Fabrizio De André: cosa si cela dietro le sue canzoni

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Di Andrea Mari

Il cantautore genovese è uno dei maggiori esponenti della storia musicale del nostro Paese. Controverso, geniale, sognatore e sopra le righe: scopriamo cosa si cela dietro i componimenti dell’indimenticato “Faber” da Genova.

Fabrizio De André entra di diritto, in virtù della sua folgorante carriera, nell’Olimpo della musica italiana, tra i cantautori che hanno lasciato un segno immortale nella nostra cultura musicale. Il genovese è riuscito a raccontare, come pochi altri, la nostra Italia toccando tematiche scottanti ma al contempo interessanti. A “Faber” viene riconosciuta una caratteristica destinata soltanto alle colonne della musica nostrana: aver avuto il merito di raccontare il nostro Paese per tanti anni componendo testi che, ancora oggi, risultano molto attuali.

È considerato uno dei maggiori poeti del secondo Novecento ed i suoi testi, spesso criptici, nascondono dei profondi significati che affondano le proprie radici in tematiche spinose ma affascinanti. Un vero e proprio talento poetico-letterario, il suo. Scopriamo insieme qualche “messaggio in codice” che il cantautore ligure ci ha lasciato in eredità dopo aver vissuto il suo ultimo giorno sulla Terra l’11 gennaio 1999.

Fabrizio De André: le canzoni del “lutto”

La tematica del lutto, del distacco, è un argomento molto ricorrente nei componimenti di “Faber“. Una doppietta di canzoni che testimoniano questo filo diretto con l’assimilazione del lutto sono “Preghiera in gennaio” e “Una storia sbagliata“, entrambe dedicate a due personalità che trovarono la morte prima del cantautore genovese. La prima è dedicata a Luigi Tenco, suo grande amico. Il componimento è stato scritto poche ore dopo la morte di Tenco, come ha candidamente ammesso lo stesso De André:

“L’ho dedicata a Tenco. Scritta, o meglio pensata nel ritorno da Sanremo dove c’eravamo precipitati [ …. ] Sai, ad un certo punto non sai cosa fare per una persona che è morta, ti sembra quindi quasi di gratificarla andando al suo funerale, scrivendo – se sei capace di scrivere e se ne hai l’idea – qualcosa che lo gratifichi, che lo ricordi… forse è una forma… ma d’altra parte è umano, credo… non l’ho di certo scritta apposta perché la gente pensasse che io avevo scritto apposta una canzone per Luigi, tant’è vero che non c’era scritto assolutamente da nessuna parte che l’avevo composta per lui”.

La seconda, invece, denuncia in forma di poesia la dipartita di Pier Paolo Pasolini che trovò la morte all’idroscalo di Ostia nella notte tra il 1 ed il 2 novembre. È la massima espressione della “poesia degli ultimi”. Anche sul bolognese, “Faber” ha molto da dire:

“La sua morte? Non doveva succedere. È stato come ammazzare una buona fetta di cultura. Di quella cultura che era fuori ogni schema e norme. Credo sia stato il primo a dire che non esiste solo una cultura ma, in realtà, ne esistono tante e nessuna è più importante di un’altra. E lui poteva dirlo perché ha cercato di sperimentarle di persona, queste nuove culture diverse. È quasi sfacciato, teppistico anzi, dire che se l’è andata a cercare. Lui andò a cercarsi delle culture diverse perché era così, ovviamente è stato mal interpretato e probabilmente anche questo è uno dei motivi della tragedia…”

“Volume I”: le canzoni dei carruggi

La prostituzione femminile è un altro tema ricorrente nella narrazione musicale di Fabrizio De André. Nell’album “Volume I” sono tantissimi i rimandi, seppur poetici, a chi esercita il mestiere più antico del mondo. “Bocca di Rosa” parla dell’arrivo di una prostituta che sconquassa la vita monotona e pia di un piccolo paesino creando malelingue ed invidie delle paesane. Anche “Via del Campo” è un chiaro rimando alla prostituzione genovese mentre “La canzone di Marinella” narra vicende realmente accadute che hanno ispirato la vulcanica mente del cantautore. Lo stesso “Faber” ha raccontato:

“La ‘Canzone di Marinella’ non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È tutto il contrario. È nato da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a 16 anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente. Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte.”

Proprio con “La canzone di Marinella” arriva il primo, vero, successo del cantautore genovese che, finalmente, beneficia di un’entrata economica cospicua:

“Mi arrivano seicentomila lire in un semestre. Allora ho preso armi e bagagli, moglie, figlio e suocero e ci siamo trasferiti in Corso Italia, che era un quartiere chic di Genova. Quindi chiusa la storia con la laurea e con tutto il resto. Da quel momento, cominciai a pensare che forse le canzoni m’avrebbero reso di più e, soprattutto, divertito di più”.

