[ESCLUSIVA] Riccardo Cucchi: “Bisogna avere spirito sportivo, tradirlo significa tradire lo sport”

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Di Redazione Metropolitan

In una bellissima chiacchierata l’ex radiocronista Riccardo Cucchi si è dilungato su molti temi: la cultura sportiva in Italia, la Nazionale, la Lazio, fino a giudicare il livello del nostro campionato e raccontare le sue emozioni e i suoi nuovi impegni.

[ESCLUSIVA] Riccardo Cucchi non è mai banale: la sua voce, senza dubbio la riconosceresti tra mille. Per chi, come me, ha avuto il piacere di ascoltarlo durante la sua illustre carriera giornalistica, riascoltarlo fa un certo effetto soprattutto se quella voce ti rievoca momenti e sensazioni magnifiche.

Riccardo è una persona di elevato spessore intellettuale, e lo si nota dal livello di pensiero, dai suoi riferimenti culturali – direi- mai casuali e sempre calzanti a pennello. Si è concesso in un’intervista a 360 gradi su quello che gli ha regalato il suo passato, su quella che è la sua personale visione del calcio senza però mancare di riconoscere a questo sport i motivi per cui lo si ama: l’emozione e la passione.

Buongiorno Riccardo, innanzitutto dopo tanti anni in radio le chiedo come trascorre ora le sue domeniche

“Indubbiamente il calcio mi ha accompagnato per tutta la vita da quando ero bambino, soprattutto grazie all’ascolto della radio che è stato veicolo di conoscenza e scoperta di questo sport. È evidente che anche dopo aver smesso di lavorare io continui a vivere il calcio con la stessa passione: andando allo stadio (che io ritengo sia ancora il modo migliore per vivere le sue emozioni) anche per riascoltare i rumori e le atmosfere che lavorando non riuscivo più a sentire; ascoltando la radio per continuare ad ascoltare anche i miei colleghi ed in fine attraverso la televisione. Quindi il calcio è una parte integrante della mia vita e questo è stato soprattuto il movente che mi ha portato a compiere il mestiere che ho svolto per una vita, convinto che senza passione per lo sport, e per il calcio in particolare, non sarebbe stato possibile”.

Lei di emozioni legate al calcio ne ha vissute molte, per citarne una tra tante la radiocronaca ai Mondiali di Germania nel 2006 quando l’Italia si laureò campione del mondo. Il bello del calcio però spesso è offuscato da ciò che lo circonda che spinge molti a disprezzarlo apostrofandolo con i soliti luoghi comuni; Che visione ha di questo calcio?

Indubbiamente il calcio è cambiato tanto dagli anni in cui ho iniziato ad apprezzarlo io da ragazzino, naturalmente l’aspetto business ed affari oggi è più prevalente rispetto a quanto non lo fosse in passato e questo può togliere a questo sport quella purezza e quella semplicità che si respirava un tempo. Che il calcio sia una metafora di vita non lo dico io, lo hanno detto in molti prima di me ed io ne sono personalmente molto convinto. La mia lettura del calcio è molto vicina a quella che, tempo fa, un grande scrittore uruguaiano Eduardo Galeano scrisse in uno dei suoi tanti libri: “crescendo con il tempo mi sono accorto di essere diventato un mendicante quando entro in uno stadio, mendicante di un gesto tecnico, di un gesto bello e non mi interessa più se a farlo sia un giocatore della mia squadra o della squadra avversaria, quando il gesto tecnico e la bellezza si materializzano io ringrazio Dio di avermi regalato il calcio”. Io credo che prima ancora di essere tifosi, essere innamorati del calcio sia il primo gradino, il primo passo dal punto di vista culturale per poter diffondere un’autentica cultura sportiva”.

Lei parla di cultura calcistica, ma a riguardo secondo lei a che punto siamo in Italia?

