Iran, il silenzio assordante dell’inno e delle donne

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Di Maria Laura Scifo

Tra i gironi più interessanti dell’attuale Mondiale di calcio c’è sicuramente il gruppo B. Sfortunatamente non solo per vicende sportive, bensì anche per le questioni che dal campo sono ben lontane. Tra le squadre del girone vi è infatti l’Iran, compagine di cui è stata contestata la stessa presenza nella competizione da parte di un gruppo di attivisti. Questo per la condizione delle donne che all’interno del paese le donne sono completamente vessate e private di diritti fondamentali. Così la Nazionale di calcio ha deciso di mostrare il suo sostegno aderendo alle proteste anti-regime anche sul campo. A suo modo lo ha fatto anche la FIFA ma con un messaggio completamente sbagliato. Analizziamo più approfonditamente i fatti di questi giorni e qual è la condizione della donna in Iran in relazione allo sport.

Iran ai mondiali: tra fischi e sostegno alla protesta

Poche settimane prima dell’inizio della rassegna iridata una lettera firmata da numerosi attivisti iraniani, tra cui anche sportivi, aveva chiesto l’esclusione della Nazionale dai mondiali. La missiva non venne presa granché in considerazione da parte della FIFA che ha gettato acqua sul fuoco utilizzando la tecnica del “se non se ne parla, non si pone il problema”. Così la competizione ha preso il via, ma non tutti si sono dimenticati delle proteste. Anzi, in realtà non se ne è dimenticato nessuno.

Se Queiroz, il commissario tecnico della squadra, si è mostrato turbato davanti a domande sulla questione alla vigilia del match d’esordio, ben più diretto era stato Sardar Azmoun. L’attaccante, una delle stelle della Nazionale, si era espresso pesantemente sui social a sostegno della protesta in favore delle donne, anche a costo di essere escluso dai convocati. Dello stesso parere era stato anche il capitano Hajsafi, affermando che: “Noi giocatori stiamo dalla parte di chi ha perso la vita”.

Nel periodo di avvicinamento alla gara d’esordio sono però successi due fatti assolutamente degni di nota sulla questione. Uno ha fatto subito il giro del mondo ed è quello relativo all’inno: i calciatori si sono rifiutati di cantare il proprio inno nazionale, mandando dunque un altro chiaro segnale di solidarietà nei confronti delle donne. Del secondo invece, inspiegabilmente, se ne è parlato davvero poco, ma è stato uno scivolone da parte della FIFA che porta a chiedersi se si sia veramente capito il senso delle proteste in Iran.

Il messaggio sbagliato della FIFA e il caso Khodayari

Per via di tutto il trambusto che ha caratterizzato l’atmosfera di questi mondiali, la FIFA è stata sicuramente sommersa, e non a torto, dalle critiche. Rimostranze che si sono manifestate anche alla vigilia delle gare del gruppo B. Nella clip in cui si inquadrano quattro tifosi, uno per nazione, si può notare come per Inghilterra, Galles e Stati Uniti sia presente un uomo. Per l’Iran invece è stata fatta una scelta particolare, ovvero viene mostrata una donna. Fin qui sembrerebbe tutto tranquillo, ma a scatenare le polemiche è stato il fatto che indossasse l’Hijab.

Tra i motivi più importanti della protesta vi è anche la questione relativa alla obbligatorietà nell’indossare questo capo e non a caso sono arrivati tanti messaggi di disapprovazione. Anche perché in Iran alle donne non è consentito entrare allo stadio. Rinomato fu il caso del 2019, quando Sahar Khodayari provò ad entrare travestita da uomo. Fu arrestata dalla polizia e condotta nel carcere Gharchak Varamin, a sud di Tehran, rinomato per le condizioni terribili di vita. Dopo essere stata rilasciata su cauzione, arrivò il momento del processo in cui venne condannata a sei mesi per oltraggio al pudore. A quel punto il gesto estremo: decise di darsi fuoco e morì qualche giorno dopo in ospedale a seguito delle ustioni.