In “Volume I” è presente una traccia ironica chiamata “Carlo Martello“, scritta con il suo grande amico Paolo Villaggio, che narra le disavventure amorose del Re di Franchi, pur non avendo alcun diritto, con una prostituta. Il maggiordomo di palazzo che esercitò il potere regale dal 737 al 741 (Re di fatto), nella canzone, torna vittorioso ma ferito dalla battaglia di Poitiers contro i saraceni: sulla strada che porta verso casa, il sovrano dei Franchi trova una prostituta che, alla ‘fin della tenzone‘ per parafrasare la canzone, non paga per i suoi “speciali servigi“.

La dipendenza di Fabrizio De André ed il “Cantico dei drogati”

Il successo arriva. Eccome se arriva. Tra il 1968 ed 1973 Fabrizio De André fu in pieno fermento artistico. Tra gli assoluti successi di questi anni, ovviamente, troviamo il concept dal titolo “Tutti morimmo a stento” che, al suo interno, può vantare una canzone d’ispirazione esistenziale come “Il cantico dei drogati“. Questo brano è tratto dalla poesia “Eroina” di Riccardo Mannerini, caro amico del cantautore genovese. Ecco le parole di “Faber“:

“Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perche’ quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. E’ morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall’alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Pero’ il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. E’ una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perche’ grazie all’alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima.”

Fabrizio De André

“Amico Fragile” ed il rapimento in Sardegna

La complessità del repertorio di Fabrizio De André sfocia, molto spesso, nei suoi vissuti più intimi. Nel 1975 “Faber” collabora con Francesco De Gregori all’album “Volume VIII“. In questa serie di canzoni spunta, senza ombra di dubbio, il componimento denominato “Amico Fragile”, una vera e propria autocelebrazione profonda. È lo stesso ligure ad ammetterlo candidamente:

“Quando ero ancora con la mia prima moglie, fui invitato una sera a Portobello di Gallura, dove m’ero fatto una casa nel ’69, in uno di questi ghetti della costa nord sarda: d’estate arrivavano tutti, romani, milanesi… in questo parco residenziale, e m’invitavano la sera che per me finiva sempre col chiudersi puntualmente con la chitarra in mano. Una sera ho tentato di dire: “Parliamo un po’ di quello che sta succedendo in Italia…”; nemmeno per sogno, io dovevo suonare. Allora mi sono proprio rotto i coglioni, mi sono ubriacato sconciamente, ho insultato tutti, me ne sono tornato a casa e ho scritto Amico fragile”

La sua grandezza artistica riuscì anche a trasformare la tragedia di un rapimento in un componimento musicale delicato e magico come “Hotel Supramonte“. Il 27 agosto 1979 De André e Dori Ghezzi, sua seconda moglie, vengono rapiti dall’Anonima Sarda per circa 120 giorni. Dopo il rilascio, sotto lauto riscatto, il cantautore non si scaglia contro i suoi aguzzini ma si rende estensore di parole “al miele” asserendo di esser stato trattato bene durante la prigionia e che li capiva. Un perdono che solo i grandi pensatori possono elaborare. Il pezzo è contenuto nel famoso album “Indiano“, uscito dopo un periodo di riposo successivo al rilascio.

“Antologia di Spoon River” tradotta in musica

Come si fa a trasformare una raccolta di poesia di Edgar Lee Masters in uno degli album di punta dell’intera discografia di un cantautore? Ce lo spiega “Faber“. De André ha riadattato in musica la famosa “Antologia di Spoon River” nel meraviglioso lavoro chiamato “Non al denaro, non all’amore né al cielo” del 1971. Grazie a questo album, il ligure diventa amico di Fernanda Pivano, traduttrice e scrittrice che ha fatto conoscere in Italia la letteratura americana. Vi proponiamo una traccia: “Un chimico“. Ma tutte, onestamente, meriterebbero un attento ed assorto ascolto. Ah, leggete anche l’opera di Masters.

Fabrizio De André e l’anarchia

Se ti tagliassero a pezzetti” e “La cattiva strada” contengono venature, non troppo velate, del pensiero politico di “Faber” che sfocia nell’anarchia. Una strofa del primo componimento, all’origine, doveva recitare “Signorina libertà, signorina anarchia” invece dell’attuale “Signorina libertà, signorina fantasia“. La seconda canzone è un inno all’ideologia politica del cantautore ligure: basta ascoltare il testo del brano per rendersene conto. Lo stesso De André non ne fa mistero:

“Scrivo di persone che hanno tentanto, anche in maniera abbastanza balorda e al di fuori delle leggi scritte, di riuscire a trovare la loro libertà. Che certe volte contrasta ciò che sono le leggi scritte. Per me è importante far capire alla gente che le leggi scritte possono essere scritte in ogni caso, in ogni modo ed in ogni tempo ma sempre da un gruppo che è al potere”.

La prima serata di “Una storia da cantare” su Rai Uno

La prima serata di “Una storia da cantare” su Rai Uno è dedicata a Fabrizio De André. Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero, presentatori dello show in prima serata dell’ammiraglia della Rai, sono pronti a portare i telespettatori alla scoperta dell’uomo che si cela dietro al cantautore genovese. In queste puntate (tre in totale dedicate anche a Lucio Battisti e Lucio Dalla) verranno chiamati big e giovani della musica italiana ad interpretare le canzoni di questi “mostri sacri”. Previsti numerosi ospiti nella puntata dedicata a “Faber“: Dori Ghezzi, Massimo Ranieri, PFM, Paola Turci, Nek, Morgan, Loredana Bertè, Lino Guanciale, The André, Elena Sofia Ricci, Anastasio, Ornella Vanoni e Willie Peyote.

