Oggi, primo dicembre è la giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, una malattia infettiva causata dal virus HIV.
La ricerca ha fatto dei passi da gigante. Dai primi casi documentati in letteratura per la prima volta nel 1981 ad oggi, tutto è cambiato, evolvendosi. Con le attuali strategie terapeutiche, si può tenere sotto controllo la malattia, allungando le aspettative di vita. Quello che ancora manca, però, è una corretta informazione e una consapevolezza diffusa.
Cosa cambia tra HIV e AIDS?
L’HIV, virus dell’immunodeficienza umana, è un virus che attacca e distrugge, in particolare, un tipo di globuli bianchi, i linfociti CD4, responsabili della risposta immunitaria dell’organismo. Il sistema immunitario viene in tal modo indebolito fino ad annullare la risposta contro altri virus, batteri, funghi e tumori. Tra HIV e AIDS, ci sono delle differenze. A spiegarle è stata la psicologa psicoterapeuta dell’associazione ANLAIDS, dott.ssa Silvia Negri.
“La differenza tra HIV e AIDS è rappresentata dal fatto che l’HIV è il virus. Un virus che si può contrarre perlopiù attraverso rapporti sessuali non protetti. Una volta contratto e quindi una volta entrato nel nostro organismo, se la persona non è consapevole e non ha accesso alle opportune terapie, questo virus in modo silenzioso inizia anno dopo anno a nutrirsi, a mangiare il nostro sistema immunitario. Questo determina un abbassamento del nostro sistema immunitario e un indebolimento dello stesso, che risulta più vulnerabile e più sensibile a contrarre malattie determinate da altri virus o da altri a batteri. Questa fase è chiamata AIDS, che è il peggioramento clinico determinato dal virus dell’HIV all’interno del nostro organismo”.
Le nuove diagnosi: i dati in Italia
Sono state 1.770 le nuove diagnosi di infezione da Hiv nel 2021, pari a 3 nuovi casi per 100mila abitanti. Questi i numeri dagli ultimi dati pubblicati nel Notiziario redatto dal Centro Operativo AIDS, dell’Istituto Superiore di Sanità.
Sulla base di questi dati, il nostro Paese è al di sotto della media osservata tra gli Stati dell’Unione Europea, dove l’incidenza è di 4,3 nuovi casi per 100mila abitanti.
AIDS e Covid: i ritardi nelle diagnosi
Sono ancora troppi i casi in cui l’infezione viene scoperta quando è in fase avanzata. Un terzo delle persone infette, scopre di essere HIV positivo, perché subentrano sintomi o patologie correlate. In altri casi il test viene effettuato dopo aver avuto rapporti sessuali senza preservativo e in misura inferiore dopo accertamenti per altre tipologie o per campagne informative. Si può andare incontro al recupero da un punto di vista immunologico, con i farmaci e la terapia. Queste persone però, hanno dai sette ai dieci anni per diffondere il virus ai propri contatti sessuali e quindi nella società.
A causa del Covid, le analisi non si sono potute effettuare tempestivamente. Come ha precisato la dott.ssa Negri, i dati dicono che:
“Dopo la pandemia, una buona percentuale di popolazione arriva a eseguire il test dell’HIV quando ha i sintomi. Dunque, viene diagnosticato non più l’HIV ma l’AIDS. Il Covid ha ostacolato l’accesso ai test, motivo per cui oggi è importante incrementare e sviluppare al massimo la possibilità di eseguirli”.
AIDS: l’importanza della prevenzione
Ruolo fondamentale è quello della prevenzione, soprattutto tra la nuova generazione, che non conosce il virus e non ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola. Inoltre è importante garantire l’accessibilità ai test, anche tramite luoghi che non siano solo ospedali e ambulatori. La dott.ssa Negri, in merito ha spiegato:
“Fare prevenzione è da sempre molto importante, oggi è fondamentale. Oltre all’utilizzo del preservativo esiste un altro metodo per evitare la trasmissione dell’HIV, la PrEP. La PrEP è un farmaco che, se somministrato preventivamente, sotto controllo di un medico infettivologo e con dei controlli precisi, evita la trasmissione del virus dell’HIV. Esistono studi scientifici che testimoniano ed evidenziano l’efficacia della PrEP come metodo e come strumento di prevenzione”.
La PrEP o profilassi pre-esposizione, riduce sensibilmente il rischio di diventare persone che vivono con HIV. Consiste nel prendere farmaci antiretrovirali da parte di persone HIV-negative, che hanno un rischio di contrarre il virus o che hanno un partner con HIV.
Mariapaola Trombetta
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