Siamo estremamente in ritardo, ma direi che il calcio in questa situazione rispecchi in maniera precisa la fotografia di quella che è l’Italia in questo momento; è un paese secondo me un po’ smarrito, che ha perso alcune coordinate culturali e nel quale l’odio sta prevalendo sull’intelligenza, lo vediamo anche nell’ambito politico. Mi auguro si possa tornare indietro, ma del resto è opportuno prendere coscienza del problema avendo il coraggio di dire con forza, sia dall’interno sia dall’esterno del mondo del calcio, che non c’è alcuna possibilità di conciliare il calcio con l’odio, con la violenza, con il razzismo e con la discriminazione territoriale, perchè il calcio e lo sport in generale rappresentano l’esatto opposto di ciò che l’odio porta con se. Basta leggere la Carta Olimpica per rendersi conto di cosa significhi lo sport a livello etico e di valori: lo sport è rispetto dell’avversario, è sfida leale, è tolleranza ed accoglienza, è riconoscimento della diversità. Tutto questo fa parte della cultura sportiva dai tempi dell’antica Grecia, e tradire questo spirito significa tradire lo sport”.

Restando su quello che è l’aspetto ludico, le chiedo un giudizio sul livello del nostro campionato e se l’arrivo di notevoli campioni come Ronaldo, De Ligt, Ribery, Sanchez bastino a far tornare la nostra Serie A a risplendere come un tempo

La mia generazione è stata molto fortunata perchè abbiamo vissuto in Italia un calcio, quello a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, che rappresentava un punto inarrivabile per quanto riguarda la bellezza la ricchezza e la qualità tecnica. Ho avuto la fortuna di raccontare campionati nei quali giocavano contemporaneamente uomini come Platini, Maradona, Van Basten, Gullit, Zico, Falcao e potrei citarne moltissimi ancora… Il nostro campionato era un punto di riferimento mondiale anche per quanto riguadava la novità tattica; basti pensare ad Arrigo Sacchi che da questo punto di vista è stato un assoluto profeta.

Sul passaggio dei top player in Italia: “L’arrivo di Ronaldo, Ribery, Sanchez è la testimonianza che effettivamente qualcosa è cambiato e che l’appeal del nostro campionato è aumentato negli ultimi anni. Piuttosto mi viene da pormi una domanda di carattere più generale legata all’aspetto economico: Sappiamo che la ricchezza del calcio italiano dipende per il 70-80% dai diritti televisivi ed è una percentuale più alta rispetto agli altri campionati europei, il nostro calcio quindi è un gigante con i piedi d’argilla; cosa accadrà dunque al nostro campionato nel giorno in cui per qualche ragione -per altro possibile, perchè i sintomi ci sono- i diritti televisivi venissero a mancare? sarebbe la sua fine, il giocattolo si romperebbe. Credo che il calcio per essere più indipendente circa l’aspetto della commercializzazione delle sue immagini debba essere più impresa, investire di più e generare ricchezza in maniera differente”.

Dopo aver smesso di fare servizio pubblico ha confessato finalmente il suo tifo per la Lazio, a riguardo le chiedo un giudizio sulla gestione della società, la quale negli ultimi anni ha dimostrato che si possono ottenere risultati importanti anche senza fare spese folli ed operando in maniera oculata, e che tipo di campionato si aspetta quest’anno.

Ho tenuto nascosto per 40 anni il mio amore per la Lazio non finendo mai, neanche a ripetuta domanda, per confessarlo. Io regolarmente a chi mi chiedeva per quale squadra tifassi rispondevo che lo avrebbero saputo una volta appeso il microfono al chiodo. La ragione è molto banale: svolgendo servizio pubblico l’obbligo di terzietà ed imparzialità era più sentito rispetto a qualsiasi altro radiocronista e soprattutto perchè la terzietà è un elemento imprescindibile maggiormente per chi fa radio. Il rapporto che si instaura tra chi racconta e chi ascolta è un rapporto di totale fiducia, quindi deve esserci necessariamente grande lealtà e la faziosità non deve trovare spazio. Ovviamente non si può fare questo mestiere senza passione, senza appassionarsi ad una maglia, ad una bandiera, ad una storia o a dei colori. Io al termine della mia carriera a Radio 1 nel 2017 ho dichiarato la mia passione per la Lazio. Questa Lazio a me piace, sono convinto che le critiche nei confronti di Lotito siano eccessive e che la sua gestione dal punto di vista imprenditoriale è stata fin qui pressoché perfetta. Non dimentichiamoci che la Lazio deve chiudere un debito importante con lo Stato pagando regolarmente un prezzo molto alto per il disastro finanziario risalente all’epoca del presidente Cragnotti, e quest’obbligo Lotito lo risolve puntualmente con l’Agenzia delle entrate. Non è poi di secondo rilievo il fatto che abbia i conti in ordine, non abbia fatto debiti e non intende farne.

