Jan Vermeer e l’arte di fotografare col pennello

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Nel Seicento Olandese c’è un pittore molto famoso che sembra fotografare col pennello semplici scene di vita quotidiana. Questo uomo si chiama Jan Vermeer e se la fotografia non fosse arrivata circa due secoli dopo, diremmo senza troppo indugio, che le sue donne vengono fuori dall’obiettivo di una macchina fotografica. L’uso sapiente dei colori a olio, il perfetto naturalismo delle immagini, e il peculiare taglio nell’inquadratura fanno di Vermeer uno dei maggiori artisti di tutti i tempi.

Jan Vermeer, Ragazza con turbante. Photo credits: Wikipedia.
Jan Vermeer, Ragazza con turbante. Photo credits: Wikipedia.

Le origini e gli esordi di Jan Vermeer

Poche fonti per ricostruire la vita di questo uomo. Poche e confuse; la data di nascita è stata stabilita il 30 Ottobre 1632, per intuito, essendo il suo battesimo registrato il giorno seguente. Ciò che si sa di Jan Vermeer è che diventa pittore ereditando parte dell’attività paterna. Suo padre infatti, oltre a tessere la seta di professione era anche un mercante d’arte e dopo la sua morte nel 1652, lascia tutto al giovane figlio.

L’intera carriera di Jan Vermeer, come quasi sempre accade con questi grandi maestri, è segnata dalla costante povertà. Dopo l’apprendistato cominciato nel 1647, solo nel periodo di commissioni di Pieter Van Ruijven, mecenate molto ricco, tira un sospiro di sollievo. Per il resto, povertà totale, unita alla necessità di sfamare i suoi quattordici figli, dei quali tre muoiono in giovane età.

Lo stile e il colore

Le immagini ritratte da Jan Vermeer sembrano fotografate per più ragioni. In primis per l’estremo naturalismo che le caratterizza, definendo incarnati perfetti e vesti che quasi sembrano tattili. Altro elemento fotografico è quella che potremmo chiamare “inquadratura”, sempre praticamente uguale: in una stanza, uno o più figure svolgono attività nei pressi di un tavolo. Le protagoniste principali sono le donne. Donne borghesi, spesso intente in azioni semplici e quotidiane, talvolta consapevoli di essere ritratte, talaltra ignare.

Jan Vermeer, Il bicchiere di vino. Photo credits: Globalist.it
Jan Vermeer, Il bicchiere di vino. Photo credits: Globalist.it

La tecnica usata è quella del pointillé: ovvero una serie di piccolissimi e impercettibili punti di colore affiancati, per dare volume alle immagini. Non sono stati rinvenuti disegni preparatori, perché è molto probabile che Jan Vermeer usasse la camera oscura per studiare la composizione dei suoi quadri. Infine, l’uso sapiente della luce non può che essere ricondotto all’eredità caravaggesca. La luce che cade lateralmente sui protagonisti, fa subito pensare ad opere come La vocazione di San Matteo, dipinta tra 1599 e 1600.

Gli ultimi anni e le opere maggiori

Se si escludono giusto un paio di vedute di Delft, la sua città natale, la produzione di Jan Vermeer è totalmente di tipo ritrattistico. L’impostazione come si è detto è sempre la stessa, tranne che per alcune sperimentazioni dal 1665, nelle quali il focus cambia. Il soggetto di avvicina e appare quasi in primo piano in opere come la celeberrima “Ragazza con turbante“, ma anche “Fanciulla con cappello rosso” o “Ragazza con velo“, simile alla prima, ma con molta meno fortuna.

Anche nei periodi di maggiori difficoltà economiche, Jan Vermeer non rinuncia mai all’uso di pigmenti molto preziosi come il lapislazzuli o il blu oltremare. Sua moglie dice della morte del pittore, che fu data proprio dallo stress e dalle pressioni continue del rincorrere una stabilità economica. Uno dei maggiori maestri del Seicento mondiale, muore giovane e povero, il 15 Dicembre 1675. Lascia gran parte dei suoi capolavori invenduti, nella cantina della sua casa e dovrò attendere fino all’Ottocento per essere riscoperto.

Claudia Sferrazza

Seguici su:

https://www.facebook.com/metropolitanmagazineitalia/

https://www.instagram.com/metropolitanmagazineit/?hl=it

https://twitter.com/mmagazineitalia?lang=it