Il teatro di Eduardo Scarpetta, tra “miseria e nobiltà”

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Di Redazione Metropolitan

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, Eduardo Scarpetta è l’attore e autore più importante del teatro napoletano. Capostipite della dinastia Scarpetta-De Filippo, crea il teatro dialettale moderno e gli adattamenti in lingua napoletana delle commedie francesi.

Scarpetta entra all’età di quindici anni nella compagnia teatrale di Antonio Petito e due anni dopo, nel 1870, comincia ad avere successo attraverso l’interpretazione di Felice Sciosciammocca. Il personaggio è stato creato apposta per lui dallo stesso Petito, il quale scrive anche delle farse su Pulcinella accompagnato da Felice. Dopo la morte del regista, Scarpetta lascia il Teatro San Carlino e si trasferisce a Roma.

Il successo del teatro di Eduardo Scarpetta

Nel 1878 l’attore decide di ritornare al San Carlino e con il successo della commedia “Lu curaggio de nu pompiere napulitano” ottiene una tournée nazionale. Grazie ad un prestito, nel 1880 riesce a ristrutturare il Teatro e a debuttare con “Presentazione di una Compagnia Comica”; lo stesso Scarpetta racconta l’ammirazione del pubblico e il fragoroso applauso finale. Pertanto, Eduardo diventa un idolo per le masse e, con i soldi guadagnati, compra un palazzo in via dei Mille, la strada più ricca di Napoli.

Scarpetta ottiene grande successo anche con “’Na Santarella” al Teatro Sannazaro di Napoli e gli incassi della commedia gli permettono di comprare una villa nel quartiere Vomero denominata Villa La Santarella. Nel 1887 Eduardo scrive la sua commedia più celebre, “Miseria e nobiltà”, divisa in tre atti e a cui fanno riferimento tre trasposizioni cinematografiche; in “Miseria e nobiltà” debutta uno dei figli dell’attore, Vincenzo, all’epoca dodicenne.

La denuncia di D’Annunzio e il conseguente ritiro

La fama dell’attore napoletano comincia a decadere quando riscuote popolarità il Cafè-chantant “Teatro Salone Margherita” nel quartiere San Ferdinando. Tuttavia, a dargli il colpo di grazia è la denuncia da parte di Gabriele D’Annunzio nel 1904 per la parodia della tragedia “La figlia di Iorio”. Scarpetta viene trascinato in tribunale per una causa che riesce a vincere, ma con amarezza. Le critiche non tardano ad arrivare e nel 1909 l’attore decide di ritirarsi dalle scene.

Dopo un saggio sull’arte di Raffaele Viviani pubblicato nel 1920, di Scarpetta non si hanno più notizie ed è il figlio Vincenzo a prendere l’eredità di Felice Sciosciammocca. L’attore muore nel 1925 all’età di 72 anni, imbalsamato e deposto in una bara di cristallo al Cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli. Le sue commedie sono state riprese da altri celebri attori napoletani e alcuni episodi della sua vita sono raccontati nei film “Qui rido io” di Mario Martone e “I fratelli De Filippo” di Sergio Rubini.

Flavia Carrogu

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