Lazio seconda solo dopo la Juventus:” In questo contesto sfugge, anche a molti tifosi biancocelesti, che la Lazio è, dopo la Juventus, la squadra che ha vinto di più in Italia con le sue Coppe e Supercoppe Italia senza fare follie di mercato e con una gestione oculata. Anche la squadra nata quest’anno, con l’inserimento di due giocatori, in particolare Lazzari, ma anche Vavro, difensore centrale di cui ancora sappiamo poco ma che sarà molto utile alla squadra, è per me molto valida. Sono felice della permanenza di Inzaghi, un allenatore che conosce bene la sua squadra ed ha un rapporto fantastico con i suoi ragazzi e si è visto nelle prime due giornate come la Lazio abbia messo in luce, a mio modo di vedere, il miglior gioco della Serie A. Mi aspetto, in questo campionato, che la Juventus sia ancora la squadra da battere ma con una concorrenza più pronta e che possa veramente cambiare l’esito delle cose. Sono contento anche del rapporto che la Lazio, con i suoi calciatori e dirigenti, sta cercando di instaurare con il contesto sociale. Forse molti non sanno che la società ha sottoscritto un impegno con le scuole romane, in virtù del quale ogni settimana i calciatori sono presenti nel contesto scolastico per parlare di valori, di calcio e di etica con i giovani, occasione che inevitabilmente si traduce in passione generando un tentativo di cambiare il modello culturale sportivo”.

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Riccardo Cucchi a San Siro (Credit: Getty Images)

L’Italia di Mancini sembra aver ricostruito uno spirito che era andato perduto, mostrando coraggio e sapienza nel lanciare i giusti giovani. Cosa apprezza di questo gruppo?

Mancini ha un ruolo molto difficile perchè risalire la china ad oggi, dopo la notte magica di Berlino e le varie delusioni che si sono affastellate una sull’altra, è molto complicato. Credo anche che il problema del nostro calcio sia anche il fatto che siano venute a mancare una o due generazioni di calciatori di talento. Oggi Mancini si ritrova a fare i conti con questo. Esistono talenti? in prospettiva forse si, ma al momento non credo si possa dire con chiarezza che in questa nazionale esista un Baggio, un Del Piero o un Totti e Mancini sta cercando di far crescere un gruppo di giovani che hanno delle qualità provando a fare squadra. La cosa che apprezzo molto dell’Italia attuale, nonostante alle volte produca un livello di gioco soddisfacente ed altre no, è che provi a fare calcio, sfidando se stessa e i suoi limiti. Anche questo è per me un insegnamento culturale, perchè il calcio non è solo vincere, ma anche mettersi alla prova”.

Ora ha sicuramente più tempo per dedicarsi ad un’altra sua passione: la scrittura. Radiogol è stato il progetto che forse aveva sognato e che è riuscito poi a realizzare imprimendo nero su bianco i suoi ricordi e le sue emozioni. Ha qualcos’altro in serbo per noi lettori?

Sì, sto scrivendo. A me piace scrivere e non ho mai smesso di farlo. Lavorando ovviamente il tempo a disposizione era poco e non mi dava la possibilità di scrivere molto, nonostante comunque sia riuscito a farlo. Radiogol è stato un libro emotivo, in cui ho raccontato il mio amore per la radio e per il calcio. È un libro che mi permetto di definire narrativo, perchè ogni capitolo è una storia, che ha un inizio, uno svolgimento ed una fine. La differenza con la narrativa ordinaria è che i personaggi delle mie storie, tutte realmente accadute, sono esistiti e li ho personalmente conosciuti. Il mio tentativo con questo libro è quello di mettere emozioni sulla carta anzichè suscitarle vivendole al microfono. Ci sono riuscito? non so dirlo, lo spero. Lo diranno eventualmente coloro che sceglieranno di leggerlo”.

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