Per la rubrica “Esseri Unici” oggi raccontiamo la storia di Giovanni Borromeo. Nacque a Roma il 15 dicembre 1898. A lui e ad altri due medici si deve “l’invenzione” della sindrome K. La strategia al tempo dell’oppressione nazista a Roma gli permise di salvare dalla deportazione decine di ebrei del ghetto, ed ebrei stranieri presenti in città. Iscrittosi alla facoltà di medicina a Roma a diciotto anni dovette abbandonare e partire per la Grande Guerra dalla quale tornò con una medaglia di bronzo al valor militare. Quindi, a ventidue anni, si laureò.
Nel 1943 divenne primario dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma, sull’isola Tiberina, divenuto al tempo un semplice cronicario. Con l’aiuto di due giovani medici, Vittorio Sacerdoti e Adriano Ossicini, e con il “segreto” sostegno di altri medici partigiani, il gruppo guidato da Giovanni Borromeo mise a punto una strategia che poi si rivelò vincente. La lettera K fu appositamente scelta per evocare la malattia di Koch, ossia la tubercolosi, della quale i tedeschi erano terrorizzati.
Giovanni Borromeo e la “Sindrome K” incubo tedesco
In effetti lettera K, per gli “inventori” di questa sindrome totalmente inesistente, aveva un significato preciso. K stava per: “morbo di Kesserling“, il generale nazista incaricato di mantenere il controllo dell’Italia occupata e difenderla dalle truppe Alleate che avanzavano da sud. Ma non solo, K era anche l’iniziale di Herbert Kappler, il tenente colonnello delle SS a capo della Gestapo a Roma che guidò la retata.
Con questo stratagemma i medici dell’ospedale Fatebenefratelli cominciarono a stilare decine di cartelle cliniche con la dicitura ” Affetto da sindrome K. Paziente contagiosissimo“. A seguito di alcuni controlli da parte dei tedeschi, Giovanni Borromeo, che parlava tedesco, spiegò ai soldati la pericolosità del morbo e quanto fosse contagioso. L’intuizione dei medici si rivelò efficacissima. I tedeschi spaventati dalla possibilità di contrarre quello che secondo loro era tubercolosi desistettero dall’ispezionare il padiglione.
Il “Giusto tra le nazioni”
Nel 2004 lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, ha riconosciuto come “Giusto” Giovanni Borromeo. Riconoscimento conferito per l’aiuto prestato a cinque membri della famiglia Almajà-Ajò-Tedesco. La dicitura “Giusti tra le nazioni” era usata per indicare persone non ebree, che si erano distinte in modo eroico, mettendo a rischio la propria vita per salvare anche un solo ebreo dalla persecuzione nazista.
E’ stato Adriano Ossicini a raccontare la storia di come la sindrome K, malattia inventata e non esistente, riuscì a fare leva sulle ipocondrie dei soldati della Gestapo. La stessa è stata confermata nel 2004 dal medico ebreo Vittorio Sacerdoti in un’intervista alla BBC, in occasione del 60esimo anniversario della Liberazione di Roma dall’esercito tedesco (4-5 giugno 1944).
di Loretta Meloni
Immagine di copertina (Giovanni Borromeo) photo credit: wikipedia.org