Tutti presenti per ricordare un uomo, un cantautore, un poeta ed un personaggio nostrano che il mondo c’invidia da anni ed anni. Grazie Rai, grazie De André.

Una traccia “bonus”

Ma cosa sarebbe un argomento musicale senza una traccia bonus. Anche il nostro piccolissimo album dedicato al significato delle canzoni del grande Fabrizio De André vuole fregiarsi di una piccola sorpresa finale. Vi postiamo, proprio qui sotto, uno dei componimenti che, a nostro avviso, racchiude tutto il fantastico repertorio del cantautore genovese. Ecco a voi testo e musica di “Via della povertà“. Una vera e propria goduria…

Il Salone di bellezza in fondo al vicolo
È affollatissimo di marinai
Prova a chiedere a uno che ore sono
E ti risponderà “non l’ho saputo mai” Le cartoline dell’impiccagione
Sono in vendita a cento lire l’una
Il commissario cieco dietro la stazione
Per un indizio ti legge la sfortuna

E le forze dell’ordine irrequiete
Cercano qualcosa che non va
Mentre io e la mia signora ci affacciamo stasera
Su via della Povertà

Cenerentola sembra così facile
Ogni volta che sorride ti cattura
Ricorda proprio Bette Davis
Con le mani appoggiate alla cintura

Arriva Romeo trafelato
E le grida “il mio amore sei tu”
Ma qualcuno gli dice di andar via
E di non riprovarci più. E l’unico suono che rimane
Quando l’ambulanza se ne va
È Cenerentola che spazza la strada
In via della Povertà

Mentre l’alba sta uccidendo la luna
E le stelle si son quasi nascoste
La signora che legge la fortuna
Se n’è andata in compagnia dell’oste

Ad eccezione di Abele e di Caino
Tutti quanti sono andati a far l’amore
Aspettando che venga la pioggia
Ad annacquare la gioia ed il dolore

E il Buon Samaritano
Sta affilando la sua pietà
Se ne andrà al Carnevale stasera
In via della Povertà

I tre Re Magi sono disperati
Gesù Bambino è diventato vecchio
E Mister Hyde piange sconcertato
Vedendo Jeckyll che ride nello specchio

Ofelia è dietro la finestra
Mai nessuno le ha detto che è bella
A soli ventidue anni
È già una vecchia zitella

La sua morte sarà molto romantica
Trasformandosi in oro se ne andrà
Per adesso cammina avanti e indietro
In via della Povertà

Einstein travestito da ubriacone
Ha nascosto I suoi appunti in un baule
È passato di qui un’ora fa
Diretto verso l’ultima Thule

Sembrava così timido e impaurito
Quando ha chiesto di fermarsi un po’ qui
Ma poi ha cominciato a fumare
E a recitare l’A B C

Ed a vederlo tu non lo diresti mai
Ma era famoso qualche tempo fa
Per suonare il violino elettrico
In via della Povertà

Ci si prepara per la grande festa
C’è qualcuno che comincia ad aver sete
Il fantasma dell’opera
Si è vestito in abiti da prete
Sta ingozzando a viva forza Casanova
Per punirlo della sua sensualità
Lo ucciderà parlandogli d’amore
Dopo averlo avvelenato di pietà

E mentre il fantasma grida
Tre ragazze si son spogliate già
Casanova sta per essere violentato
In via della Povertà

E bravo Nettuno mattacchione
Il Titanic sta affondando nell’aurora
Nelle scialuppe I posti letto sono tutti occupati
E il capitano grida “ce ne stanno ancora”E Ezra Pound e Thomas Eliot
Fanno a pugni nella torre di comando
I suonatori di calipso ridono di loro
Mentre il cielo si sta allontanando

E affacciati alle loro finestre nel mare
Tutti pescano mimose e lillà
E nessuno deve più preoccuparsi
Di via della Povertà

A mezzanotte in punto I poliziotti
Fanno il loro solito lavoro
Metton le manette intorno ai polsi
A quelli che ne sanno più di loro

I prigionieri vengon trascinati
Su un calvario improvvisato lì vicino
E il caporale Adolfo li ha avvisati
Che passeranno tutti dal camino
E il vento ride forte
E nessuno riuscirà a ingannare il suo destino
In via della Povertà

La tua lettera l’ho avuta proprio ieri
Mi racconti tutto quel che fai
Ma non essere ridicola
Non chiedermi “come stai” Questa gente di cui mi vai parlando
È gente come tutti noi
Non mi sembra che siano mostri
Non mi sembra che siano eroi
E non mandarmi ancora tue notizie

Nessuno ti risponderà
Se insisti a spedirmi le tue lettere
Da via della Povertà”

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