vittoria. Superano quattro lunghi mesi di prigionia, vittime di un rapimento durante il quale comprendono la forza del loro stare insieme. Fabrizio muore giovane, l’11 gennaio del 1999, e Dori ha scelto di continuare a vivere con Fabrizio. Dedicandogli la Fondazione Fabrizio De André Onlus, Dori Ghezzi continua a proteggere e divulgare il patrimonio artistico del marito. Nel descrivere il suo rapporto con il ricordo di Fabrizio, la Ghezzi sposa il neologismo “emmenalgia“, coniato dalle sceneggiatrici della fiction Fabrizio De André – Principe libero:

«Non si vuole rivivere il passato ma si continua insieme il presente attraverso i nuovi incontri e continuando a proiettarci nel futuro. Potrei paradossalmente supporre una nostalgia del futuro. Continuo il discorso con lui ogni giorno»

– Dori Ghezzi nell’intervista di Donato Milione

Ginevra Alibrio

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