Carnevale vuol dire atmosfera giocosa, maschere, gioco, esaltazione della fantasia. Tantissimi artisti, nel corso del tempo, hanno dedicato una loro opera a questa festività. Oggi è martedì grasso, l’ultimo giorno della festività più “folle” dell’anno e noi non potevamo non dedicare il nostro consueto appuntamento con la Rubrica Arte al mondo del carnevale.
Carnevale, origini antiche e festa cristiana
Il Carnevale ha origini antiche. Festività cattolica, di tradizione cristiana, il carnevale deriva dalle antiche feste del periodo greco-romano. Indette per festeggiare il risveglio della terra dopo il riposo dell’inverno, in questa giornata di festa gli schiavi erano “liberi” e potevano festeggiare come credevano, indossando maschere e vestendo per una volta i panni dei signori. Nel Medioevo, si tramutò nella Festa dei Folli e dalla Francia, la tradizione prese presto piede in tutta Europa. Un momento di passaggio quindi, che trova concretizzazione nell’origine stessa del nome. Carnevale deriva dal latino “carnem levare” cioè “eliminare la carne“, proprio perché il giorno del martedì grasso si faceva un grande banchetto per segnare la fine del periodo e l’inizio della quaresima, periodo di penitenza e digiuno.
Questa coloratissima festività prese piede nel mondo dell’arte dal Rinascimento in poi. Proprio in questo periodo iniziano ad esserci le sfilate dei carri, fatte per esibire la grandezza dei signori ma che poi sono rimaste nella nostra tradizione fino all’età moderna. Ogni paese ha le sue tradizioni ed ha interpretato il Carnevale a modo proprio, associandolo alla propria cultura popolare. In Italia, già dal XVII secolo, le maschere di carnevale vengono riprese dalla commedia dell’arte. E così il carnevale come lo intendiamo oggi, inizia a diffondersi in tutta Europa.
Carnevale e arte: Bruegel il primo a dipingere il carnevale
Inizia così ad essere un soggetto artistico più comune di quanto si possa pensare. Dal ‘700 iniziano a vedersi le prime tele raffiguranti questo coloratissimo mondo, ma è dal ‘900 in poi, che le maschere diventano parte vera del repertorio iconografico degli artisti europei. Abbiamo scelto per voi alcune delle opere più significative che al meglio esprimono il senso di questa festa, simbolo di rinnovamento, di cambio e di continua oscillazione tra illusione e realtà.
La prima opera che abbiamo scelto per voi, risale addirittura alla metà del ‘500. “Lotta tra Carnevale e Quaresima” di Pieter Bruegel esprime al massimo il dualismo di questo periodo. Il pittore fiammingo è tra i primi a dipingere un tema carnevalesco. La tela, datata 1559, ritrae in un’affollata piazza una moltitudine di persone che mangia, si azzuffa, fa baldoria e gioca con i dadi o fa il girotondo. Si tratta di una battaglia simbolica. A sinistra del quadro i personaggi del Carnevale e sul lato destro quelli della Quaresima. Il Carnevale, simbolo di bagordi ed esagerazioni, è impersonato da un uomo grasso che mangia golosamente a cavallo di un barile, spinto da uomini mascherati mentre la sua rivale, la Quaresima, è raffigurata come una donna smunta e pallida seduta su una sedia, trainata da due donne e da alcuni fedeli in preghiera.
La festa simbolo di rinnovamento
Di tutt’altro genere è “Il carnevale al boulevard des capucines” di Monet. In questo dipinto, del 1873, l’artista impressionista ha ritratto, come in una fotografia istantanea, un momento del carnevale in un famoso viale parigino. A sinistra la quinta dai toni gialli dei palazzi e le chiome degli alberi spogli, a destra il viale affollato da una moltitudine di persone che passeggiano. Sul bordo destro della tela sono raffigurati due uomini con il cilindro che osservano lo spettacolo della folla affacciati a un balcone, come se anche noi fossimo affacciati da un balcone.
Di poco più tardo è “L’entrata di Cristo a Bruxelles” di Ensor. Il pittore era conosciuto proprio per l’uso ossessivo delle maschere e degli scheletri nella sua arte. Quest’opera, realizzata nel 1889, è la più rappresentativa. Le maschere ritratte, demoniache, spettrali e folli, sono simbolicamente il lato più brutto e deformato dell’umanità. Ensor era ossessionato dai costumi carnevaleschi e li dipingeva con pennellate furiose fino a ridurli a teschi grotteschi. Nella tela vuole mettere in luce il peggio degli uomini contrapponendoli alla figura di Cristo, l’unico senza maschera, che viene completamente ignorato dalla gente, rappresentata in modo anonimo e grottesco sotto maschere di Carnevale.
Arlecchino: la maschera più raffigurata
La maschera più rappresentata e forse quella più conosciuta al mondo è senza dubbio Arlecchino. La famosa maschera bergamasca della commedia dell’arte è identificata dal suo inconfondibile costume a losanghe colorate. Il suo ruolo è di solito quello di un servitore spensierato. Tantissimi gli artisti che si sono cimentati nel dipingerla. Uno di questi è Degas. Fra i primi a sceglierlo come protagonista delle proprie opere d’arte, s’interessa al tema in seguito alla messa in scena di un balletto incentrato sulle avventure di Arlecchino, appunto. “Arlecchino e Colombina”, realizzato nel 1886, vede protagonista la maschera italiana più famosa insieme alla sua immagine speculare al femminile.
Ed arriviamo così al ‘900, periodo di massima espressione per le maschere italiane. Particolarissimo ed insolito è l’ “Arlecchino pensoso” di Picasso. Dipinto nel 1901, nel pieno del suo periodo blu, rappresenta Arlecchino con un costume tutto blu a scacchi che, seduto ad un tavolo, assume la posa tipica del pensatore. Qui la maschera ha perso tutta la sua goliardia e tutta la tela è investita da malinconia. Altrettanto insolito è l’ “Arlecchino con chitarra” di Juan Gris. Uno dei più rappresentativi artisti cubisti del primo Novecento, con uno stile personale realizzando una ricerca geometrica di angoli e curve, raffigura un Arlecchino molto poco realistico.
L’ultima opera che vi proponiamo, in questa piccola carrellata, è datata al 1925. “Carnevale di Arlecchino” di Joan Mirò. Ispirandosi alla festa, l’artista surrealista, realizza una delle sue opere più note. Attraverso la tecnica surrealista dell’automatismo psichico, spinge l’immaginazione a perdersi in visioni fantastiche utilizzando sogni e incubi.
Si riconoscono elementi reali come il gatto, il tavolo e la scala, che si uniscono a elementi simbolici, frutto di visioni, come il triangolo nero che emerge dalla finestra per simboleggiare la Tour Eiffel, omaggio alla città in cui risiedeva. O il cerchio verde trafitto da una freccia che ricorda un mappamondo. Tutti gli oggetti sono fluttuanti per sottolineare il loro status di fantasia, di inconscio. La scala a pioli, sempre presente nelle opere di Mirò, indica la fuga dal mondo e rappresenta un passaggio dalla realtà alla fantasia. Proprio come fa il carnevale.
Ilaria Festa
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