Italo Svevo, 160 anni dalla nascita dell’autore de “La coscienza di Zeno”

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Di Redazione Metropolitan

Pseudonimo di Ettore Schmitz, Italo Svevo nacque a Trieste il 19 dicembre 1861. Proveniente da una famiglia ebrea, venne subito indirizzato dal padre verso una carriera commerciale. Dimostrò presto un grande interesse per la letteratura e per la filosofia.
Iniziò a scrivere diverse novelle e compose i suoi primi due romanzi Una vita (1892) e Senilità (1898).
Nel 1896 sposò Livia Veneziani, figlia di un industriale cattolico. Il matrimonio costrinse Svevo a confrontarsi con un mondo patriarcale che gli richiedeva una più concreta solidità economica. Fu così costretto ad accantonare i suoi interessi letterari per diventare un vero e proprio uomo d’affari. Questo nuovo stile di vita gli permise di compiere lunghi viaggi ed ampliare la sua cultura.
Lo scoppio della guerra nel 1914 ridusse notevolmente il lavoro della fabbrica Veneziani, e fu proprio questa inattività forzata a riavvicinarlo alla letteratura. Nel 1923 pubblicò infatti il suo celeberrimo romanzo La coscienza di Zeno.

Come Trieste influenzò Italo Svevo

La natura della città in cui crebbe condizionò molto il punto di vista dell’autore sulla letteratura. Egli da sempre ebbe l’idea che la scrittura andasse sfruttata come strumento di coscienza e di conoscenza della realtà. L’educazione che ricevette gli permise di allontanarsi da ogni sorta di classicismo e formalismo. Il suo modo di esprimersi era essenziale e lineare, in grado di arrivare al punto senza giri di parole.

La Trieste del tardo Ottocento era il centro della cultura mitteleuropea, un luogo proiettato verso il futuro e la modernizzazione.
Svevo poggiò su questo sfondo culturale un atteggiamento di riservatezza ironica. Si ispirò alla filosofia di Schopenhauer e al teatro di Wagner mantenendo sempre un certo distacco dalle loro posizioni.

La coscienza di Zeno

Iniziato nel 1919 e terminato nel 1922, il terzo romanzo di Svevo non sembrò manifestare grande interesse in Italia. Fu essenziale l’intervento di James Joyce, autore con cui lo scrittore aveva avuto modo di stringere amicizia anni prima. Questi gli suggerì di inviare il manoscritto a numerosi critici e scrittori francesi, che subito lo apprezzarono.
In poco tempo il nome di Italo Svevo iniziò a diffondersi nel resto dell’Europa, mentre in Italia si continuavano a preferire autori come Eugenio Montale, anch’egli amico di Svevo.

A differenza dei due romanzi precedenti, La coscienza di Zeno non solo è scritto in prima persona, ma si presenta proprio come un’autobiografia aperta.
Il protagonista è Zeno Cosini, un ricco triestino affetto dal vizio del fumo. Per liberarsi di questa cattiva abitudine, l’uomo decide di sottoporsi ad una cura psicoanalitica dal dottor S.. Quest’ultimo lo incarica di ripercorrere il suo passato con l’intento di scovare le radici del problema.
A Svevo venne l’idea per il racconto dopo essere venuto a conoscenza delle teorie della psicanalisi di Sigmund Freud.

Il personaggio di Zeno

Zeno Cosini è una delle figure più complesse della letteratura italiana. Si tratta di un personaggio che oscilla costantemente tra malattia e salute, bisognoso di continui stimoli esterni. Vive posto in una condizione di inferiorità rispetto alla società in cui vive, consapevole di non poter essere un personaggio serio. Eppure da questo stato di inferiorità riesce comunque a trarre dei successi, soprattutto a livello economico. Sarà proprio il clima tragico della Prima Guerra Mondiale a permettergli di arricchirsi.

Zeno ripercorre il proprio passato con l’intento di analizzare attentamente gli eventi più drammatici della sua vita. Ciò nonostante tenta in ogni modo di sfuggire a quei ricordi, trasformandoli in futili e leggeri.
Non vuole essere né un eroe, né una figura da condannare: è soltanto il protagonista di un racconto.

Ludovica Nolfi

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