Negli ultimi giorni tra Israele e Palestina sono esplose nuove tensioni che si sono tradotte nell’incipit di quella che sembra essere un’altra guerra. Un nuovo capitolo di una storia che va avanti da quasi 100 anni. Per capire le origini di queste tensioni bisogna infatti andare indietro di di quasi un secolo.
Sionismo e le prime migrazioni: Aliyah
Verso la fine del XIX secolo a seguito del crescente clima di razzismo verso gli ebrei in Europa, alcuni teorici, tra cui Theodor Herzl, misero le basi per il movimento sionista. Il fine del sionismo è l’autodeterminazione del popolo ebraico, senza terra dalla diaspora del 70 d.c., quando i Romani distrussero il Tempio di Gerusalemme in seguito ad una rivolta. Da allora gli ebrei si sono dispersi in tutto il mondo. Il fine del sionismo è quindi quello di cercare una nuova casa al popolo ebraico. Che, nella proposta di Theodor Herzl, è una “vecchia” casa: la Palestina, la terra promessa da Dio nella Bibbia dopo la fuga dalla schiavitù in Egitto.
Dalla fine del XIX secolo inizia quindi una serie di Aliyah: il ritorno a casa del popolo ebraico. Dal 1881 al 1903 ne arrivarono 35mila, poi dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale altri 40mila. All’epoca la Palestina era sotto il controllo dell’Impero Ottomano, che durante la guerra bloccò le migrazioni all’interno del paese. Vicini alla fine del primo conflitto mondiale e con la sconfitta dell’Impero Ottomano, il 2 novembre 1917 il governo britannico pone le basi per la spartizione dell’Impero con la Dichiarazione di Balfour: una lettera del ministro degli esteri inglese a Lord Lionel Rothschild, rappresentante del movimento sionista, in cui l’Inghilterra si dichiara favorevole alla creazione di una “dimora nazionale per il popolo ebraico” in Palestina. La comunità non ebrea in Palestina all’epoca era il 90% della popolazione.
Dopo la Guerre Mondiali: il mandato Britannico della Palestina
Con la sconfitta dell’Impero Ottomano la Gran Bretagna ottenne quindi il mandato britannico della Palestina. Ci sono altre 3 Aliyah in cui continuano ad arrivare ebrei nella zona (nella quinta dovuta all’ascesa del nazismo ne arrivano 250mila), sconvolgendo l’equilibrio demografico della zona e iniziando a sviluppare ostilità con gli arabi che abitavano in quelle terre. Gli ebrei che arrivavano dall’Europa spesso sono più forti economicamente delle popolazioni autoctone e comprano i territori degli autoctoni prendendo sempre più spazio. Tra il 1936 e il 1939 ci fu la Grande Rivolta araba repressa nel sangue dagli inglesi.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale e il dramma dell’olocausto, il clima internazionale cambiò, rinforzando le ragioni del movimento sionista. Dal 1947 ci furono forte tensioni: attentati terroristici da parte israeliana ma anche scontri tra milizie palestinesi e corpi militari israeliani (Yishuv). Nella destabilizzazione del territorio la Gran Bretagna lascia quindi la decisione sul territorio al neo nato ONU che approva la risoluzione 181: il territorio conteso sarebbe stato diviso in due stati, il 56% allo stato ebraico (aree che comprendevano l’80% del territorio cerealicolo) e il 44% agli arabi. Gli ebrei nella zona erano 600mila mentre i palestinesi 1milione e 250mila. La Palestina rifiuta il trattato e il 14 Maggio 1948 David Ben Gurion, capo dell’Organizzazione Sionista Mondiale, proclama l’indipendenza dello Stato d’Israele e la fine del mandato britannico sul territorio.
Prima guerra arabo-israeliana: iniziano i conflitti tra Palestina e Israele
Questo porterà alla prima guerra arabo-israeliana del 1948 che si conclude con la vittoria di Israele che ottiene ancora più stati di quelli previsti dalla risoluzione ONU. In più le zone destinate alla palestina furono occupate dagli stati arabi vicini, la striscia di Gaza dall’Egitto e la Cisgiordania dalla Giordania: i palestinesi si ritrovano nel giro di pochi anni senza uno stato e in 700mila persero la casa.
Negli anni successivi i paesi arabi si schierano contro Israele, che diventa sempre più forte e popoloso. Nel 1964 con il sostegno della lega araba nasce quindi l’OLP: Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Nel 1967 inizia la Guerra dei 6 giorni che si conclude con una nuova espansione dello stato di Israele occupando la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, le alture del Golan, la Penisola del Sinai e Gerusalemme Est. Negli anni successivi continuano le tensioni, tanto che nel 1973, durante la festa ebraica dello Yom Kippur, Egitto e Siria invasero il Sinai e le alture del Golan.
A fine anni ’70 i paesi della lega araba alleati dell’OLP e principali produttori di petrolio nel mondo decidono di bloccare le esportazioni in modo da indebolire Israele e gli stati alleati. La risposta della lega araba creerà una crisi economica in tutto il mondo nella la fine degli anni ’70 che si fermarono solo con gli Accordi di Camp David nel 1978 voluti dal presidente americano Jimmy Carter e firmati dal primo ministro egiziano e da quello israeliano.
Lotta civile: la prima e la seconda Intifada
La Palestina divenne anche protagonista della Guerra Fredda: gli americani alleati con Israele e l’URSS alleata con i paesi arabi. le divisioni continuano. La risposta araba si sviluppa nella Intifada: una sollevazione palestinese contro lo stato di Israele attraverso la disobbedienza civile, scioperi, boicottaggio di prodotti israeliani e lanci di pietre contro i militari israeliani che portò a spargimenti di sangue da entrambe le parti. La rivolta durò dal 1987 fino al 1993 quando vengono firmati gli accordi di Oslo che hanno creato e riconosciuto una autorità palestinese con il compito di autogovernare in modo limitato alcune parti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza e hanno riconosciuto l’OLP come partner di Israele nei negoziati sulle questioni in sospeso, pur non portando comunque alla formazione di uno stato palestinese.
Dopo il 2000 ci fu la seconda Intifada scatenata da una visita al Monte del Tempio di Gerusalemme del primo ministro isaerliano Ariel Sharon, fatto visto come una provocazione dai palestinesi. Il luogo è infatti ritenuto sacro sia dai musulmani che dagli ebrei e con il suo gesto Sharon voleva rivendicare la superiorità israeliana sul luogo. Questo portò a una successione di atti violenti da entrambe le parti, assumendo i caratteri di una guerra di attrito. Morirono circa 4mila palestinesi e mille israeliani. Dal 2005 per ridurre le tensioni Sharon propone il piano di disimpegno unilaterale israeliano per rimuovere gli abitanti israeliani dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti in Cisgiordania settentrionale. Dopo il ritiro il territorio di Gaza viene occupato da Hamas, partito politico paramilitare per la riconquista di Israele che durante la seconda Intifada ha organizzato diversi attentati suicidi, scatenando nuove tensioni. Il partito principale dell’OLP rimane al-Fatah, con una impostazione laica e progressista.
Il conflitto tra Israele e Palestina oggi
Nel frattempo i paesi arabi come Arabia Saudita e Iran si sono uniti contro Israele, finanziando gruppi radicali come Hamas e Hezbollah. Altri attori si sono affacciati sulla questione, tra cui la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan, il cui ruolo viene dibattuto. Le tensioni tra Israele e palestinesi continuano fino ad oggi.