Il caso politico della Polonia, verso la “Polexit”: ecco perché

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Di Redazione Metropolitan

Diventa un caso politico anche in Italia lo scontro tra la Polonia e la Commissione Ue sul rispetto dello stato di diritto che potrebbe segnare un passo verso la ‘Polexit’ dopo che la Corte costituzionale di Varsavia ha decretato che alcuni articoli dei Trattati dell’Ue sono ‘incompatibili’ con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni comunitarie ‘agiscono oltre l’ambito delle loro competenze’.

Un attacco gravissimo per la Francia, contro il quale hanno reagito la presidente della Commissione von der Leyen e il presidente del Parlamento Sassoli.

Con la Polonia, invece, Fdi e la Lega. “Fratelli d’Italia la pensa come le Corti costituzionali tedesca, polacca e altre – afferma la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni -: la Costituzione voluta, votata e difesa dal popolo italiano viene prima delle norme decise a Bruxelles.

“Perché si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra”. “A quelli che si scandalizzano perché la Polonia ha affermato in modo SACROSANTO che il suo diritto prevale su quello UE, ricordo che era un punto programmatico sia della coalizione di centrodestra (capito amici di FI?) Che del contratto di governo con il M5S”, afferma Borghi (Lega) su twitter. “L’integrazione europea – dicono poi in una nota Antonio Maria Rinaldi, europarlamentare Lega, componente commissione Affari Costituzionali, e Marco Zanni, presidente gruppo ID – si raggiunge attraverso la cooperazione tra Paesi, non con forzature o ricatti, che non aiutano e servono solo ad alimentare lo scontro. È bene ricordare che sono le Costituzioni nazionali a legittimare l’esistenza dell’Unione Europea e del suo diritto e non può essere il contrario”.

“La notizia è che la Polonia oggi attacca alle fondamenta la struttura giuridica della costruzione dell’Ue. Il sovranismo antieuropeo non è slogan e folklore come qualcuno pensa. È un ritorno indietro. Sbagliato e pericoloso. Che va combattuto”, replica il segretario del Pd Letta.  “Adesso vedremo questa sentenza della Corte costituzionale polacca, che va letta prima, e lo dico da giurista. Ma se fossero confermate le anticipazioni, ovvero che ha affermato il primato della legge nazionale sul diritto dell’Unione europea sarebbe un precedente molto grave che rischierebbe addirittura di minare la struttura giuridica dell’intera Ue che si fonda, lo spieghiamo ai cittadini, su una cessione di sovranità e sul riconoscimento del primato del diritto dell’Ue sulle leggi nazionali”. Lo ha detto il presidente del M5s Giuseppe Conte a margine di un incontro per le amministrative a San Cataldo, nel Nisseno.

Giovedì sera, la Corte costituzionale polacca ha dichiarato che che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione Europea deve essere conforme alla legge polacca, pena l’inapplicabilità in quel paese. La sentenza-bomba è arrivata dopo un’interrogazione del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, e ha implicazioni dirompenti: di fatto, la Polonia afferma che la sua adesione all’Ue e la firma dei trattati non equivalgono a spostare la propria sovranità verso un’entità esterna. In altre parole, la Polonia non riconosce più la supremazia delle leggi europee sulle proprie, ossia uno dei princìpi fondanti dell’Ue.

Il contenzioso si è formato nei mesi scorsi, dopo che la Corte di giustizia europea, in una sentenza, aveva definito incompatibile con il diritto dell’Ue una riforma del sistema giudiziario polacco fortemente voluta dal governo di estrema destra. In realtà, anche numerosi esperti di diritto internazionale sostengono che il partito di maggioranza, Diritto e Giustizia (PiS) stia cercando di controllare la magistratura in tutti i modi, in una deriva sempre più borderline dittatoriale. E la stessa Corte Costituzionale polacca non sembra fornire adeguate garanzie di imparzialità e indipendenza, rimpinzata com’è di giudici nominati direttamente dal governo, ed esposta all’influenza diretta dell’esecutivo.

Di fronte a questa situazione, senza precedenti nella storia dell’Ue, che esalta e non poco i nazionalisti, la Corte di giustizia può fare ben poco. Di sicuro non modificherà la sua giurisprudenza, per ovvie ragioni: l’indipendenza degli organi giudiziari è un pezzo centrale dell’anima europea, non è negoziabile, e non c’è nessuna possibilità che gli Stati membri cambino i trattati in tempi brevi. Non lo faranno soprattutto per venire incontro alle esigenze di un Paese che – ricordiamolo – è relativamente ininfluente nell’economia dell’Ue, e da tempo sulla strada dell’autoritarismo, interessato per lo più a prendere soldi degli altri mentre chiede un freno alla «propaganda gender» e un nuovo muro contro gli immigrati dal Medio Oriente.