Infantino aveva chiesto all’Iran di aprire le porte degli stadi alle donne

A seguito di questi fatti la FIFA aveva fatto pressioni per far sì che le porte degli stadi venissero aperte anche alle donne. Una banalità per il mondo occidentale, ma come si è visto non per questo paese. Le parole del presidente del massimo organo calcistico internazionale rimasero, purtroppo ma ovviamente, inascoltate e la situazione di certo non è cambiata. Iconiche furono alcune immagini condivise dall’ANA, agenzia di stampa dell’Iran, riguardo ai mondiali del 2018. In una delle foto è possibile notare una donna in lacrime per aver potuto assistere ad una partita di calcio tra Iran e Spagna.

Proprio questo divieto era stato tra i motivi della redazione di quella famosa petizione con cui si era chiesta l’esclusione dell’Iran dai mondiali. Anche in questo caso però tutto è rimasto lettera morta e si è continuato a far finta di nulla sulle note di un imperante “the show must go on”, con i diritti che sono stati nuovamente calpestati.

L’ultima volta delle donne allo stadio? Il 6 giugno 1981. Poi gli eventi del 2019 e 2022

6 giugno 1981, una data scolpita nella mente di chi ha vissuto in quel periodo. Sono passati 41 anni dall’ultima volta che alle donne è stato concesso di accedere liberamente ad uno stadio per assistere ad una partita di calcio. Si giocava il derby di Tehran tra l’Esteghlal e il Persepolis e dentro lo stadio Azadi si recarono 1500 donne che avevano potuto appunto acquistare il biglietto. Poi nel 1997 si registrò un nuovo ingresso, sempre all’Azadi, questa volta per salutare la Nazionale che si era qualificata ai mondiali di Francia ’98.

In mezzo tante esternazioni da parte delle parti politiche completamente prive di ogni logica ma che ben delineano, sfortunatamente, le scelte politiche adottate dal paese: “L’atmosfera prevalente negli sport non è sempre adatta alle donne e non c’è dubbio che mischiare persone giovani e la loro libertà sia la causa di molti problemi morali e sociali. In aggiunta, il vestiario degli atleti uomini non è adatto ad essere accostato alle donne”. Parole dell’Ayatollah Shirazi riportate da iranwire.com che mostrano quanto possa essere difficile per le donne non solo fare sport, ma anche l’avere una pura e semplice passione per esso.

In realtà, anche in tempi recenti si sono verificati due casi ma presentano una differenza sostanziale con la sfida del 6 giugno 1981. Infatti, sia nel 2019, quando venne consentito l’accesso allo stadio alle donne in occasione della sfida tra Iran e Cambogia, che il 25 Agosto 2022, per la gara Esteghlal-Mes Kerman, furono le forti pressioni della FIFA a costringere il governo a compiere questo passo. Non si trattò di certo di una decisione spontanea e infatti sono rimasti casi isolati.

Cambierà mai la situazione in Iran?

Arriverà mai il momento del cambiamento? Purtroppo i fatti recenti non lasciano ben sperare e negli anni si sono accumulate altre beffe. Come quella del 2001 in cui in occasione di una sfida tra Iran e Irlanda venne concesso alle tifose irlandesi di recarsi allo stadio, ma non alle donne iraniane. Da qui in poi si riportano altre innumerevoli storie di vessazioni da parte della polizia nei confronti delle donne e uno specchio di questo fu il film “Offside” del 2006 diretto da Jafar Panahi. Di tante situazioni nemmeno si può venire a sapere nulla, considerata la censura imperante presente nel paese. Secondo il Washington Post, ad esempio, le scene dei giocatori che si sono rifiutati di cantare l’inno non sono state trasmesse in Iran.

Eppure, proprio questo mondiale così controverso potrebbe essere ancora un’occasione per la FIFA di lanciare un messaggio chiaro e forte a sostegno delle donne. Magari correggendo il tiro di un video che non ha fatto altro che alimentare i danni.

Maria Laura Scifo

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