Emergenza climatica: perché non ci preoccupiamo abbastanza?

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Di Martina Cordella

Quasi la totalità dei climatologi afferma che l’emergenza climatica è realtà e causata dall’attività umana. Gli eventi atmosferici estremi sempre più frequenti ne sono l’esempio lampante. Eppure il negazionismo climatico continua ad essere realtà e anche chi i più attenti alle questioni ecologiche, a volte, faticano a mettere in atto quelle azioni necessarie per contrastare il riscaldamento globale. Sembra che non riteniamo la crisi ambientale un rischio vero e proprio e, difronte a questioni più imminenti, come è stata la pandemia da coronavirus in questi due anni, sembra ci sia una tendenza a spostarla in secondo piano.

Emergenza climatica: le barriere psicologiche

Emergenza climatica – Photo Credits Lifegate

Siamo consci della realtà dell’emergenza ambientale ma fatichiamo ad affrontarla. Perché? Una risposta potrebbe trovarsi nel nostro Background Knowledge, vale a dire le conoscenze di base su cui basiamo il nostro sviluppo all’interno della società. Rappresentano tutto ciò che conosciamo sul mondo e la crisi ecologica mette in dubbio ciò su cui abbiamo sempre basato la nostra esistenza: tradizioni, abitudini, stili di vita e modelli economici e sociali. Quello della sostenibilità è un percorso complicato, non sorprende quindi che si faccia fatica ad intraprenderlo.

Si tratta poi di un evento di grande portata e relativamente nuovo, per cui non abbiamo modelli passati a cui appellarci per poterlo affrontare. Potrebbe sembrare un problema senza soluzioni, anche se sappiamo quali sono sono le azioni da intraprendere al fine di contrastarla. È questa la dissonanza cognitiva, vale a dire lo scarto tra ciò che si apprende e ciò a cui ci si conforma, per cui più i fatti presentati mettono in discussione convinzioni profonde, più le persone tenderanno ad aggrapparsi ad esse.

Ci sono questioni più urgenti da affrontare

Se l’emergenza ambientale non è la nostra preoccupazione principale potrebbe essere perché tendiamo a concentrarci su quelle che pensiamo siano questioni più urgenti da affrontare. La pandemia di Covid-19, per esempio, ha risucchiato molte delle nostre energie negli ultimi anni, facendo passare la crisi climatica in secondo piano. Così come ora tutte le energie sono indirizzate verso il conflitto russo-ucraino che sta provocando una crisi del grano e del gas.

Ciò è accaduto perché la pandemia da Covid-19 si presentava con soluzioni immediate, di cui abbiamo potuto vedere i benefici in tempi relativamente brevi. L’emergenza ambientale invece viene percepita come un problema lontano dalla nostra quotidianità e anche quando le conseguenze ci raggiungono non le ricolleghiamo automaticamente alla crisi climatica.

Martina Cordella